Il cloud sa di petrolio. Google rinuncia a progetti specifici di IA per le società petrolifere
di Riccardo Robecchi pubblicata il 22 Maggio 2020, alle 17:01 nel canale Public CloudTutti e tre i principali fornitori di servizi cloud - Amazon, Google, Microsoft - dichiarano pubblicamente il supporto a iniziative "verdi" ma continuano a lavorare con le aziende petrolifere: un problema etico e di opportunità
Il cloud sembra avere un retrogusto di petrolio o, quantomeno, di differenza tra gli annunci pubblici e la pratica. Questo è quanto rivelato da un'indagine condotta da Greenpeace, secondo la quale i tre principali giganti della tecnologia (Amazon, Microsoft e Google) fornirebbero risorse di calcolo alle compagnie petrolifere per arrivare a nuove estrazioni nonostante le promesse pubbliche di maggiore attenzione all'ambiente. Google sarebbe l'unica ad avere preso (in parte) pubblicamente le distanze annunciando che non svilupperà più progetti specifici per l'industria del petrolio e del gas nel campo dell'IA.
Cloud al petrolio? La distanza tra dichiarazioni e realtà
Greenpeace è notoriamente contraria all'utilizzo dei combustibili fossili e da anni conduce campagne per scoraggiare l'apertura di nuove operazioni di estrazione. L'organizzazione punta il dito contro l'industria petrolifera accusandola di non avere alcun interesse a proteggere l'ambiente e più volte si è scontrata (anche fisicamente) con essa.
Quello che emerge dall'inchiesta di Greenpeace è che tutti i principali fornitori di servizi di cloud pubblico sono in qualche modo legati alle compagnie petrolifere. Di per sé questo non appare come un grosso problema: le società che si occupano di estrarre petrolio e gas naturale sono in molti casi attive anche su altri fronti, come quello delle energie rinnovabili.
Il cloud viene però utilizzato dalle compagnie petrolifere per sviluppare soluzioni tecniche che permettono loro di arrivare a nuovi giacimenti, che non sarebbero altrimenti raggiungibili per via del costo o per via del rischio ambientale. Proprio da questa considerazione parte la critica di Greenpeace: perché aziende che proclamano di fare sforzi significativi verso le energie rinnovabili e l'ambiente consentono alle aziende petrolifere di inquinare di più?
I numeri non sono di poco conto. L'esempio principe portato dall'associazione ambientalista è quello di ExxonMobil, che ha un contratto con Microsoft per analizzare i dati provenienti dal Bacino Permiano, in Texas. Microsoft scrive in un caso di studio che "ExxonMobil dovrebbe aumentare la propria produzione di circa 50.000 barili al giorno entro il 2025"; stando ai calcoli di Greenpeace questa cifra sarebbe pari al 5% della produzione complessiva di ExxonMobil nel Bacino; si tratta di una quota quindi quasi marginale della produzione di petrolio, sufficiente però a contare per il 21% delle emissioni annuali di Microsoft secondo i calcoli dell'organizzazione.
La questione è esclusivamente di tipo etico e di opportunità. Greenpeace si domanda: è giusto che Amazon, Google e Microsoft pubblicizzino i loro sforzi verso l'ambiente quando poi continuano a supportare i giganti del petrolio? È corretto non considerare le emissioni causate indirettamente grazie alle loro tecnologie? Il punto è che molti dei calcoli necessari alle grandi aziende petrolifere non sarebbero possibili senza il cloud e le tecnologie messe a disposizione dai tre fornitori. I quali sembrano esserne al corrente, così come sembrano avere chiara la distanza tra le dichiarazioni pubbliche e la pratica.
Tutte e tre le aziende hanno infatti cambiato i propri siti web rinominando le pagine dedicate al settore petrolifero, ora semplicemente denominato "settore energetico", lasciando però in tutti i casi chiari riferimenti all'industria del petrolio.
Google è l'unica ad aver fatto un passo in più nel prendere le distanze dal petrolio: l'azienda ha infatti annunciato che non offrirà più progetti personalizzati di machine learning e intelligenza artificiale alle aziende petrolifere.
Le riserve petrolifere già scoperte sarebbero sufficienti (secondo un rapporto della Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico) a immettere abbastanza carbonio nell'atmosfera da superare i 2 °C entro il 2050: stando a questi dati, investire ulteriormente nella scoperta e nell'estrazione di nuovi giacimenti petroliferi renderebbe impossibile rimanere sotto la soglia di 1,5 °C stabilita dagli accordi di Parigi. Val la pena dunque chiedersi se Amazon, Google e Microsoft vogliano che le proprie "nuvole" siano bianche o toccate dal petrolio.
8 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoIl petrolio non è mica solo carburante...
Bensì la fonte quasi assoluta di tutta la chimica organica di base: pannelli OLED, piastre per schede madri, componenti, grassi e lubrificanti industriali per motori elettrici di qualsiasi tipo, componenti basici di plastiche non riciclabili ma dalla funzione critica, ecc...Attualmente rinunciare al petrolio significa solo ritornare con enorme fretta al carbone e agli scisti bituminosi, se non si vogliono creare le fabbriche oceaniche di olii pesanti da microalghe, di dimensioni continentali, oppure procedere all'ingegnerizzazione del pianeta, e rinunciare alla natura "naturale".
BHGE (General Electric) e C3.ai che nell'agosto del 2019
hanno fatto una società apposita per l'analisi predittiva ai fini
della manutenzione, per gli oggetti intelligenti, e gestione
delle minacce alla sicurezza.
mentre Bandung Institute of Technology e
MHPS Mitsubishi Hitachi Power Systems lo faranno tra poco
per ridurre le emissioni di CO2, sempre tramite IA.
e pure i russi si muovono
Accenture e SAP hanno lanciato una soluzione per le aziende impegnate
nell'esplorazione e nella produzione di petrolio e gas,
sviluppata sulla base di SAP S / 4HANA Cloud.
insomma, i fossili sono morti, viva i fossili.
@noppy1
è meno, dovrebbe essere ~52% visto che
ne importiamo un ~13% di cui, parte, sicuramente è generata dal nucleare
mentre la parte "ecologica" interna, in tutte le sue forme, è il 34.5%
- fonte Terna 2018, per cui le percentuali potrebbero essere differenti
ma, visto il trend, la parte "ecologica" è in riduzione rispetto
al consumato (meno ~10% tranne per la parte dell'idrico che è aumentata)
potrebbe essere anche un 55/58%
infatti bruciarlo sotto forma di benzina ed altri derivati è una cosa estremamente idiota.
è come se si usassero cpu da 1000€ come incudini per forgiare ferri di cavallo.
A livello mondiale se ne utilizza poco più del 2% a fini di produzione elettrica (l'1% negli USA).
A livello mondiale se ne utilizza poco più del 2% a fini di produzione elettrica (l'1% negli USA).
penso che una quantità notevole sia "chimica" (vernici, diserbanti, concimi, plastiche, additivi alimentari ecc), non "combustibile".
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