Cloud e settore sanitario: secondo NetApp c'è bisogno di soluzioni cloud native
di Alberto Falchi pubblicata il 05 Ottobre 2022, alle 12:01 nel canale CloudIl settore medicale sta iniziando a muovere i primi passi sul cloud. Secondo NetApp, l'approccio migliore è quello ibrido, dove data center e risorse sulla nuvola convivono. Inizialmente il cloud nella sanità verrà usato per i backup, e solo successivamente si sposteranno qui i carichi di lavoro
Il settore sanitario è storicamente legato ai suoi data center e solo di recente, con un certo ritardo rispetto ad altri settori, si sta spostando verso il cloud. Ci sono dei motivi precisi per questo ritardo, che vanno ricercati nella necessità di conservare queste informazioni nel rispetto delle leggi, quindi su server posizionati fisicamente in Italia, ed evitando infrastrutture come quelle degli hyperscaler stranieri, che fino a pochissimo tempo fa rappresentavano la maggior parte dei servizi cloud.
Il passaggio verso la nuvola porterà molti vantaggi ma non vanno sottovalutate alcune problematiche, una delle quali è legata alle applicazioni per la diagnostica di immagini medicali, che storicamente sono state sviluppate e ottimizzate per far leva sui data center locali, e non sul cloud.
Diagnostica di immagini nel sanitario: come sta venendo gestito il passaggio al cloud
Da qualche tempo, gli ISV che si occupano di software medicale hanno iniziato a sviluppare applicazioni compatibili con il cloud. Questo significa che possono far leva su risorse disponibili sulla nuvola e cogliere alcuni vantaggi di questo approccio, ma non sfruttare appieno il potenziale della tecnologia. Secondo NetApp, "il software informatico di diagnostica basato nativamente nel cloud richiede più ricerca e sviluppo tecnico, ma sfrutta le vere potenzialità di questa tecnologia. I vantaggi includono scalabilità, flessibilità, archiviazione ottimizzata, accessibilità, dati connessi e livelli di prestazioni coerenti tra i carichi di lavoro, indipendentemente dall'ambiente".
La situazione sta comunque evolvendo e gli ISV stanno iniziando a proporre nuove soluzioni basate sulla filosofia cloud-native.
Un processo in più passaggi
Nella visione di NetApp, il primo step nell'adozione del cloud per le strutture sanitarie sarà quello di iniziare a spostare sulla nuvola i dati di backup. La normativa prevede infatti che vengano effettuate più copie di questi dati estremamente importanti e sensibili, e utilizzare il cloud per salvare le copie di sicurezza è il modo più semplice per iniziare l'adozione della tecnologia, senza stravolgere le attuali applicazioni e i flussi di lavoro. E, allo stesso tempo, ottenendo i primi benefici: spostando le copie di sicurezza sulla nuvola si libera spazio nei data center delle strutture sanitarie e, allo stesso tempo, si garantisce una maggior sicurezza in caso di attacchi informatici, ransomware inclusi.
Il passaggio successivo, invece, sarà quello di spostare anche i carichi di lavoro sul cloud. Secondo NetApp, però, è necessario un supporto da parte di chi eroga i servizi di connettività: "i fornitori di servizi Internet devono adeguarsi rapidamente per supportare pienamente l’ingresso della diagnostica per immagini in questa tecnologia. I provider devono fare in modo che i servizi sanitari possano fare un ulteriore passo nel loro viaggio nel cloud, che comporta un impegno anche maggiore, se ci si approccia a un sistema ibrido".
Secondo NetApp, insomma, il passaggio verso il cloud del settore sanitario prevede necessariamente una fase ibrida, in cui dati e carichi di lavoro convivono in cloud e on-premise.
Solo a questo punto si può pensare di ridurre ulteriormente l'utilizzo dei data center on-premise per sposare il cloud, cogliendone tutti i vantaggi. E che fine faranno i data center? "L'ambiente secondario on-premise serve come piattaforma per i test di failover. Ad esempio, il reparto IT può far eseguire questi ambienti ai medici, in modo che possano individuare le lacune in termini di prestazioni e latenza, prima di riportare rapidamente tutti all'ambiente primario".
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