Il mainframe è morto? Assolutamente no, e con Kyndryl va sul cloud
di Alberto Falchi pubblicata il 02 Febbraio 2023, alle 11:41 nel canale CloudUna chiacchierata con Raffaele Bella di Kyndryl, che ci racconta l'attuale ruolo del mainframe e di come queste architettura si stiano modernizzando, soprattutto in ottica cloud native
In un’epoca dominata dal cloud, dal calcolo decentrato e dalla ricerca sui computer quantistici, ci sono ancora architetture del passato che proprio non ne vogliono sapere di abbandonare la scena. È il caso dei mainframe, elaboratori estremamente potenti in grado di gestire enormi volumi di dati e di utenti in contemporanea e garantire un’affidabilità a oggi non raggiunta da altre architetture. Non è un caso se queste soluzioni sono ancora usatissime in ambiti molto specifici, come nel settore bancario o in quello assicurativo, ma anche nell’automotive, come nel caso di Stellantis.
Come spiega Raffaele Bella, Core Enterprise & zCloud Practice Leader di Kyndryl, “le grandi aziende fanno girare le loro applicazioni critiche sui mainframe”. Per sottolineare il ruolo che questi elaboratori hanno nella nostra vita, Bella prosegue sottolineando che “se domani mattina arrivasse un virus che colpisce tutti i mainframe, una gran parte delle filiali bancarie non sarebbe operativa, l’utilizzo delle carte di credito sarebbe estremamente problematico. Molti dei più importanti enti pubblici non sarebbero nella condizione di offrire servizi ai cittadini ”. Insomma, ai mainframe sono affidati carichi di lavoro chiave per l’intero Paese. In Italia come all’estero. E il mercato è in continua crescita, tanto che IBM, guardando ai risultati del terzo trimestre 2022, ha raddoppiato il fatturato della divisione mainframe.
Mainframe: 20 anni fa si annunciava la sua morte. Eppure…
20 anni fa alcune aziende già dichiaravano che il mainframe era morto e per certi versi quest’affermazione non era del tutto errata. Bella sottolinea che infatti è morto quell’approccio al mainframe, cioè un ambiente isolato e sconnesso da tutti gli altri sul quale giravano tutte le applicazioni aziendali. Si trattava di sistemi staccati dal resto dell’infrastruttura IT, mentre oggi per Kyndryl “il mainframe è parte dell’infrastruttura hybrid cloud”. E non è un caso che Kyndryl abbia lavorato proprio per portare sulla nuvola l’infrastruttura con zCloud. I vantaggi sono numerosi, a partire dalla possibilità di poter condividere i dati e le informazioni residenti sul Mainframe con applicazioni realizzate secondo i nuovi paradigmi Cloud Native. Di recente, Kyndryl ha infatti potenziato la sua collaborazione con Microsoft creando delle data pipe che consentono di collegare i dati di zCloud con la piattaforma Microsoft Power, così da poterli elaborare tramite algoritmi di IA e machine learning ed estrarne insights utili ai fini di business.
Secondo Bella, potrebbe non essere la strategia migliore tenere tutte le applicazioni aziendali sul mainframe, e una delle attività principali di Kyndryl (che, non dimentichiamo, nasce come spin-off di IBM) è aiutare i clienti a comprendere quali app dovrebbero girare sul mainframe e come integrarle con gli altri ambienti così da estrarre maggiore valore dai dati generati.
Interessante notare come secondo Bella le soluzioni mainframe IBM (gli Z16, per intenderci) sono più adatte a chi già ha adottato queste architetture e le deve evolvere. Le imprese che vogliono iniziare ad adottare queste soluzioni, invece, probabilmente punteranno sulla soluzione di LinuxOne, in quanto girano su Red Hat e sono quindi più facili da integrare. “L’ambiente zOS (quello di IBM NdR) lo vedo più per le imprese grandi, quelle che alle 8 del mattino puntualmente devono aprire i loro sportelli e devono sostenere un importante traffico transazionale con tempi di risposta certi. Se invece è importante ragionare in ottica di riduzione dei costi o di sostenibilità, LinuxOne è la scelta più corretta”.
I vantaggi del mainframe secondo Kyndryl
Ma cosa rende i mainframe così adatti a certi tipi di elaborazioni? “La resilienza, sicuramente”, spiega Bella. Un down di 35 minuti nell’arco di un intero anno, per capirci, rappresenta un problema grave in questi ambienti. Ma c’è anche un altro aspetto che fa la differenza: la transazionalità, che garantisce i tempi di risposta delle transazioni, indipendentemente dal loro numero. “Queste due caratteristiche del mainframe sono fondamentali in certi ambiti, quelli in cui il cliente se non ottiene una risposta nell’arco di un secondo inizia a preoccuparsi e che non sono immediatamente replicabili in altri ambienti, come il cloud”.
Ma qual è precisamente il ruolo di Kyndryl? Fondamentalmente, quello di supportare i propri clienti nella modernizzazione del mainframe. Perché “sicuramente tutti i clienti vogliono modernizzarlo, e vorrebbero estendere tutta la catena DevOps anche al mainframe”, che è una delle prime attività che andrebbero fatte in ottica di modernizzazione. Questo perché a oggi i mainframe, se non integrati col resto dell’infrastruttura IT, rappresentano a tutti gli effetti dei silos informativi, e il mantra attuale è quello di abbatterli per poter far leva sui dati. “Uno dei punti che riteniamo più importanti è quello di rendere disponibili i dati che sono sul mainframe su applicazioni cloud native”, prosegue Bella. “Abbiamo una partnership con Microsoft proprio per far sì che le applicazioni cloud native sviluppate su Azure possano vedere i dati del mainframe come se fossero su Azure stesso: in pratica, apriamo i dati del mainframe agli hyperscaler. Non solo per risparmiare MIPS di potenza di calcolo del mainframe”. Bella fa l’esempio di un cliente italiano che tutte le mattine doveva effettuare delle query sul mainframe per esportare dati: “abbiamo allineato i dati fra il mainframe e il cloud, in questo caso Azure, e abbiamo fatto in modo che applicazioni cloud native andassero direttamente a prendere i dati dal mainframe”. Il vantaggio in questo caso è la possibilità di effettuare le interrogazioni direttamente dall’ambiente Azure, consentendo così di risparmiare cicli di elaborazione sul mainframe e di sviluppare ulteriori funzionalità e applicazioni sul cloud. Che è decisamente più semplice e veloce che lavorare direttamente sul mainframe.
La questione della sicurezza
Un aspetto da non sottovalutare è quello della sicurezza informatica. Anche perché, afferma Bella, “tutte le volte che porti dati fuori dal mainframe si crea un problema di sicurezza”. Allo stesso tempo, c’è anche da dire che ormai gli hyperscaler hanno raggiunto una certa maturità e hanno già aperto una Region in Italia o sono in procinto di farlo. “Il GPDR ha dato delle linee guida che sicuramente hanno aiutato, anche con accordi bilaterali con altri Paesi, come gli USA. Sino a due o tre anni fa il problema di mettere i dati sul cloud era più sentito. Ora, col GDPR e le moderne tecniche di sicurezza, tutti i clienti si stanno aprendo sul cloud, e il problema della sicurezza è meglio gestito”. Certo, se i dati sono molto sensibili è necessario prendere ulteriori accorgimenti, e ci sono realtà italiane che a tal proposito hanno optato per un private cloud, almeno per determinate categorie di dati, quelli più sensibili. “Noi abbiamo un’infrastruttura che si chiama zCloud e diamo ai clienti il vantaggio di poter accedere a un mainframe in cloud, partizionato in maniera estremamente sicura, col quale diamo accesso a un ambiente zCloud. Non è un vero e proprio mainframe virtuale, ma ci si avvicina abbastanza. Per quanto riguarda un eventuale zCloud virtuale, ci sono proposte a riguardo, ma è probabilmente un problema più di convenienza commerciale che tecnico. In ambiente mainframe è interessante accennare a due possibili scenari futuri: uno prevede di portare il mainframe in cloud; il secondo è quello di integrare i mainframe col quantum computing. L’idea è quella di avere un sistema quantistico usato come attached processor che viene attivato quando ci sono calcoli che ha senso elaborare tramite architetture quantistiche”.
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