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Cosa sono e a cosa servono le Self-Driving Network? Ve lo spieghiamo insieme a Kireeti Kompella, CTO di Juniper Networks

di pubblicata il , alle 13:41 nel canale Cloud Cosa sono e a cosa servono le Self-Driving Network? Ve lo spieghiamo insieme a Kireeti Kompella, CTO di Juniper Networks

Abbiamo avuto modo di porre qualche domanda a Kireeti Kompella, CTO di Juniper Networks, che ci ha spiegato come funzionano gli algoritmi di machine learning che sono alla base delle Self-Driving Networks, reti in grado di gestirsi autonomamente.

 

Su Edge9 abbiamo già affrontato il tema della crescente complessità delle infrastrutture di rete, ormai tanto eterogenee ed estese da rendere la gestione manuale praticamente impossibile. Per affrontare il problema, sono state sviluppate numerose soluzioni che permettono di delegare alle macchine una buona fetta del lavoro, sgravando gli amministratori di rete dai compiti più ripetitivi. Il rinnovato interesse nei confronti dell'intelligenza artificiale ha spinto numerose aziende ad applicare anche in questo ambito gli algoritmi di machine learning e le Self-Driving Network di Juniper Networks ne sono un esempio.

Cosa sono le Self Driving Network?

Il termine Self-Driving Network è stato coniato (e registrato come Trademark) da Juniper Networks e si riferisce a una tecnologia che permette di ridurre in maniera sensibile gli interventi degli operatori nella gestione di reti complesse. Juniper arriva a paragonarle alle auto a guida autonoma, dal momento che le Self-Driving Network sono in grado non solo di auto-configurarsi, ma anche di correggere eventuali errori in automatico e di prevedere problemi, intervenendo prima che possano presentarsi agli utenti.

L'obiettivo è quello di aumentare la sicurezza, l'affidabilità e la resilienza della rete, abbassando allo stesso tempo i costi di gestione e permettendo al reparto IT di concentrarsi sull'innovazione, dal momento che possono delegare a un'AI le pratiche più ripetitive e tediose. 

Per capire meglio come funzionano abbiamo intervistato Kireeti Kompella, CTO del team Juniper Engineering

Kireeti Kompella CTO Juniper Network

 

Edge9: Buongiorno Kireeti, potresti spiegarci come Juniper integra gli algoritmi di machine learning nelle Self-Driving Network?

KK: Un esempio è Juniper Healthbot. Sostanzialmente Healthbot nasce come sistema basato su regole: successivamente alcuni aspetti di queste regole sono sostituiti, con il tempo, dall'apprendimento automatico. Una soglia statica, ad esempio, sarà sostituita da una soglia dinamica derivante dal machine learning. Poniamo che la regola dica "quando la CPU raggiunge l’80%, non creare ulteriori sessioni di peering su questo router". La soglia dell’80% è generalmente arbitraria, creata sulla base di "migliori ipotesi" o standard industriali. In questo caso un approccio basato sull'apprendimento automatico direbbe: "osserviamo il livello della CPU per alcune settimane e determiniamo un valore soglia". Lo stesso approccio si può applicare ad altre soglie, come l’ampiezza di banda della porta e la latenza.

Juniper Healthbot

Edge9: Quali operazioni possono essere affidate con ragionevole sicurezza a una AI e quali, invece, vanno ancora gestite da persone reali?

KK: Anziché distinguere le attività tra quelle che possono essere gestite dall'uomo e quelle che possono essere gestite dall'AI, esistono molti modi per creare combinazioni uomo-macchina cooperative. Forse, il più pragmatico consiste nel fatto che la macchina analizza una grande quantità di dati, riassume la situazione e offre varie raccomandazioni tra le quali l’operatore umano può scegliere. La macchina può quindi apprendere e, nelle successive occasioni, restringere il campo delle scelte. Un approccio meno ambiguo è quello in cui la macchina offre solo l’analisi: ad esempio una macchina può analizzare un log di 10.000 allarmi e raccomandare di concentrarsi su cinque. L’uomo può quindi essere d’accordo con l’analisi, oppure aggiungere o sottrarre suggerimenti e la macchina a sua volta impara come comportarsi in futuro.

Edge9: Quanto inciderà l'arrivo del 5G sulla diffusione di tecnologie come NFV e SDN?

KK: Le reti 5G rappresentano un progresso sia qualitativo sia quantitativo rispetto alle attuali reti 4G/LTE. Per gestire questa nuova situazione gli operatori avranno bisogno di tutto l’aiuto possibile. Parliamo di tecnologie come SDN (Software Defined Network), NFV (Network Function Virtualization), automazione e Self-Driving Network. L’agilità della rete e i nuovi servizi porteranno a una maggiore implementazione di SDN e NFV, mentre le necessità di crescita e di slicing determineranno il bisogno di maggiore automazione. In particolare, le minacce per la sicurezza nelle reti IoT creeranno la necessità di nuovi approcci, come le analitiche comportamentali e il maggior uso di tecnologie basate sul machine learning. Le Self Driving Network e le Self Defending Network avranno un ruolo cruciale nella gestione e protezione delle reti 5G.

Edge9: Credi che le SDN e in generale l'AI porteranno a un cambiamento nei reparti IT delle aziende? Quali saranno le competenze richieste ai responsabili man mano che gli algoritmi di AI prenderanno piede? 

KK: Senz'altro. Le tecnologie necessarie per gestire, proteggere e utilizzare in modo ottimale le nuove funzioni rese possibili dai progressi della tecnologia di rete (5G compreso) richiederanno nuove competenze. Tra queste si possono annoverare la capacità di fondere esperienza nella gestione delle reti attuali con le conoscenze di scripting e automazione e la conoscenza di come controllare i metodi e le funzioni di AI e ML. Ci aspettiamo una fase piuttosto lunga di cooperazione uomo-macchina, dovuta sia alla presenza di apparati di rete legacy, sia al tempo necessario per adattarsi alle nuove tecnologie; è per questo che prevediamo la necessità di unire esperienze attuali e nuove competenze. Servirà inoltre creatività nella definizione dei servizi e “contaminazione” in risposta alle aspettative dei clienti e alla pressione competitiva. Per i team degli operatori di rete l’ideale è usare questo periodo di transizione per costruire le nuove competenze e creare un nuovo tipo di focus sul cliente. Altrettanto importante è un cambio di atteggiamento dall'attuale approccio reattivo a uno più proattivo, così da anticipare possibili problemi o richieste del cliente.

 

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