Per rilanciare il Paese serve politica industriale del digitale. Lo studio di Microsoft e The European House – Ambrosetti

Per rilanciare il Paese serve politica industriale del digitale. Lo studio di Microsoft e The European House – Ambrosetti

Se le aziende ICT italiane avessero un fatturato medio pari a quello delle imprese tedesche, l’Italia generebbe 249 miliardi di Euro di PIL in più. Ma bisogna accelerare su competenze dei lavoratori e sulla digitalizzazione, oltre che procedere decisi con il PNRR

di pubblicata il , alle 16:01 nel canale Innovazione
Microsoft
 

L'Italia, come purtroppo abbiamo avuto modo di sottolineare più volte, è ancora indietro alla media UE sotto il profilo dell'adozione del digitale. Secondo lo studio “Next Generation DigITALY: come promuovere l’integrazione e lo sviluppo di un ecosistema digitale per accelerare l’innovazione e la crescita del Paese”, realizzato da The European House – Ambrosetti con la collaborazione di Microsoft Italia, questo problema nasce dal fatto che il Bel Paese non ha mai sviluppato una strategia di politica industriale specifica legata al digitale, che ora diventa necessaria.

Gli ostacoli allo sviluppo del digitale in Italia

La ricerca di The European House – Ambrosetti  e Microsoft, basata su elaborazioni di database nazionali, europei e internazionali, oltre che su interviste a 127 aziende italiane, parte individuando i freni alla digitalizzazione del Paese. Il principale? La mancanza di cultura digitale all'interno delle aziende, seguito da vicino dalla carenza di competenze. Niente di nuovo, insomma: sono anni che si insiste su questi temi, con Microsoft che è fra i principali sostenitori della necessità di cambiare l'approccio. Un sostegno non solo a parole, dato che ha messo sul piatto 1,5 miliardi di euro per il piano Ambizione Italia, che si propone di ridurre lo skill gab e formare sempre più persone all'utilizzo del digitale. 

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Altre problematiche, di minore impatto, solo un'incertezza sul ritorno degli investimenti sul digitale, la mancanza di agevolazioni o di infrastrutture adeguate, la complessità nel trovare fornitori di tecnologie. C'è anche un 4% di intervistati che ritiene di "scarsa utilità" il digitale. Una percentuale poco significativa, ma che fa riflettere: come è possibile che nel 2022 ci siano ancora imprese che considerano il digitale poco utile? La risposta, in realtà, non stupisce se si considera che il 44% delle piccole aziende italiane mostra una totale assenza di utilizzo di tecnologie digitali. 

Le competenze digitali: basterebbero anche quelle di base

Quando si parla di competenze digitali si va a pensare subito a sviluppatori, esperti di architetture di rete, di intelligenza artificiale, robotica, cybersecurity. La realtà è che, secondo la ricerca, mancano proprio le competenze di base: saper usare suite come Office, muoversi agevolmente su Internet. 

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Conoscenze che mancano a troppi lavoratori italiani, tanto che il nostro Paese è il terzultimo in Europa per il capitale umano digitale, secondo il Digital Economy and Society Index della Commissione Europea. Per inquadrare la situazione, basti sapere che entro il 2026 serviranno 2,1 milioni di lavoratori con competenze digitali basilari per coprire le esigenze del mondo business. Per raggiungere gli obiettivi fissato dall'UE per il 2030, che prevedono che l'80% dei cittadini abbiano competenze digitali, il passo è ancora più lungo: in Italia bisognerebbe formare, in 8 anni, 20,1 milioni di cittadini.

Non mancano piani e investimenti sotto questo profilo, fra cui il già citato Ambizione Italia, ma la crescita è lenta e, andando a questo passo, nel 2026 mancheranno ancora 1,25 milioni di lavoratori dotati di competenze digitali, mentre nel 2030 saranno circa 18,5 milioni a non avere ancora le capacità minime in ambito digitale. Non consola il fatto che l'Italia sia ultima in Europa per il numero di iscritti a corsi di studio ICT (in rapporto alla popolazione).

Le soluzioni secondo Microsoft e The European House - Ambrosetti

Sotto il profilo digitale, insomma, l'Italia deve correre velocemente se vuole riuscire a colmare il divario con gli altri Paesi europei, fatto che trainerebbe il PIL: secondo lo studio, se le aziende ICT italiane avessero un fatturato medio pari a quello delle aziende tedesche, l’Italia generebbe 249 miliardi di Euro di PIL in più, pari al 14% del PIL del 2021.

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Cosa fare per accelerare la digitalizzazione? Tre gli interventi considerati chiave. Spingere il gas sulla formazione digitale, prima di tutto. Ma è necessaria anche una politica industriale specifica per il digitale, per aiutare le aziende ad adottarlo e a crescere dato che, sempre secondo lo studio "il principale impatto del digitale sia quello di favorire innovazione di prodotto o di processo (73% dei rispondenti) e ricerca e sviluppo (67%)".

Infine, The European House - Ambrosetti e Microsoft concordano sull'importanza di portare avanti i progetti del PNRR, che rappresenta un'opportunità unica per la digitalizzazione del Paese. Una visione condivisa dall'85% delle aziende prese a campione per il sondaggio. 

L’Italia del digitale mostra un ritardo da colmare rispetto ai competitor europei su almeno altre tre direttrici”, dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti. “Il primo è quello delle competenze digitali, dove il Paese emerge come uno dei più deboli in Europa, classificandosi terzultima in UE nella componente del capitale umano digitale del DESI (Digital Economy and Society Index) della Commissione Europea. Il secondo è relativo al comparto ICT privato, che risulta più frammentato e caratterizzato da aziende medio piccole e poco attrezzate per la crescita internazionale e l’attrattività dei talenti. Infine, l’Italia mostra un basso livello di integrazione digitale nel comparto produttivo, soprattutto per quanto riguarda le PMI: se, infatti, le aziende più grandi del Paese hanno già colmato il gap digitale (grazie anche alle iniziative a supporto messe in campo negli ultimi anni e rifinanziate dal PNRR), le aziende di più piccole dimensioni mostrano livelli di adozione del digitale ancora troppo bassi rispetto al panorama competitivo internazionale”.

Il digitale è una forza di crescita e sviluppo, sostenibile e inclusivo, per il nostro Paese. In particolare oggi, in una fase in cui, anche grazie agli investimenti e azioni del PNRR, possiamo colmare il gap di innovazione con altre nazioni e sfruttare tutte le leve che la tecnologia offre ad imprese e Pubblica Amministrazione per modernizzarsi e affrontare le nuove sfide globali. Con questo studio abbiamo identificato tre aree di azione chiare. Lo sviluppo di competenze digitali, per favorire un’occupazione qualificata e allargare i benefici del digitale ai cittadini, favorendo allo stesso tempo l’innovazione di imprese pubbliche e private, la promozione di ecosistemi digitali per accelerare la digitalizzazione delle PMI e portare un contributo significativo alla crescita economica italiana”, ha commentato Silvia Candiani, Amministratore Delegato di Microsoft Italia

1 Commenti
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ugo7306 Settembre 2022, 02:27 #1
Le aziende più piccole lo farebbero ma se manca la FTTH il resto è utopia. Ormai lavorare in cloud è più comodo che comprarsi un server. Anche la semplice contabilità tenerla in cloud è molto più conveniente. Si pensi agli aggiornamenti che non devi aspettare il CD, fare il backup prima di installare l'aggiornamento, seguire le istruzioni di conversione degli archivi e interrompere l'attività anche per due ore le ultime volte il processo durava più o meno 2 ore contro le 4 ore da quando ho iniziato, senza contare sul responsabilizzare un dipendente di tutto ciò. Ve lo dico da tale quando gli aggiornamenti arrivavano su dischetti Unix dove prima di installarli dovevi controllare l'integrità di una cinquantina di dischetti e perdere le notti.
Ugo

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