Oracle dal punto di vista dell’Europa: la visione sull'IA di Richard Smith
di Vittorio Manti pubblicata il 17 Ottobre 2025, alle 14:41 nel canale Cloud
Dal cloud all'IA, la riflessione di Richard Smith su come Oracle stia costruendo valore per imprese e società attraverso un approccio ingegneristico che unisce tecnologia e impatto reale
Era il 2019 quando intervistai per la prima volta Richard Smith, Executive Vice President, Technology, EMEA di Oracle. In quel momento Oracle fece una grande scommessa: ripartire da zero sul cloud con la sua “seconda generazione”, ovvero OCI -Oracle Cloud Infrastructure. Venne vista da molti come una scelta di debolezza, quasi di sconfitta e, invece, si è rivelata una scelta vincente, perché ristrutturare dalle fondamenta l’architettura del proprio cloud ha permesso a Oracle di realizzare una piattaforma pensata per l’enterprise, che oggi, fra gli altri, è utilizzata dai principali attori nel settore dell’intelligenza artificiale per il training e l’inferenza dei modelli.
Fast forward a ottobre 2025 ed Edge9 incontra di nuovo Richard Smith a Oracle AI World. Il tema dell’evento è riassunto in AI changes everything, riprendendo lo slogan di fine anni ’90 Internet changes everything. Abbiamo chiesto a Richard Smith qual è il suo punto di vista sui cambiamenti a cui stiamo assistendo e sul ruolo che Oracle sta interpretando nella grande rivoluzione dell’intelligenza artificiale.
Dal cloud all’intelligenza artificiale: il valore dell’ingegneria

“A volte non è un male non essere i primi”, osserva Smith, ricordando la decisione di Oracle di ricostruire da zero la propria infrastruttura cloud. “Quando Larry [Ellison] chiese a Clay [Magouyrk] di creare la Gen2, lo fece con l’idea di imparare da tutto ciò che avevamo visto fino a quel momento. Ne è nata un’architettura profondamente ingegneristica, costruita su sicurezza, segmentazione del control plane e totale isolamento dei dati dei clienti.”
È un approccio che, secondo Smith, ha definito l’identità tecnologica di Oracle negli anni successivi, creando le basi per ciò che oggi l’azienda sta realizzando nel campo dell’intelligenza artificiale. “Il nostro punto di forza è sempre stato l’ingegneria. Non è un caso che oggi possiamo dire che l’IA in Oracle parta dal livello architetturale, attraversi le GPU, il database, il middleware e arrivi fino al layer applicativo e agentico.”
Smith insiste più volte su questo concetto di “profondità tecnologica”, un elemento che distingue Oracle da molti competitor. Lo si percepisce anche nell’evoluzione del rapporto con partner strategici come NVIDIA: “La collaborazione nasce da un allineamento tecnico molto profondo, ad esempio sui bus di comunicazione tra CPU e GPU e sulle soluzioni di memory virtualization”, spiega. “Questa attenzione al dettaglio è ciò che ci permette di offrire prestazioni elevate e consistenti su qualsiasi scala.”
Il discorso torna inevitabilmente ai dati, la materia prima su cui Oracle ha costruito la propria storia e che oggi rappresenta anche il fondamento della sua visione per l’intelligenza artificiale. “Siamo un’azienda di quasi cinquant’anni e i dati sono sempre stati al centro di tutto ciò che facciamo”, afferma Smith. “Ma quello che stiamo facendo ora è cambiare il paradigma: non portare i dati all’IA, ma portare l’IA ai dati.”
Il riferimento è alla nuova AI Data Platform, annunciata durante l’evento, che consente di addestrare e usare modelli direttamente dove risiedono i dati, senza doverli spostare in ambienti esterni. “La logica è semplice: se non devi muovere i dati, non farlo. Costruisci l’architettura in base a ciò che serve davvero, fisicamente e operativamente. È un approccio che nessun altro, al momento, può replicare su questa scala”, sottolinea Smith.
Dagli agenti all’impatto sociale: una nuova scala di valori
È una visione che si estende anche ai livelli più alti dello stack, fino alle applicazioni. Oracle, infatti, può contare su un portafoglio che va dall’infrastruttura alle app di business, un vantaggio che le consente di integrare funzionalità di IA in modo coerente. “Abbiamo rilasciato un toolset di Agentic AI (Oracle AI Agent Studio, ndr) che può essere usato sia con i prodotti Oracle sia in ambienti di terze parti”, spiega Smith. “Quello che vediamo è che l’agente diventa un nuovo livello di astrazione: nel tempo, la necessità di scrivere codice per molte applicazioni diminuirà. I clienti potranno utilizzare queste capacità agentiche per estrarre valore dai dati e ottimizzare i processi in modo autonomo.”

Nella visione di Smith, il valore dell’IA non è più soltanto tecnologico ma anche economico e sociale. La domanda non è più se l’IA sia una “bolla”, ma quale ritorno reale generi. “Oggi tutti dicono di essere un’azienda di intelligenza artificiale. Ma il punto non è dichiararlo: è fornire valore tangibile e misurabile, rapidamente, senza dover spostare i dati da un ecosistema all’altro. Le aziende che sapranno farlo saranno quelle che prospereranno.”
La conversazione si sposta infine su un terreno più ampio, quello dell’impatto sociale. Smith ricorda l’acquisizione di Cerner, società specializzata in soluzioni sanitarie, come uno degli esempi più concreti di come Oracle voglia applicare l’IA in ambiti ad alto impatto: “Larry ha una visione molto chiara: usare l’IA per arrivare a una medicina personalizzata, in grado di identificare il trattamento giusto per ogni singolo paziente, partendo da dati anonimi ma estremamente ricchi.”
È in questo intreccio tra tecnologia, etica e ingegneria che Smith riconosce il tratto distintivo di Oracle. “Molti dei miei colleghi, e lo vedo anche in Italia, provano un forte senso di orgoglio. Non solo per l’azienda in sé, ma perché sentono di contribuire a qualcosa che ha un valore sociale. E questo, per me, è straordinario.”











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