Qlik: tre modi per vincere la guerra dei dati
di Pasquale Fusco pubblicata il 14 Novembre 2019, alle 19:21 nel canale InnovazioneQlik presenta il caso esemplare del documentario The Great Hack di Netflix per parlarci dello sfruttamento e dell'impiego non etico dei dati pubblici. È una vera e propria guerra di dati, ma secondo Qlik esistono tre potenziali soluzioni per superare l'attuale clima di paura.
Con The Great Hack - Privacy violata, Netflix ha permesso al suo vasto pubblico di scoprire per la prima volta - o di approfondire - le dinamiche legate al trattamento dei nostri dati e, più precisamente, all’utilizzo che ne fanno alcune aziende e determinati governi. Nel documentario si parla dunque del caso Cambridge Analytica, del suo ruolo nella Brexit e nelle campagne presidenziali USA del 2016, e di come i nostri dati personali siano stati sfruttati al fine di alterare le opinioni altrui attraverso il semplice utilizzo dei social media.
“Tu condividi i dati, che vengono analizzati per ritornare a te come messaggi mirati a cambiare il tuo comportamento”, è la cosiddetta analogia del boomerang, esposta nel documentario dalla ‘whistleblower’ Brittany Kaiser. La frase spiega in maniera sintetica, e alquanto brillante, in che modo tutto questo possa compromettere l’idea di autonomia personale e i principi stessi su cui si fonda la democrazia.
Come diretto risultato di questi casi di sfruttamento e di impieghi non etici dei dati pubblici, nel periodo più recente si è venuto a formare un clima di paura intorno all’analisi di tali dati, la cui valorizzazione viene così ostacolata da tali timori. Una prima soluzione sarebbe identificare le organizzazioni più responsabili, ovvero quelle aziende capaci di adottare un approccio ragionevole ed etico nei confronti della raccolta e dell’utilizzo dei dati. Secondo Qlik, però, ci sarebbero altre tre soluzioni, tre passaggi fondamentali che ci permetterebbero di vincere ‘la guerra dei dati’.
“La guerra dei dati è iniziata, ma possiamo vincerla”
Qlik, azienda leader nella Data Analytics, ci dimostra che esistono speranze concrete di abbattere il suddetto clima di paura che aleggia sul trattamento dei nostri dati. Per la precisione, sarebbero tre i passaggi da seguire:
- Un nuovo Digital Social Contract: secondo Qlik, necessitiamo di un quadro normativo preciso da seguire al fine di preservare la fiducia dei consumatori. Non basta il GDPR, il regolamento generale sulla protezione dei dati promosso dall’UE, né il Contract for the Web Project lanciato da Sir Tim Berners-Lee nel 2018.
- Data Literacy: l’alfabetizzazione delle persone in materia di dati è essenziale, pertanto si dovrebbe essere in grado di leggere, capire, interrogare e comunicare attraverso gli stessi dati, decifrando e contestando le informazioni che giungono a noi nel tentativo di prendere decisioni ponderate e autonome.
- Una solida piattaforma aperta: le persone dovrebbero poter usufruire di una ‘open platform’ in grado di gestire ed elaborare dati e contenuti, messi a disposizione in maniera trasversale, connessa, trasparente, etica e certificata. Un obiettivo tutt’altro che irraggiungibile, che fa diretto riferimento alla condivisione aperta di dati e insight su cui si basa la nostra società digitale - e, dunque, alle origini del World Wide Web, secondo le modalità concepite da Sir Tim Berners-Lee.
Questo nuovo sistema, basato su dati e analytics, può funzionare solo attraverso un sourcing responsabile ed etico dei dati che, supportato dalla trasparenza di una nuova open platform, possa spingere le aziende a rivalutare le relative modalità di raccolta e di utilizzo dei dati. Per approfondire l’argomento è intervenuto James Fisher, Sr. Vice President, Strategic Marketing di Qlik:
“Se vogliamo dare libero sfogo alla nostra capacità innovazione, trovando nuovi modi per creare valore partendo dai dati di cui disponiamo, dobbiamo essere in grado di superare la sfiducia che circonda l'analisi dei dati e impegnarci per sviluppare un nuovo approccio ragionevole ed etico alla raccolta e all'utilizzo degli stessi. È l'unico modo per far si che noi, in qualità di cittadini, lavoratori e consumatori, possiamo continuare a godere dei benefici di una società basata sui dati, senza compromettere il nostro diritto di esserne proprietari e, più in generale, i nostri diritti all'autonomia e alla democrazia”.
12 Commenti
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il 99% delle persone è convinto di non essere manipolato, invece lo è.
THE KEY....fin tanto che manca la consapevolezza, non ci può essere cambiamento profondo... per questo è essenziale che, le persone che lavorano in questo ambito, devono, se interrogate in merito, DIRE la VERITA' e non lasciarsi trascinare dalle "mode" studiate a tavolino da chi ha il mero interesse a mantenere posizioni asimmetriche e potere incommensurabile...
E l'altro uno per cento convinto di non essere manipolato lo è allo stesso modo.
Certo meglio così. L'importante è essere consapevoli veramente però di come stanno le cose e non di essere convinti di essere nell'uno per cento di eletti...
Per qualcuno ti assicuro che invece è così, e non manca occasione di ribadirlo.
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