Intelligenza Artificiale

Investimenti, competizione e cooperazione: gli intrecci (anche geopolitici) nello sviluppo dell'IA

di pubblicata il , alle 16:01 nel canale Market Investimenti, competizione e cooperazione: gli intrecci (anche geopolitici) nello sviluppo dell'IA

Abbiamo intervistato Benedetto Buono di Buono & Partners per capire meglio come si stia evolvendo il mondo dell'IA, in particolare dal punto di vista degli investimenti e del mercato

 

Il mondo dell'intelligenza artificiale si sta sviluppando verso un oligopolio, in cui poche aziende detengono il controllo dei principali prodotti e servizi, nonché delle aziende che producono i modelli: è questa la posizione di Benedetto Buono, partner fondatore di Buono & Partners, col quale abbiamo parlato per capire come si sta evolvendo questo settore sempre più cruciale e centrale nel panorama tecnologico di oggi e di domani.

L'intelligenza artificiale come i keiretsu giapponesi?

Buono afferma che ci sono in corso alcuni movimenti molto specifici nel mondo dell'intelligenza artificiale: da un lato c'è la concentrazione della produzione dei modelli in pochissime aziende, con la creazione conseguente di un oligopolio come quelli già visti nel mondo dell'hardware e dei sistemi operativi per computer, ad esempio; dall'altro c'è un controllo degli investimenti (e quindi, poi, del potere sulle realtà che li ricevono, ovvero Anthropic e OpenAI) da parte dei grandi nomi tecnologici che puntano a dominare il mercato.

"Sull'IA generativa non parlo di mercato, non parlo di tecnologia, parlo di business: è ancora [tutto] molto acerbo e c'è tutto da dimostrare. 24 mesi fa l'IA generativa è diventata mainstream, è esplosa e ha avuto un tasso d'adozione che nessuna tecnologia moderna aveva mai dimostrato. La realtà è che si è ancora molto lontani dal trovare un modello (o dei modelli) di business sostenibili, replicabili e scalabili con questo sottostante tecnologico", afferma Buono. Che evidenzia un aspetto: il fatto che OpenAI e altri nomi stanno raccogliendo molti fondi, "ma dovranno restituirli prima o poi. E se consideriamo che nella mega-tranche di 10 miliardi che si sono portati a casa [in OpenAI] 4,4 miliardi sono di debito, la pressione finanziaria da sostenibilità di questi giocattoli è tutta da dimostrare."

Buono nota come ci sia una divisione netta negli investimenti: da un lato Microsoft e NVIDIA investono in OpenAI, dall'altro Google e Amazon in Anthropic. E non si può non notare come Google e Amazon "competono aspramente sul mercato su tecnologie e business multimiliardari come il cloud e la pubblicità, ma poi vanno a co-investire in quella che può essere la prossima stella dell'IA generativa."

Il fatto che non sia chiaro chi emergerà come vincitore può aiutare a capire, spiega Buono, perché invece Apple sembri tenersi più fuori da queste vicende: "se dovesse andare male una di queste partite, il rischio è di rimanere fuori dal prossimo mega-trend. C'è qualcosa di inusuale in queste partite di investimenti, ma fondamentalmente se la partita andrà bene, andrà estremamente bene; se andrà male, andrà estremamente male per tutti."

Sembra emergere dunque, nella visione di Buono, una configurazione che ricorda quella dei keiretsu giapponesi: grandi conglomerati in cui ci sono partecipazioni incrociate e un forte senso di cooperazione. Oltre alla classica dipendenza dalle realtà neonate verso gli investitori, l'aspetto interessante è che c'è anche una dipendenza degli investitori dalle realtà che ricevono l'investimento: senza OpenAI, ad esempio, Microsoft non sarebbe riuscita a emergere così nettamente in questa fase come leader nel mondo dell'IA.

Geopolitica, investimenti e settori d'applicazione

Secondo Buono la dinamica è diversa rispetto alla guerra per il predominio nel mondo dei PC avvenuta intorno a 30 anni fa, perché ci sono forze esterne al mondo tecnologico in gioco: da un lato le pressioni e tensioni geopolitiche che stanno portando a una polarizzazione tra Cina e Occidente, dall'altro invece i limiti nella capacità di generare e stoccare energia che impongono poi limiti alla capacità di calcolo alla base dello sviluppo dell'IA. "Google in primis sta puntando forte sui mini-reattori nucleari, perché banalmente al momento non c'è capacità di approvvigionamento e di stoccaggio di una quantità di energia tale da soddisfare quel tipo di esigenza di calcolo. Che oggi non è giustificata e non è giustificabile dagli utilizzi che se ne fanno, se è vero che gran parte dell'intelligenza artificiale generativa viene utilizzata per compiti routinari e di efficientamento a basso valore aggiunto come si legge diffusamente nei dati che queste stesse case mettono a disposizione."

Ciò che emergerà saranno modelli specifici per ciascun settore, come ad esempio quello farmaceutico, che avranno dimensioni più piccole rispetto a quelli colossali come GPT-4. E siamo già al punto, dice Buono, per cui "al netto di colossi come Google o SAP, è folle pensare di andare a sviluppare completamente da zero dei modelli d'IA. È molto più saggio agganciarsi al trend per accreditarsi come esperti."

C'è anche l'aspetto dell'uso dei dati proprietari per arricchire i modelli, come sta facendo, ad esempio, SAP con la sua IA addestrata con i dati di migliaia di aziende: "chi riuscirà ad alimentare sempre più [l'IA] con dati proprietari, e quindi a dare delle feature nuove come la capacità previsionale, allora avrà una speranza, soprattutto se questi soggetti hanno le spalle abbastanza larghe come SAP, uno dei pochi a livello globale che può competere con i grandi nomi di cui sopra. Ma per tutto il resto del mondo, la partità si giocherà un gradino sotto sui modelli piccoli, specifici per un settore."

Con dei riflessi anche dal punto di vista delle strategie nazionali: nonostante nomi blasonati come Mistral, l'Europa rischia di rimanere indietro, se non lo è già, ma "dal punto di vista delle politiche industriali dei singoli Paesi è inutile sbandierare sempre un campione nazionale: intelligenza artificiale significa tante cose e potremmo avere tanti campioni un pochino più piccoli. Anche perché un elemento interessante è che se prima ci volevano 10 o 20 anni per vedere come evolveva un settore, qui molto probabilmente lo vedremo nel giro di 2 o 5 anni."

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