Dal data center al cloud: come procede la transizione verso la nuvola? L'analisi di Oracle e IDC

Dal data center al cloud: come procede la transizione verso la nuvola? L'analisi di Oracle e IDC

La pandemia ha spinto sempre più aziende ad accelerare l'adozione del cloud, inclusa la Pubblica Amministrazione. Rimane da scogliere il nodo della sovranità dei dati, in particolare per banche e PA. La soluzione? Portare il cloud nel data center dei clienti

di pubblicata il , alle 14:01 nel canale Cloud
OracleIDC
 

Il cloud pubblico è adatto a tutti? Ancora no. Una ricerca di IDC, infatti, mostra come a oggi in Europa due terzi dei workload enterprise sono ancora on-premise. I motivi sono vari, e se in certi casi sono legati alle leggi sulla sovranità dei dati, per esempio in ambito bancario e finanziario, in altri la motivazione è tecnica. La connettività non può essere all'altezza, per esempio, soprattutto quando si ha l'esigenza di avere latenze estremamente basse. Non va poi trascurato il problema del debito tecnologico, cioè la dipendenza da architetture legacy che rende difficile integrare velocemente nuove tecnologie. Le tecnologie legacy a tutti gli effetti sono un ostacolo al cambiamento.

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Il Covid però ha dato una grande spinga verso la modernizzazione di queste architetture: l'esigenza di lavorare da remoto e di poter reagire a eventi imprevisto sta infatti spingendo molte aziende a livello globale a spostare almeno parte dei carichi di lavoro sulla nuvola. Il 49% delle imprese, infatti, ha dichiarato che la pandemia ha spinto i vertici ad accelerare le strategie di migrazione verso il cloud

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La Pubblica Amministrazione italiana ha una roadmap che prevede di spostare il 75% dei carichi di lavoro sulla nuvola entro il 2025. Un traguardo che secondo Filippo Fabbri, Cloud System Leader di Oracle Sud-Europa, è un ottimistico. Non perché manchino le competenze all'interno della PA, ma perché vanno sciolti alcuni nodi a livello politico. "I problemi dell'infrastruttura tecnologica pubblica sono dovuti alla frammentazione della politica", sottolinea Fabbri. 

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C'è però un problema non banale da risolvere: prima di tutto, risolvere la questione del debito tecnologico. In secondo luogo, salvaguardare la sovranità dei dati quando questi non possono uscire dal data center a causa dei regolamenti europei. La soluzione di Oracle? Bilanciare tutte queste esigenze portando il cloud a casa del cliente, nel suo data center.

Oracle Exadata: le logiche del cloud all'interno del data center

Nell'ambito di un incontro virtuale con la stampa, Fabbri ha fatto il punto sulla situazione delle regolamentazioni per il cloud in Europa, sottolineando che sono stati fatti notevoli passi avanti negli ultimi anni, anche se rimane ancora qualche nodo da scogliere. Riccardo Iommi, Cloud Systems Solution Engineering Director di Oracle Italia, fa l'esempio di un caso molto particolare che oggi non è facilmente inquadrabile: come andrebbero gestiti i dati di una srl italiana che però è controllata da una multinazionale statunitense? Sotto questo profilo, il GDPR non è molto chiaro. 

Secondo Oracle, la soluzione più efficace è di ammodernare le infrastrutture adottando le logiche del cloud, quindi facendo affidamento su un'architettura facilmente scalabile, ma tenendo il ferro - l'hardware - nei data center dei clienti.

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In questa maniera, Oracle sarà responsabile dell'efficienza dell'infrastruttura, del suo corretto funzionamento e degli aggiornamenti, mentre i clienti avranno la totale responsabilità del dato, che rimarrà chiuso all'interno del perimetro aziendale. In questa maniera, i dati sensibili come quelli finanziari, sanitari o della PA, possono venire trattati a norma e tenuti in sicurezza on-premise. 

Naturalmente non tutti i dati vanno trattati alla stessa maniera, e per questo motivo Oracle offre una gamma di soluzioni che si adattano alle specifiche esigenze sul trattamento delle informazioni. Soluzioni a tutti gli effetti identiche sotto il profilo tecnico e delle prestazioni, ma che si adattano alle diverse esigenze di conformità normativa. 

La prima soluzione è quella di adottare a un Oracle Autonomous Database e ai servizi di Exadata sul cloud pubblico appoggiandosi a OCI, la Oracle Cloud Infrastructure, che può essere interamente gestita da Oracle o co-gestita insieme al cliente, a seconda delle esigenze. Questo approccio può andare bene per la maggior parte delle imprese, ma non a quelle che sono obbligate a tenere on-premise i dati per motivi di conformità. 

Per queste realtà, Oracle offre il Cloud@Customer: i server Exadata e i relativi dati rimangono nel data center del cliente, che anche in questo caso può decidere se lasciar gestire l'infrastruttura a oracle o co-gestirla. In questo caso, come nel precedente, il costo del servizio è a consumo, in piena logica as-a-Service. 

Nel caso di dati ancora più sensibili, come possono essere quelli finanziari o quelli trattati dalla PA, c'è un ulteriore possibilità: acquistare una macchina Oracle Exadata e gestirla interamente all'interno dei propri data center. Questo è l'approccio che offre il maggior controllo sulle informazioni ma chi sceglie questa via dovrà rinunciare ai benefici del modello a consumo. 

Recentemente, Oracle ha aggiornato la sua piattaforma con l'introduzione di Exadata X9M, capace di offrire prestazioni ancora superiori, con un throughput delle operazioni analitiche SQL quasi raddoppiato, come abbiamo approfondito qui.

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