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Il settore finanziario investe sulla conformità, ma i budget sono bassi e le competenze scarseggiano. L'analisi di Cetif

di pubblicata il , alle 12:35 nel canale Innovazione Il settore finanziario investe sulla conformità, ma i budget sono bassi e le competenze scarseggiano. L'analisi di Cetif

Il settore bancario è in ritardo sul tema della digital compliance. La maggior parte delle imprese non ha ancora un dipartimento dedicato e investe troppo poco. Pesa anche la carenza di competenze digitali

 

La compliance (la conformità normativa) è un tema caldo per le imprese che operano nel settore finanziario, che deve rispettare obblighi e regolamentazioni più severi rispetto ad altri. Recentemente, per esempio, è entrato in vigore il nuovo regolamento europeo DORA, che si applica proprio alle imprese che operano nel settore bancario, finanziario e assicurativo. 

Secondo lo studio “Digital Compliance for Banking HUB” di Cetif Research, realizzato in collaborazione con Avantage Reply, il 40% delle imprese del settore ha già attivato una divisione specializzata nella conformità, più precisamente alla digital compliace (che potremmo tradurre con conformità digitale) mentre il 50% sta lavorando per implementarla. Progetti che però sembrano messi in piedi per rincorrere le norme, invece di fare parte integrante dei piani strategici aziendali.

Conformità normativa nel settore finanziario: serve un cambio culturale

Come evidenzia l'analisi di Cetif Research e Advantage Reply, il 60% delle realtà che operano nel settore finanziario non investe abbastanza per migliorare la conformità digitale. Non solo, come detto, gli attuali piani non sono parte integrante dei piani aziendali a medio e lungo termine, ma anche il coinvolgimento del personale è limitato.

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Secondo lo studio, infatti, le risorse dedicate alla gestione della funzione generale della conformità riguardano in media solo l’1,2% del personale. Anche i budget sono limitati: nonostante le risorse economiche destinate alla digital compliance siano aumentate in media del 5% rispetto al precedente anno, rappresentano ancora una piccola parte (32%) dell'intero budget allocato per la conformità normativa generica.

competenze compliance

L'aspetto più preoccupante, però, è la scarsità di personale dotato di competenze digitali evolute, figure come data analyst e data scientist. In media, solamene il 9% di chi opera nei reparti dedicati alla conformità digitale ha maturato queste competenze. Fatto che inevitabilmente rallenta l'adozione di tecnologie evolute come l'intelligenza artificiale, che non solo permetterebbe di migliorare la qualità e l'efficacia dei controlli, ma permetterebbe anche di potenziare le attività di prevenzione delle frodi. 

La colpa non è (sempre) della burocrazia

Come già sottolineato nella news dedicata al regolamento DORA, molte imprese operanti nel settore finanziario sono arrivate tardi all'appuntamento con l'entrata in vigore della norma. E, come conferma anche questo rapporto, non è solo colpa di decreti attuativi arrivati tardi o regolamenti troppo complessi. Non ci sono dubbi che la burocrazia del Vecchio Continente rappresenti spesso un ostacolo all'innovazione, oltre che un costo per le imprese, ma in questo caso è evidente come i ritardi siano dovuti anche a una certa inerzia da parte del management, che non ha investito a tempo debito in formazione e tecnologie. 

competenze compliance

Il problema non è solamente quello normativo: ritardando l'introduzione di nuove tecnologie digitali, a tutti gli effetti si rallenta anche il ritmo dell'innovazione. "Le evidenze [sic] finora raccolte, sia in termini di progetti avviati che di iniziative in corso di valutazione, fanno emergere una comprensione ancora parziale di quello che può e deve essere il vantaggio competitivo portato dal nuovo approccio e dalle nuove tecnologie”, commenta Paolo Fabris, Partner di Avantage Reply. "Da un lato infatti è indispensabile far percepire il valore aggiunto che la compliance dovrà e potrà fornire, trasformandola da centro di costo in centro di ricavo. Dall’altra parte è parimenti indispensabile che le valutazioni in merito alle nuove tecnologie legate all’IA, sia essa generativa o machine learning, siano basate su un effettivo e completo business case comprensivo dei potenziali ricavi e non focalizzato esclusivamente sui costi cessanti derivanti dalla riduzione dell’effort umano associato a una certa attività. Tale approccio infatti era sufficiente (anche se comunque parziale) nel momento in cui si valutavano soluzioni più semplici, per esempio di robotica, ma non coglie in alcun modo gli innumerevoli vantaggi che sono alla portata di mano grazie alle nuove tecnologie”.

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