L'Italia, il lavoro e l'intelligenza artificiale: il punto della situazione
di Riccardo Robecchi pubblicata il 27 Maggio 2019, alle 17:41 nel canale InnovazioneL'intelligenza artificiale ha e avrà sempre più un impatto sulla società e in particolare sul mondo del lavoro: alla conferenza "L'alba del pianeta delle macchine: la rivoluzione?" si fa il punto sulla situazione italiana
1,2 milioni di posti di lavoro in Italia, pari al 4,2% del totale, sono definiti "a forte rischio" per l'automazione. La percentuale di posti complessivamente a rischio è del 13,8%. Numeri enormi che dipingono un quadro a tinte fosche per il nostro Paese quelli mostrati durante la conferenza "L'alba del pianeta delle macchine: la rivoluzione? L'intelligenza artificiale e la metamorfosi del mondo in cui viviamo" organizzata da AICA e tenutasi all'Università Bocconi di Milano lo scorso 23 maggio.
L'intelligenza artificiale: rischi e opportunità
L'arrivo dell'intelligenza artificiale e il suo affinamento costante, assieme ai progressi nella robotica, mette a rischio innumerevoli posti di lavoro. Il fenomeno è mondiale e non risparmia pressoché alcuna categoria. Dall'altro lato le innovazioni portano alla nascita di nuove figure lavorative, che potenzialmente possono compensare, anche numericamente, i posti di lavoro a rischio. Queste nuove figure sono però specializzate e necessitano dunque di formazione del personale perché ci sia un saldo neutro.
In Italia, però, il fenomeno della perdita dei posti è particolarmente sentito ed è in forte espansione. Alla base c'è un problema composto da due componenti fortemente intrecciate: un aspetto culturale e un aspetto educativo. Sono pochi gli individui in Italia con competenze matematiche e scientifiche vicine alla media mondiale; il nostro Paese si posiziona tra gli ultimi posti nella classifica insieme a Turchia, Grecia e Cile.
Questa situazione è dovuta prevalentemente a un orientamento culturale che premia le materie umanistiche rispetto a quelle scientifiche, seguendo in ciò l'impostazione data da Gentile quasi un secolo fa, ma anche a carenze nel percorso formativoche portano poi a una scarsa competenza degli italiani nelle materie scientifiche. I due aspetti sono strettamente correlati ed è difficile individuare una causa prima.
L'aspetto dell'educazione e della formazione, però, non coinvolge soltanto il sistema educativo nazionale, ma la forma mentis dei lavoratori italiani. Solo il 30,2% dei lavoratori continua la propria formazione in età adulta, con particolare mancanza soprattutto sui temi digitali.
Fatto forse più significativo è che questa mancanza di formazione non riguarda soltanto i lavoratori, ma anche gli stessi insegnanti che devono fornire tale formazione. L'Italia si posiziona al secondo posto per quanto riguarda la percentuale di insegnanti che necessitano di formazione sui temi digitali, con il 75,2%; il nostro Paese è superato solo dal Giappone, che arriva all'80%.
Tutti questi elementi portano la forza lavoro italiana a essere particolarmente vulnerabile all'automazione, dato che non si investe nella propria formazione e non ci si rende dunque in grado di rispondere ai cambiamenti che avvengono nel mondo aggiornando, ampliando e affinando le proprie competenze.
Un ulteriore aspetto culturale che emerge è che esiste un gapdi tipo culturale tra mondo aziendale e mondo esterno che vede le trasformazioni in corso nel mondo digitale: da un lato le aziende vedono il digitale come uno strumento per migliorare, dall’altro la trasformazione desta preoccupazione generale per il suo impatto sulla società. Tale preoccupazione sembra spesso motivata, anche in virtù delle problematiche fin qui esposte.
La scarsità di figure professionali adeguate crea problemi alle aziende
Il problema culturale emerge anche nel quadro dell'adozione dell'intelligenza artificiale nelle aziende che operano in Italia. Solo il 4% di queste sta infatti utilizzando attivamente l'IA nella propria attività. Il 61% delle aziende ritiene che l'uso dell'IA sia interessante e prevede di farne uso, mentre ben l'80% delle imprese pensa che l'impatto sul business possa essere di grande portata. L'implementazione richiederà, tuttavia, molto tempo. Questo per due fattori principali: da un lato una resistenza culturale al cambiamento, dall'altro la difficoltà a trovare persone con le competenze adeguate.
L'attuale situazione della formazione di nuove figure professionali vede infatti una competizione agguerrita per accaparrarsi le figure migliori sul mercato; l'andamento è in peggioramento, sia per questioni demografiche (calo della natalità) che per le ragioni di mancanza di formazione adeguata esposte in precedenza.
Una delle soluzioni a queste problematiche risiede nelle aziende stesse, che devono investire nella formazione dei propri dipendenti così da creare le risorse necessarie al proprio interno, senza doversi affidare interamente alla sola acquisizione di talenti dal mercato.
Tale acquisizione, quando avviene, si rivela comunque spesso problematica, poiché i talenti acquisiti non trovano nelle aziende l'ambiente desiderato e il ricambio è molto veloce. Ciò è particolarmente vero per le persone più giovani, che sembrano più propense a passare da una posizione all'altra non tanto in funzione del compenso, ma del tipo di lavoro da svolgere e dell'ambiente in cui viene svolto.
Il quadro, come si diceva in apertura, è a tinte fosche, ma lascia comunque spazio a delle note positive. Il cambiamento viene infatti visto come necessario nelle aziende e questo è un primo passo verso la realizzazione di tale cambiamento. Parafrasando Ian Malcolm (Jurassic Park), "l'innovazione si libera, si espande in nuovi territori e abbatte tutte le barriere, dolorosamente, magari pericolosamente, ma... tutto qui". Ed è tutto qui.
5 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoNon so come funziona ultimamente, ma circa 35 anni fa conoscevo diversi ragazzi che hanno dato la maturità all'ITIS; ebbene, il ragazzo che ha preso il voto più alto, 60/60, è quello che ha fatto un ottimo scritto in italiano. Peccato che di meccanica, l'indirizzo degli studi, non ne capisce nulla... Ed ovviamente nel giro di poche settimane ha ricevuto diverse proposte di lavoro da aziende importanti, mentre chi ne capiva veramente di meccanica ma ha avuto voti più bassi per "colpa" dello scritto in italiano ha faticato a trovare un impiego...
Con questo non voglio dire che un buon perito sia esentato dal conoscere come si scrive/parla in italiano, ci mancherebbe, ma che il peso di tale materia per determinare il voto finale (ma anche come numero di ore di lezione) sia in secondo piano rispetto all'indirizzo degli studi (meccanica, elettronica, informatica, ecc.)
Poi, ripeto, non so come funziona oggi ma vedendo i ragazzi assunti da poco in azienda (periti e ingegneri) mi sembra che la situazione sia anche peggiorata...
Cercasi apprendista con post dottorato, 18 anni, automunito, comprovata esperienza nel settore da almeno 25 anni, disposto a trasferte in tutto il globo e a fare straordinari il sabato e alla domenica. È da considerarsi un bonus ai fini dell'assunzione, la disponibilità a lavorare 24h su 24 7 su 7, il caffè lo offre l'azienda (e ci stiamo rimettendo!).
Questi ragazzi choosy che non hanno voglia di lavorare.
se no continuasse ad assumere "esperti" di eclipse e visual basic
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