Gli italiani e lo smart working: la ricerca di Anra-Aon rivela che l'esperimento ha funzionato

Gli italiani e lo smart working: la ricerca di Anra-Aon rivela che l'esperimento ha funzionato

Non mancano le criticità, ma lo smart working è molto apprezzato dai lavoratori italiani, che vorrebbero continuare a lavorare da remoto anche quando l'emergenza sarà cessata. A preferire queste modalità sono soprattutto gli under 35 e le donne

di pubblicata il , alle 16:31 nel canale Innovazione
Smart Working
 

Aon e Anra, l'Associazione Nazionale dei Risk Manager, hanno pubblicato una ricerca intitolata Le modalità lavorative dopo il lock down: quale Smart Working? nella quale si esamina come è cambiato il rapporto degli italiani con lo smart working rispetto al lockdown avvenuto a marzo. Uno studio che si sofferma non solo sulle impressioni generali, ma cerca di analizzare le differenze in relazione all'età e al genere degli intervistati. 

 

Smart Working1

 

Smart working fino a quando? Non si torna più indietro

Come confermano un po' tutti gli studi che abbiamo avuto modo di leggere negli ultimi mesi, l'esperimento forzato dello smart working o, più correttamente, del lavoro da remoto, ha avuto un esito positivo. La maggior parte dei lavoratori apprezza questa nuove modalità e vorrebbe proseguire anche una volta terminata l'emergenza: il 58% dei lavoratori bilancerebbe durante la settimana giornate in ufficio e lavoro da remoto, con una leggera prevalenza del secondo. Anche le preoccupazioni che affliggevano i lavoratori nelle prime settimane (pianificazione e controllo delle attività a distanza) sono svanite, mentre rimangono alcune perplessità relative alla difficoltà di gestire efficacemente la comunicazione interna e lo stato d'animo: lavorare da soli non è facile per tutti.

SmartWorking

 

I vantaggi rilevati sono relativi a un migliore equilibrio tra vita privata e professionale (43%), seguita dall’ottimizzazione del tempo (40%) e la possibilità di gestire con più autonomia gli orari e i carichi di lavoro (34%)

Fra le difficoltà, invece, c'è un aspetto che già avevamo evidenziato: le persone tendono a lavorare più ore rispetto a quanto facevano in ufficio. Seguono difficoltà di interazione e confronto con il team di lavoro e/o con i colleghi (33%) (più marcato negli over 56) e il senso di solitudine (31%), che invece colpisce prevalentemente chi ha meno di 35 anni. 

Come cambia la percezione dello smart working in relazione a età e genere

Dalle analisi di Anra e Aon emerge che a prediligere le nuove modalità di lavoro da remoto sono gli under 35 e le donne. "I due gruppi presentano diverse analogie, dalla maggiore attenzione per i risvolti sociali e psicologici, alla poca fiducia dimostrata nella capacità di evoluzione – soprattutto culturale – delle imprese, fino alla convinzione che lo smart working porterà benefici alla società nel suo complesso" - si legge nel rapporto - "La ragione è probabilmente da ricercarsi parallelamente in una visione più comunitaria e meno individualista della situazione (chi per questioni anagrafiche, chi per propensione e storicità d’attenzione all’altro), e in parte nella comune situazione di svantaggio da cui queste due categorie si trovavano già prima della pandemia nel mercato del lavoro, il che li rende anche più esposti ai futuri impatti negativi del Covid-19 sull’occupazione e sulle possibilità di carriera".

smartworkinggender

Il futuro dello smart working

Più della metà del campione (52%) dichiara di voler continuare a lavorare in modalità mista, recandosi sul luogo di lavoro solo qualche giorno a settimana, ma in tanti mostrano scetticismo: il 48% del campione dichiara che il management dell'azienda per cui lavora non apprezza queste modalità e spinge per tornare a quelle tradizionali. Questa, per lo meno, è la visione degli under 35. Solo il 10% degli over 56, invece, pensa che si tornerà a lavorare come in passato, e se accadrà sarà dovuto a esigenze lavorative, non alla poca fiducia nello smart working. 

"Per essere competitivi nello scenario odierno, così mutevole e dinamico, è necessario un cambiamento culturale più profondo, adattarvisi non basta più. La fiducia che le nuove generazioni e le rappresentanze femminili ripongono negli impatti positivi di una rivoluzione smart ha come contropartita una disillusione nei confronti delle organizzazioni, associata alla ritrosia culturale del top management" - ha commentato Gabriella Fraire, Consigliera di ANRA - ”Cultura e leadership rappresentano due facce della stessa medaglia: il leader è colui che crea, diffonde e gestisce la cultura di un’organizzazione ma rappresenta anche il principale ostacolo al cambiamento, poiché tende alla conservazione dello status quo, per via della sua natura pervasiva. E se da una parte questo è il segnale di una generazione più propensa a mettere in secondo piano gli impatti negativi individuali in nome di un bene collettivo per una prospettiva futura più sostenibile, dall’altra parte le imprese si trovano a dover lottare con le implicazioni psicologiche e i risvolti culturali che ne derivano”.

"La tecnologia non aspira a spersonalizzare il lavoro, ma si potenzia con l’interpretazione della componente umana, ovvero di lavoratori competenti, motivati e flessibili" - spiega Enrico Vanin, AD Aon - "Credo si andrà via via verso una Leadership Collaborativa, che abolirà statici ruoli e gerarchie e sarà in grado di perseguire risultati ambiziosi per l’azienda e la comunità in cui opera. I leader di domani dovranno essere adattabili e proattivi al cambiamento, curiosi di sperimentare l’inedito e dotati di social intelligence. Quest’ultima skill permette di ascoltare empaticamente le persone con cui si lavora, di sostenerle e spingerle ad esprimere il loro pieno potenziale".

"Siamo particolarmente fieri del lavoro svolto nel realizzare questa ricerca unica nel suo genere, che ha come obiettivo quello di approfondire come stia reagendo la filiera del risk ed insurance management ad una trasformazione epocale delle modalità di lavoro ed interazione fino a poco tempo fa inimmaginabili” - ha dichiarato Alessandro De Felice, Presidente di ANRA - “La nostra community, composta da Risk Manager, intermediari, Assicuratori, Periti ed imprenditori ha mostrato una capacità di adattamento molto rapida, seppur con i limiti e le problematiche che analizziamo, e vede un futuro in cui è in grado di selezionare gli aspetti positivi del ‘remote working’ - quali ad esempio l'accelerazione nell'utilizzo delle tecnologie di connessione remota e la gestione del proprio tempo e responsabilità in autonomia - per realizzare un vero ‘smart working’ nella dimensione della nuova normalità".

12 Commenti
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Ale998712 Novembre 2020, 17:13 #1

Già, peccato che non ci sia una legge che lo obblighi

Purtroppo la maggior parte dei datori di lavoro se ne sbatterà di quello che vogliono gli impiegati. La mia azienda aveva acquistato a marzo 100+ licenze per VPN e per un mese circa ha fatto smart working. Dopo, e anche adesso nonostante in Lombardia ci sia il lockdown, ci hanno obbligato a venire in azienda anche quando non ha assolutamente senso (facciamo sviluppo software). Ci vuole una legge che obblighi i datori di lavoro a dare lavoro da remoto a chi lo vuole, ovviamente sempre che la mansione lo permetta, altrimenti andiamo al 2050 prima che diventi la normalità.
giovanni6912 Novembre 2020, 18:04 #2
Ringrazia al cielo che ti fanno andare in azienda.
Ed usa bene tale opportunità (che tu vedi come costrizione) per far pesare il valore aggiunto in presenza.
Nel 2050 lo sviluppo software verrà fatto da AI... altro che smartworking che tra l'altro servirà ancor più a rendere meno visibile l'impatto dell'essere umano nei processi produttivi e di servizi e dunque possibilmente, renderlo automatizzabile.
recoil12 Novembre 2020, 18:09 #3
Originariamente inviato da: Ale9987
Purtroppo la maggior parte dei datori di lavoro se ne sbatterà di quello che vogliono gli impiegati. La mia azienda aveva acquistato a marzo 100+ licenze per VPN e per un mese circa ha fatto smart working. Dopo, e anche adesso nonostante in Lombardia ci sia il lockdown, ci hanno obbligato a venire in azienda anche quando non ha assolutamente senso (facciamo sviluppo software). Ci vuole una legge che obblighi i datori di lavoro a dare lavoro da remoto a chi lo vuole, ovviamente sempre che la mansione lo permetta, altrimenti andiamo al 2050 prima che diventi la normalità.


adesso che siamo in emergenza sanitaria dovrebbe essere obbligatorio, dopo deve essere una scelta
secondo me meglio un misto con 1-2 giorni in presenza e il resto a casa, cosi rimane un'identità di azienda e il team ha modo di incontrarsi di persona ogni tanto

il full remote l'ho cercato a dire la verità ma era molto difficile entrarci perché lo facevamo in pochissimi, ora sicuramente qualcuno in più si troverà ma c'è molta più concorrenza perché le full remote assumono in tutto il mondo
il che mi porta all'altra considerazione: se sei full remote un domani diventa facile sostituirti con uno sviluppatore di un paese est europeo o altre zone che è contento di prendere la metà del tuo stipendio
se invece c'è il misto, ti godi in parte i vantaggi del remoto ma il tuo lavoro è in un certo senso più al sicuro perché non assumeranno gente da chissà dove per sostituirti
Ale998712 Novembre 2020, 18:10 #4
Ma certo, invece di migliorare le condizioni lavorative ringraziamo pure che ci danno il lavoro, come se ci facessero un favore. A me quello che accadrà nel 2050 non mi importa, mi importa il qui e ora, e siccome per adesso servono ancora uomini per fare gli sviluppatori non vedo perchè non chiedere condizioni migliori, a parità di lavoro svolto (al contrario di quanto implichi, come se lavorare da casa mi rendesse meno capace)
Therinai12 Novembre 2020, 18:14 #5
Originariamente inviato da: Ale9987
Purtroppo la maggior parte dei datori di lavoro se ne sbatterà di quello che vogliono gli impiegati. La mia azienda aveva acquistato a marzo 100+ licenze per VPN e per un mese circa ha fatto smart working. Dopo, e anche adesso nonostante in Lombardia ci sia il lockdown, ci hanno obbligato a venire in azienda anche quando non ha assolutamente senso (facciamo sviluppo software). Ci vuole una legge che obblighi i datori di lavoro a dare lavoro da remoto a chi lo vuole, ovviamente sempre che la mansione lo permetta, altrimenti andiamo al 2050 prima che diventi la normalità.


Bah, immagino il perché sia successo, una volta che ti colleghi con la VPN aziendale l'amministratore può vedere a cosa ti colleghi e se ti colleghi... se vi hanno richiamato evidentemente ha notato che le cose da casa non andavano bene
Timewolf13 Novembre 2020, 01:23 #6
Originariamente inviato da: Therinai
Bah, immagino il perché sia successo, una volta che ti colleghi con la VPN aziendale l'amministratore può vedere a cosa ti colleghi e se ti colleghi... se vi hanno richiamato evidentemente ha notato che le cose da casa non andavano bene


ho conoscenti che hanno responsabili e dirigenti che pretendono la gente in ufficio sulla scrivania, senza un reale motivo se non un'ancorata visione medievale del lavoro.
Se uno vuole "cazzeggiare" lo fa ovunque, sia a casa che in ufficio.
Pausa caffe', sigaretta, bagno, chiacchera col collega eccetera.
fra5513 Novembre 2020, 09:37 #7
Originariamente inviato da: Therinai
Bah, immagino il perché sia successo, una volta che ti colleghi con la VPN aziendale l'amministratore può vedere a cosa ti colleghi e se ti colleghi... se vi hanno richiamato evidentemente ha notato che le cose da casa non andavano bene


In ufficio cazzeggi tanto quanto a casa, anzi di più perchè hai più occasioni di "svago".
Il volere le persone in ufficio da l'idea di quanto sia retrogrado (e probabilmente anche poco organizzato) il manager in questione.
recoil13 Novembre 2020, 09:48 #8
Originariamente inviato da: fra55
In ufficio cazzeggi tanto quanto a casa, anzi di più perchè hai più occasioni di "svago".


in questo periodo per me è stato così, ma è comprensibile
chiusi in casa per mesi, abbiamo ricominciato a vederci in ufficio una volta la settimana e c'era molto più cazzeggio proprio perché è tanto che non ti vedi e ne hai da raccontare

io sono estremamente più produttivo a casa, però ho una stanza dedicata a ufficio dove posso chiudere la porta e isolarmi, ho una scrivania, sedia ergonomica, insomma una postazione seria
meglio la mia di quella che ho in ufficio poco ma sicuro...

però come dicevo secondo me almeno un giorno in presenza ci sta a regime, ora lasciamo perdere il COVID parlo di quando si potrà tornare alla normalità
il remoto non è per tutte le aziende e non è per tutti i dipendenti, e vedersi di persona ha dei vantaggi
non serve che questo avvenga 5 giorni la settimana, per questo penso che il misto sarà il modello che prenderà piede

bisogna anche ripensare agli uffici, se vengo in sede 2-3 volte la settimana non mi interessa che ci sia la mia scrivania, per me ha più senso che gli open space vengano frazionati creando tante sale riunioni e il giorno che il team viene in sede si mette in una delle sale per la pianificazione e lo stato di avanzamento, poi si può fare un po' di pair programming, ci si divide in piccoli gruppi ecc.
facendo così riduci molto gli spazi perché sai che contemporaneamente in presenza avrai una percentuale ridotta dei dipendenti, quindi vai in una sede più piccola riducendo sensibilmente l'affitto
oppure se non molli la tua sede, al posto di quelle vaccate di open space ti riorganizzi come dicevo e diventa più piacevole vivere l'ufficio quando uno ci va, invece di stare in una stalla come avviene adesso dove se non ti metti le cuffie ANC non capisci più niente
The_ouroboros13 Novembre 2020, 09:59 #9
Originariamente inviato da: giovanni69
Ringrazia al cielo che ti fanno andare in azienda.
Ed usa bene tale opportunità (che tu vedi come costrizione) per far pesare il valore aggiunto in presenza.
Nel 2050 lo sviluppo software verrà fatto da AI... altro che smartworking che tra l'altro servirà ancor più a rendere meno visibile l'impatto dell'essere umano nei processi produttivi e di servizi e dunque possibilmente, renderlo automatizzabile.


La tua palla di cristallo funziona meglio della mia
The_ouroboros13 Novembre 2020, 10:01 #10
Originariamente inviato da: recoil
bisogna anche ripensare agli uffici, se vengo in sede 2-3 volte la settimana non mi interessa che ci sia la mia scrivania, per me ha più senso che gli open space vengano frazionati creando tante sale riunioni e il giorno che il team viene in sede si mette in una delle sale per la pianificazione e lo stato di avanzamento, poi si può fare un po' di pair programming, ci si divide in piccoli gruppi ecc.
facendo così riduci molto gli spazi perché sai che contemporaneamente in presenza avrai una percentuale ridotta dei dipendenti, quindi vai in una sede più piccola riducendo sensibilmente l'affitto
oppure se non molli la tua sede, al posto di quelle vaccate di open space ti riorganizzi come dicevo e diventa più piacevole vivere l'ufficio quando uno ci va, invece di stare in una stalla come avviene adesso dove se non ti metti le cuffie ANC non capisci più niente


Amen

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