Oracle contro Red Hat: Linux deve rimanere una piattaforma aperta

Oracle contro Red Hat: Linux deve rimanere una piattaforma aperta

Oracle si scaglia pubblicamente contro Red Hat con un lungo articolo in cui attacca l'azienda da cui ha finora preso i sorgenti per realizzare la propria distribuzione Linux, Oracle Linux

di pubblicata il , alle 17:51 nel canale Innovazione
OracleRed HatLinuxOpen Source
 

L’annuncio che Red Hat non pubblicherà più i sorgenti di Red Hat Enterprise Linux (RHEL), probabilmente la distribuzione più nota e usata a livello aziendale, ha fatto molto scalpore nel mondo Linux, con reazioni sia di supporto sia di (forte) opposizione. A entrare nell’arena è ora Oracle, che offre da anni Oracle Unbreakable Linux, derivata da RHEL. L’azienda fondata da Larry Ellison ha pubblicato un lungo comunicato in cui afferma che “non possiamo permetterci che Linux diventi una piattaforma chiusa” e attacca frontalmente Red Hat per la sua scelta.

Oracle attacca Red Hat per la chiusura dei sorgenti di RHEL

In un lungo articolo pubblicato sul suo blog, Oracle ha attaccato direttamente la scelta di Red Hat di chiudere i sorgenti di RHEL. L’azienda scrive che "nel 2006 abbiamo lanciato quella che ora si chiama Oracle Linux, una distribuzione compatibile con RHEL […]. Abbiamo deciso di essere compatibili con RHEL perché non volevamo frammentare la comunità Linux. Il nostro sforzo di rimanere compatibili ha avuto un successo enorme. […] I clienti e gli ISV possono passare a Oracle Linux da RHEL senza modificare le applicazioni, e certifichiamo i prodotti software Oracle su RHEL anche se sono costruiti e testati solo su Oracle Linux, mai su RHEL.”

“Sebbene Oracle e IBM [non Red Hat, ma IBM: una scelta comunicativa interessante, NdR] abbiano distribuzioni Linux compatibili, abbiamo idee molto diverse sulle nostre responsabilità come sostenitori dell’open source e sull’operare sotto la [licenza] GPLv2. Oracle ha sempre reso i binari e i sorgenti di Oracle Linux liberamente disponibili a chiunque. Non abbiamo accordi di abbonamento che interferiscono con i diritti degli abbonati di ridistribuire Oracle Linux. Dall’altro lato, gli accordi di abbonamento di IBM specificano che si è in violazione degli stessi se si usano tali servizi in abbonamento per esercitare i propri diritti secondo la GPLv2.”

Sebbene tutto ciò sia vero, ci sono da fare alcune precisazioni molto importanti. Oracle Linux non è una distribuzione creata ex novo e resa compatibile con RHEL, ma è di fatto RHEL con un altro nome. Oracle non ha finora fatto altro che prendere i sorgenti di RHEL, eliminare i riferimenti ai marchi di Red Hat e redistribuire il risultato come Oracle Linux, con qualche aggiunta relativamente minore come un kernel differente. Al netto dei contributi comunque significativi di Oracle al mondo Linux, nel caso specifico della creazione della distribuzione e della stragrande maggioranza del software in essa contenuto virtualmente tutto il lavoro di sviluppo, però, è sempre stato fatto da Red Hat; Oracle Linux non è che un clone di RHEL, esattamente come CentOS, AlmaLinux e Rocky Linux.

Ciò non costituisce un problema, perché la possibilità di offrire cloni e derivate è uno dei punti di forza (ma anche di debolezza!) dell’open source; il problema sta nel modo in cui Oracle ha scritto il comunicato, tale da far sembrare che ci sia un significativo lavoro di sviluppo di funzionalità in un progetto originale e creato da zero per mantenere la compatibilità con RHEL. L’azienda scrive che “in passato, l’accesso ai sorgenti pubblici di RHEL è stato importante per mantenere la compatibilità”. È certamente vero, ma viene omesso un importante dettaglio: senza i sorgenti pubblici di RHEL, Oracle Linux semplicemente non esisterebbe, almeno non nella sua forma attuale.

Gestire una comunità open source è (molto) difficile

L’azienda conclude scrivendo una nota agli ISV in cui afferma che “le azioni di IBM non sono nel vostro migliore interesse" e con una a IBM: “dite che non volete pagare tutti quegli sviluppatori di RHEL? Ecco un modo per risparmiare: prendete [i sorgenti] da noi. Diventate un distributore downstream [ovvero, che deriva il proprio codice da un progetto terzo, esattamente come Oracle Linux è downstream rispetto a RHEL, NdR] di Oracle Linux. Ci accolleremo volentieri questo peso.”

Si tratta di affermazioni molto forti, che sarà interessante vedere quanto si realizzeranno negli anni a venire: Oracle Linux diventerà una derivata, anziché un clone, di RHEL prendendo una propria direzione indipendente? Gli investimenti per un progetto del genere sono molto significativi, in particolare quando si opera in ambito enterprise. Le sfide di un tale progetto sono molto difficili da superare.

C’è poi un ulteriore aspetto da considerare. L’ironia della situazione non sfuggirà a molti appassionati del mondo open source, visti i risultati tutt’altro che rosei nella gestione delle comunità open source da parte di Oracle. Dopo l’acquisizione di Sun, Oracle si trovò con molteplici progetti open source con comunità vive e attive: OpenSolaris, OpenOffice, MySQL, OpenSPARC, Hudson/Jenkins… OpenSolaris è morto poco dopo l’acquisizione di Oracle, e il testimone è passato a Illumos. OpenOffice è stato ceduto alla Apache Foundation anni dopo l’acquisizione, perché i piani di Oracle portarono la comunità a fondare LibreOffice e spostarvisi in massa. MySQL ha perso una parte consistente della comunità, che si è frammentata e una cui porzione significativa si è spostata verso MariaDB. OpenSPARC è morto. Jenkins è nato perché Oracle ha deciso di registrare il marchio Hudson e di non permetterne l’uso alla comunità.

Alla luce di ciò, l’attacco a Red Hat appare dunque molto significativo e porta a considerare ancora una volta l’eterno problema della gestione dei progetti open source in maniera equilibrata da parte delle grandi aziende orientate a estrarre il massimo profitto da ogni proprio prodotto. Non sempre è facile ottenere questo equilibrio, come dimostra questa storia.

9 Commenti
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acerbo13 Luglio 2023, 19:20 #1
é oracle contro ibm per essere precisi, ossia il bue che dice cornuto all'asino. Hanno dimenticato la mutazione delle licenze java a quanto pare.
r134813 Luglio 2023, 20:03 #2
Dopo quello che ha combinato con OpenOffice, VirtualBox e Java, Oracle dovrebbe solo tacere.
xarz313 Luglio 2023, 21:44 #3
Che figura Oracle, dopo tutto quello che ha fatto negli anni, da Java a OpenOffice , BerkeleyDB e quant altro... Ma le risorse umane si rendono conto di quello che scrivono oppure è un maldestro tentativo di "rifarsi una verginità" agli occhi dell'opinione pubblica?
joe4th14 Luglio 2023, 00:14 #4
Volendo, anche loro potrebbero aprire il loro DBMS e renderlo opensource...

k0nt314 Luglio 2023, 07:38 #5
Qualcuno ha detto MySql? Concordo con i commenti sopra, però penso anche che RedHat stia sbagliando strada, il loro business non è più sostenibile e fanno fatica ad adattarsi.
WOPR@Norad14 Luglio 2023, 11:40 #6
Seeeeeeeeeeee, adesso si scoprono paladini del free software... rilasciate il vostro database sotto gpl3 e poi ne riparliamo
Max Power14 Luglio 2023, 16:13 #7
In sintesi: scemo e più scemo.
zbear15 Luglio 2023, 14:37 #8

Oracle, CACCIA LA GRANA!!!

Oracle, CACCIA LA GRANA!!! Non puoi sempre andare a sbafo, SPECIALMENTE dopo quello che hai combinato con i software presi da SUN .....
nicola_86_nick18 Luglio 2023, 10:45 #9
Allora, premesso che Oracle è.... Oracle (non sto a elencare e commentare quello che ha fatto nei decenni), il succo di quello che dice (leggetevi la nota originale in inglese, non il riassunto in italiano) è corretto, quello che sta facendo IBM con RedHat è una porcata vera e propria (oltre che non so se completamente lecita, è codice GPL, ci sono dei limiti.

Detto questo, capisco che RedHat/IBM veda margini più bassi, ma è cosi in tutto il mondo e in tanti settori, bisogna adattarsi.
Io vedo sbagliato scaricare sugli altri ogni tua mancanza/calo del fatturato. Non puoi alzare i prezzi o mettere in abbonamento solo perchè non ci guadagni più come prima, tante volte dovresti farti una analisi interna e vedere che non ci siano "buchi" interni. Come tutte le multinazionali, negli anni d'oro hanno fatto assunzioni su assunzioni e con profili alti, ora che cala il fatturato ma i costi sono fissi, fanno fatica. I layoff non sono mai cosa buona e non andrebbero fatti, forse andrebbe gestito meglio il gioco delle assunzioni (beh si, è diventato un gioco).

E parlo perchè ho partecipato a questo gioco, recruitment amazon AWS a milano nel marzo 2019, grazie a dio ho rifiutato l'offerta per Dublino, tra covid e layoff mi sarei pentito amaramente.

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