L'Italia è al 9° posto per la ricerca sull'intelligenza artificiale. L'adozione fra le aziende, però, deve accelerare
di Alberto Falchi pubblicata il 26 Luglio 2022, alle 12:51 nel canale InnovazioneL'Italia è nella top ten dei Paesi che producono più paper scientifici sull'IA ma l'adozione nelle aziende procede a rilento. Il problema? Le competenze, che però si stanno formando. Secondo il fondatore di Indigo.ai è solo una questione di tempo
Una delle tecnologie che più sta avendo impatto sul mondo business è quella dell'intelligenza artificiale, che sta trasformando profondamente vari settori. Trattandosi di un argomento di frontiera, è anche uno degli ambiti in cui si concentra la ricerca: in cinque anni, i dieci Paesi più attivi sulla ricerca in questo ambito hanno prodotto più di un milione di paper scientifici. L'Italia, forse inaspettatamente, è fra questi: precisamente al nono posto, grazie ai 45.000 paper prodotti. La Cina, leader sotto questo profilo, ha raggiunto quota 318.000 paper, seguita dagli USA con 275.000.
Sempre più ricerca sull'IA, ma l'adozione procede a rilento
Nonostante l'enorme fermento nel mondo della ricerca per le applicazioni concrete dell'IA, come gli assistenti virtuali, l'adozione non è rapida come si ci può aspettare. Sempre più aziende, sia enterprise sia PMI, stanno sperimentando servizi che fanno leva sull'intelligenza artificiale ma, a quanto indica un report di Eurostat, c'è ancora molto da fare, in particolare in Europa, dove a oggi solo il 20% della aziende sfrutta l'IA al suo interno.
Colpisce ancora di più la penetrazione in Italia, dove solo il 6% delle realtà ha adottato l'IA, nonostante il Bel Paese sia estremamente attivo sotto il profilo della ricerca in questo ambito. Secondo una ricerca di Assintel, però, è solo questione di tempo e il nostro Paese ha enormi potenzialità di crescita e, alla fine del 2023, il mercato italiano dell'IA avrà un valore di 1,4 miliardi di euro, contro gli 860 milioni del 2021.
Il problema? Le competenze! La visione di Indigo.ai
Secondo Gianluca Maruzzella, Co-founder & CEO di Indigo.ai, il problema è sempre il solito: la carenza di competenze specifiche. "Da un lato [abbiamo] un mercato in fermento, dall’altro un’evidente problematicità nella messa a terra da parte delle imprese, probabilmente legata alla comprensibile difficoltà di stare al passo con la rapidità di evoluzione che caratterizza questa tecnologia", spiega Maruzzella.
Il punto, secondo il fondatore di Indigo.ai, è che prima di adottare una nuova tecnologia le imprese devono comprenderne i benefici concreti ma spesso "è un tipo di informazione a cui non hanno accesso". Come dire: non bastano i proclami pubblicitari e ci vuole qualcuno che sia in grado di supportare le imprese concretamente, adottando l'IA per snellire le procedure, portare maggiore efficienza, supportare i processi decisionali facendo leva sui dati. "Mancano delle figure professionali che possano cogliere questi vantaggi", afferma Maruzzella, e queste figure sono i data scientist.
Ma quanti sono i data scientist in Italia? L’Osservatorio del Politecnico di Milano non specifica un numero preciso, limitandosi a sottolineare che sono incrementati del 28% nel 2021. Ma ancora, non basta perché è un dato relativo prevalentemente alle grandi aziende. La metà di queste (il 49% per la precisione) ne ha almeno uno in organico, e il 59% di avvale di almeno un data engineer. Queste figure, però, sono quasi assenti nelle PMI. "Da operatori del settore, noi di Indigo.ai possiamo dire che si tratta solo di una questione di tempo: l’accelerazione del mercato e l’aumento delle sperimentazioni richiedono nuove competenze che ad oggi sono in formazione. Infatti stanno aumentando anche in Italia – forse non abbastanza velocemente! – i corsi universitari specificamente dedicati a formare questo tipo di professionisti che presto verranno immessi nel mondo del lavoro", sottolinea Maruzzella, che conclude con ottimismo: "Il futuro Data Scientist sarà in grado di comprendere che l’intelligenza artificiale è come l’elettricità. Pervasiva, onnipresente nelle nostre vite, eppure la maggior parte di noi non è in grado di spiegare esattamente cosa sia e come funzioni, anche se la utilizziamo tutti i giorni".
10 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infono, il problema è l'utilità
mi ha stupito invece "in Europa, dove a oggi solo il 20% della aziende sfrutta l'IA al suo interno.". a me sembra una bella cifra per una tecnologia nonostante tutto acerba e al più utilizzata per ambiti grafici come l'ottimizzazione delle foto degli smartphone
L'Italia è nella top ten dei Paesi che producono più paper scientifici sull'IA ma l'adozione nelle aziende procede a rilento. Il problema? Le competenze, che però si stanno formando. Secondo il fondatore di Indigo.ai è solo una questione di tempo
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Competenze?
Blake Lemoine attende a braccia aperte
ma difatti l'AI nel senso giusto del termine ha un ristrettissimo numero di applicazioni in cui serva davvero
ma come al solito con questo genere di novità è invece diventato un termine di marketing cavalcato da molti che stanno già usando su aspirapolveri e condizionatori
un po come prima
GREEN
SOSTENIBILITA
BIO
SOLIDALE
OLIO DI PALMA
ma come al solito con questo genere di novità è invece diventato un termine di marketing cavalcato da molti che stanno già usando su aspirapolveri e condizionatori
un po come prima
GREEN
SOSTENIBILITA
BIO
SOLIDALE
OLIO DI PALMA
perdonami la schiettezza ma non penso nè te e nè io possiamo arrivare a tali conclusioni. su questo sito è stato postato questa cosa fantascientifica per esempio(dai commenti all'articolo deduco lo hai già letto):
https://www.hwupgrade.it/news/scien...ici_107477.html
da ignorante mi immagino l'IA possa sconvolgere il mondo del lavoro in meglio
ed allora certe risposte sono incomprensibili.
quelli di voi che usano software di editing si rendono conto del salto epocale che ha garantito l'AI e l'accelerazione con GPU di questi algoritmi.
è un salto paragonabile all'introduzione della metafora del desktop e del 32bit, a metà anni 80 i computer di 5 anni prima sembravano oggetti da museo. cioè nel mio piccolo io mi ricordo il mio Amiga e i C64 dei miei amici erano diventati imbarazzanti.
oggi è uguale con l'AI. ma chi allarga più le immagini senza l'AI, e poi genericamente chi elimina il rumore dai dati senza l'AI. è una rivoluzione allucinante.
Per una delle prime 7 nazioni industrializzate ? Anche no !
L'AI andrebbe valutata per utilizzi concreti e con apporti significativi e indispensabili, non le finezze.
Quindi ambito informatico, militare e industriale, oltre che per la guida autonoma.
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