L'IA vista dall'open source: il punto di vista degli esperti di Red Hat e Intel

L'IA vista dall'open source: il punto di vista degli esperti di Red Hat e Intel

L'intelligenza artificiale è uno strumento con molte potenzialità, ma proprio queste possono far perdere di vista la realtà: ne abbiamo parlato con alcuni esperti di Red Hat e Intel per capire meglio la loro posizione

di pubblicata il , alle 14:01 nel canale Innovazione
Red HatIntelintelligenza artificiale
 

È possibile sviluppare modelli di intelligenza artificiale eticamente? In che modo l'open source può aiutare in ciò? Abbiamo partecipato a una discussione con quattro esperti del settore: Jan Wildeboer, EMEA Evangelist; Erica Langhi, Associate Principal Solution Architect EMEA; Mark Swinson, Enterprise IT Automation Sales Specialist; e Stephan Gillich, l'unica persona non in forza a Red Hat in quanto Director of Artificial Intelligence GTM presso Intel.

L'IA tra marketing e realtà

C'è molto dibattito sull'IA e in particolare sulle sue potenzialità, ma spesso si finisce per esagerare, come dice Wildeboer: "Crediamo che alcune parti dell'IA siano al momento "pompate" un po' troppo. Non crediamo che l'IA prenderà il sopravvento sul mondo in una modalità da fantascienza. Non crediamo altresì che 'bigger is better' [ovvero che modelli più grandi siano migliori, NdR]. Quello che vediamo è che l'IA si pone come un'evoluzione degli strumenti, e non necessariamente come una rivoluzione. Crediamo in un modello di cloud ibrido in cui non si affitta un'IA da qualche grande azienda tutto il tempo, ma ciascuno ha una sua IA o quantomeno una sua estensione di un modello open source."

Wildeboer vede proprio il cloud ibrido come la soluzione ideale per l'IA, perché il cloud publico mette a disposizione un'infrastruttura con enorme potenza di calcolo per effettuare l'addestramento dei grandi modelli linguistici, ma poi l'inferenza e l'affinamento possono essere fatti in locale, magari anche sull'edge. "In tali casi, chiaramente non vogliamo spostare i dati dall'infrastruttura on-prem al cloud pubblico, a volte anche per le regole di governance e privacy. Quindi per raggiungere il pieno potenziale dell'IA dobbiamo assicurarci di avere alle fondamenta una piattaforma che può passare dal cloud pubblico all'edge in maniera coerente e affidabile, così che si possa spostare il carico di lavoro dell'IA dove serve."

Erica Langhi afferma che "non vedremo un futuro in cui c'è una sola IA, o magari due; ci stiamo avviando verso un mondo in cui abbiamo 'sciami' di IA specifiche per ciascun campo che possono essere eseguite vicino ai dati, on premise, o anche sul proprio telefono, in un futuro non troppo distante. Questo punto ci porta a un tema caro a Red Hat, ovvero la fiducia: quella nell'IA sarà fondamentale perché il mercato accetti questa tecnologia, non solo tra gli utenti privati ma anche tra le aziende. Pensiamo che l'unico modo per ottenere ciò sia, in ultima analisi, essere il più aperti possibile: a livello del modello, dell'addestramento, dell'esecuzione. Spiegare che essere completamente aperti è un vantaggio per la sicurezza è un arduo compito: per quanto sia ovvio a noi, non lo è per molti."

Secondo gli esperti, il futuro non sta tanto nei modelli linguistici di grandi dimensioni come GPT-4 alla base di ChatGPT, ma in modelli di dimensioni più ridotte, addestrati su informazioni specifiche della singola materia e pertanto "competenti" solo in quella. Per fare un esempio pratico, se c'è bisogno di un modello che offra suggerimenti per programmare in C++, è inutile che tale modello sia addestrato anche sul sumero o sulla geografia: addestrare un modello più limitato occupa meno risorse e non richiede gli investimenti massicci necessari per gli LLM enormi à la GPT-4; dall'altro lato, anche la sua esecuzione è molto meno onerosa in termini di risorse di calcolo e consumi energetici e può essere effettuata anche su dispositivi in locale.

L'IA come Internet (con tutti i rischi del caso)

Se Wildeboer cerca di sgonfiare le attese riguardo l'IA, Gillich vede comunque un potenziale significativo: "Vediamo lo stesso tipo di cambiamento introdotto da Internet: se però in quel caso ci sono voluti vent'anni, perché abbiamo dovuto scavare per mettere i cavi così da poter spostare i dati, nel caso dell'IA è tutto via software. Ciò significa che vedremo l'IA ovunque e ogni azienda ne farà uso. C'è però la necessità di mantenere i dati privati in un ambiente di cloud ibrido, così da poter lavorare in maniera sicura, perché nessuna azienda vuole compromettere i dati che hanno sui propri clienti, sui progetti e così via. Le aziende vogliono far rimanere questi dati riservati. "

Uno dei temi sicuramente più sentiti è quello della capacità potenziale dell'IA di rimpiazzare molti lavoratori. Erica Langhi commenta così: "secondo me l'input umano rimane fondamentale e l'IA si limita a eseguire i compiti noiosi al nostro posto, ci aiuta a prendere decisioni. Dunque non credo che vedremo l'IA rimpiazzare le persone sul lavoro, ma vedremo le professioni cambiare e diventare differenti, potenzialmente anche più interessanti."

Per quanto l'ottimismo sia sempre apprezzato, ci sentiamo però di dissentire: molti lavori sono però "a basso valore aggiunto" e possono facilmente essere rimpiazzati dall'IA; in quei casi vedremo molte persone trovarsi senza lavoro. L'asticella per trovare un impiego si alzerà ancora di più, perché molti lavori che non richiedono competenze approfondite semplicemente spariranno. Si tratta di un problema enorme dal punto di vista sia delle persone che si troveranno coinvolte in questo cambiamento, sia della società che dovrà in qualche modo assorbirne gli effetti. Questa è una visione che la stragrande maggioranza delle persone che abbiamo intervistato ci ha riportato; la speranza è ovviamente che non sia così, ma già oggi vediamo i primi segnali di tale tendenza con licenziamenti o mancate assunzioni per via dell'uso dell'IA.

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