Plug and Play

L'innovazione in Europa è a un bivio. Ne parliamo con Plug and Play

di pubblicato il nel canale Startup L'innovazione in Europa è a un bivio. Ne parliamo con Plug and Play

Si dice spesso che l'Europa rimanga indietro rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, in particolare per quanto riguarda l'ambito tecnologico. Ma è davvero così? Per capire meglio la situazione sia in Italia, sia più in generale nel Vecchio Continente, abbiamo intervistato Tommaso Maschera di Plug and Play Italia in occasione dell'Italy Summit 2025

 

"Startup" è spesso sinonimo di "innovazione", e (troppo) spesso ciò è sinonimo di "Stati Uniti d'America". Ma è davvero così? Per capire meglio quale sia la situazione delle startup nel Vecchio Continente abbiamo parlato con Tommaso Maschera, Direttore di Plug and Play in Italia, in occasione dell'Italy Summit 2025 organizzato dall'azienda stessa.

Vecchio Continente, ma non un continente "vecchio"

Plug and Play è un'azienda nata in California, ma con 60 uffici in tutto il mondo, che si occupa di sostenere le startup tramite investimenti seed e pre-seed e fornire consulenza alle aziende per stimolare l'innovazione interna. L'azienda gestisce anche un centinaio di programmi d'innovazione a livello globale. "Ogni anno acceleriamo più o meno 2.500 startup, abbiamo più di 25 focus verticali e abbiamo un ottimo track record perché negli anni abbiamo investito in più di 30 unicorni", ci dice Maschera.

In Italia Plug and Play è attiva dal 2019 con 25 persone distribuite in quattro uffici (Catania, Milano, Modena e Torino) che lavorano su ambiti strategici per il Paese quali il settore alimentare, l'energia sostenibile, le tecnologie climatiche, i servizi finanziari, l'aerospaziale, l'automotive e le cosiddette tecnologie "dual use", ovvero quelle impiegabili per scopi sia civili, sia militari.

Plug and Play ha dunque un'idea chiara di quale sia la situazione in Italia e in Europa relativamente alle startup e alla capacità d'innovazione sia del nostro Paese, sia più in generale dell'Unione Europea. Con i cambiamenti geopolitici in atto, è diventato chiaro che l'Europa deve imparare a camminare sulle proprie gambe, ma ciò ha portato anche a rendersi conto che non sempre ciò avvenga, in particolare per quanto riguarda la capacità dell'Europa di competere con i colossi mondiali, gli Stati Uniti e la Cina.

"Da quando è uscito il Rapporto Draghi il tema della competitività europea è diventato sempre più centrale. Nell'ecosistema europeo c'è molto che bisogna fare, sia a livello di miglioramento della competitività delle aziende che hanno reso l'Europa un continente ricco, ma anche nella nuova generazione di aziende, di startup insomma, che stanno creando il futuro delle nostre economie e che però fanno parte di un ecosistema che è ancora sottosviluppato rispetto alle sue potenzialità", spiega Maschera. Che aggiunge, però, che il problema non è legato a una mancanza di talento, ma che anzi in Europa "forse c'è un vantaggio competitivo grazie agli istituti accademici e al talento ingegneristico che esiste nel nostro continente."

Secondo Maschera, uno dei problemi è culturale: in Europa c'è maggiore percezione e maggiore avversità verso i rischi rispetto agli Stati Uniti, il che porta poi gli imprenditori a cercare supporto altrove. "Nel lungo periodo, la cosa più rischiosa è non prendersi rischi. È il dilemma dell'innovatore: se non si innova, se quindi in un certo senso non ci si auto-cannibalizza, il mondo intorno cambia e si rischia di fare come la Kodak, che aveva inventato la tecnologia delle foto digitali e, per paura che riducesse le vendita dei rullini, ha deciso d'insabbiare questa scoperta per poi essere travolta dal mercato. Avevano inventato una tecnologia superiore ma non l'avevano saputa commercializzare. Nel breve termine il cambiamento può essere anche doloroso, ma il mondo viaggia indipendentemente da quello che si sceglie di fare a livello individuale, di azienda o di Paese. Quindi o si porta avanti il cambiamento, o lo si subisce."

In Europa non si fa innovazione?

Le aziende innovative sono molto spesso americane, in particolare quando guardiamo a quelle che hanno definito o ri-definito intere categorie. Ciò può portare a pensare che l'Europa sia meno in grado di innovare rispetto agli Stati Uniti e che ciò sia un fatto strutturale e impossibile da cambiare.

Un mito che bisogna sfatare è proprio questo, ovvero che in Europa non si innovi. Ci sono infatti molte startup innovative, il problema è che "per crescere e per diventare pervasive vanno altrove, per una serie di motivi: non è una questione di talento, ma di capitale di rischio, di venture capital, disponibile un po' in tutte le fasi. Si è fatto tanto lavoro anche grazie ad attori come CDP Venture Capital in Italia [una società creata da Cassa Depositi e Prestiti e Invitalia per investire nelle aziende come venture capital, NdR] o BPI in Francia che hanno sostanzialmente creato un'infrastruttura finanziaria per sostenere quest'innovazione nelle prime fasi, ma quello che manca è il mercato di capitale per la crescita e un mercato delle IPO e delle acquisizioni."

Se le aziende faticano a trovare i fondi per crescere e far diffondere i propri prodotti e servizi, automaticamente ciò significa che non potranno prosperare e diventare aziende di grandi dimensioni in grado poi di competere con le concorrenti americane o cinesi.

Ciò ha poi un impatto anche sul tema della produttività e della crescita dell'economia. "In fin dei conti, i Paesi e le economie crescono solo in due modi: o per demografia, o per produttività, e 'produttività' significa tecnologia. Se teniamo al nostro benessere e al futuro delle nostre economie, ma anche ai nostri valori come la democrazia, la libertà di parola, di espressione e di stampa, non possiamo fare altro che investire in tecnologia. Se non lo facciamo, perderemo queste cose."

Pubblico e privato: quale ruolo devono avere?

Ma come dare alle aziende i fondi di cui necessitano per crescere? Dev'essere il pubblico o il privato a sostenere questa crescita? Il dibattito su quale debba essere il ruolo del pubblico e quale quello del privato è sempre acceso e vivo, anche per quanto riguarda il mondo dell'innovazione e delle startup. Come sempre, la verità sta nel mezzo: servono entrambi, in momenti e modi differenti.

Secondo Maschera, il ruolo del pubblico è quello di creare un'infrastruttura, creare regole del gioco che siano favorevoli agli innovatori, anche tramite la fiscalità e l'incentivazione di fondi istituzionali che possano mettere capitale nell'industria. Ma dev'essere poi il privato a intervenire e sostenere la crescita. Dev'esserci, insomma, una collaborazione tra le due parti.

"La Silicon Valley si è sviluppata a partire dai contratti della DARPA ed è quindi legata al mondo della difesa; sono stati questi contratti che hanno gettato le basi dell'industria dei semiconduttori, ad esempio", dice Maschera. "Nel mondo anglosassone, il ruolo del pubblico è principalmente di acquirente; in Europa continentale abbiamo un playbook diverso, come abbiamo visto con la Francia, la Germania e l'Italia che hanno iniettato capitale nel mondo del venture capital. In Italia il ruolo di CDP Venture Capital è stato funzionale a creare un'infrastruttura che facesse da ponte rispetto alla minore propensione culturale a prendersi dei rischi: il pubblico può farlo perché è consapevole che, se non lo fa, ne va del benessere del Paese. Non può però finire con il pubblico, deve intervenire il privato e ciò che mi dà un certo grado di ottimismo è che ciò sta cominciando a succedere."

Ed è fondamentale che ciò avvenga, perché è proprio questa la principale differenza rispetto al mercato americano: sono gli investimenti privati che danno slancio alle aziende innovative. "C'è un effetto volano, per cui in un certo senso le storie di successo attraggono nuove persone di talento e creano nuovi business angel: se c'è l'exit di un unicorno si creano decine di milionari che tendenzialmente sono già culturalmente affini al playbook del costruire una startup e quindi sono i primi volenterosi nel supportare una nuova generazione d'imprenditori, e si creano anche imprenditori che si sono formati tra le fila delle startup della generazione precedente. Questo volano si sta cominciando a vedere anche in Europa e anche in Italia."

E proprio questo volano potrà aiutare a superare l'attuale situazione di inferiore competitività, grazie appunto ai re-investimenti in innovazione che potranno nascere così da sostenere le aziende nascenti.

Italy Summit 2025: l'innovazione in mostra

A metà maggio si è tenuto a Milano il Plug and Play Italy Summit 2025, nel quale sono intervenuti attori di rilievo nel mondo del venture capital e al quale hanno partecipato 17 startup: si tratta di Arsenale Bioyards (bio-manifacturing), Claro AI (AI, SLM), Delta Space (aerospazio), Displaid (infrastrutture), Flow-nano (energia), GemaTEG (AI, infrastrutture), Green Independence (energia), Komete (logistica), NablaFlow (software di simulazione CFD), Prometheux (AI), RarEarth (riciclo di terre rare), Rara Factory (scienze dei materiali), Rewind (energia), Spaider (AI), Suncubes (infrastrutture) e Cyberwave (AI, robotica).

Tra i relatori troviamo: Claudio Erba, fondatore e CEO di Docebo; Michael Jackson, uno dei principali venture capitalist in Europa; Massimo Artini, rappresentante italiano nella Board of Directors di NATO DIANA; Dario Andreoli, Head of Cloud Platforms di Google Italia; Davide Bergami, Consigliere del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; Alessandro Scortecci, Chief Investiment Officer di CDP Venture Capital.

Durante l'evento è emerso come il mondo del venture capital europeo sia in crescita e come ci siano segnali positivi: nel 2024 i finanziamenti alla cosiddetta "deep tech", ovvero la tecnologia che funge da base su cui vengono costruiti poi interi settori, sono arrivati a 14 miliardi di euro. Di questi, 2,8 miliardi sono andati all'IA (con una crescita del +113%), 1 miliardo alle nuove fonti energetiche (+75%), e 930 milioni alle tecnologie spaziali (+20%).

C'è, dunque, movimento in Europa: il volano di cui parlava Maschera sembra in fase d'avvio. Con tutti i benefici del caso per le nostre economie e, quindi, per le nostre società e per le nostre vite personali.

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