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SFSCON 2024: la sostenibilità ambientale passa anche dal software. Il progetto OptGreen di Kde Eco
di Redazione pubblicata il 04 Novembre 2024, alle 10:31 nel canale InnovazioneButtare i vecchi dispositivi solo perché non più aggiornati? Una follia per l'ambiente, secondo Joseph P. De Veaugh-Geiss, community manager del progetto KDE Eco di KDE e.V. Che in occasione di SFSCON 2024 terrà una sessione su come utilizzare software open source per dare nuova vita a vecchi computer
L’8 e il 9 novembre NOI Techpark, il parco scientifico tecnologico di Bolzano, ospiterà la South Tyrol Free Software Conference (SFSCON), un evento interamente dedicato al free software e aperto al pubblico. Una manifestazione che Edge9 segue dal 2019 e alla quale parteciperà anche quest’anno, non solo in qualità di testata giornalistica, ma anche con la moderazione di una delle track, che sarà affidata a Vittorio Manti. Numerosissimi gli interventi che si susseguiranno nei due giorni, fra cui quello di Joseph P. De Veaugh-Geiss, community manager del progetto KDE Eco di KDE e.V., l’associazione no-profit che rappresenta il progetto KDE relativamente agli aspetti finanziari e legali.
In occasione di SFSCON 2024, De Veaugh-Geiss farà una presentazione intitolata “Opt out? Opt in? Opt Green! Bringing Free Software To Eco-Consumers” dove parlerà dell’iniziativa OptGreen di KDE Eco. Abbiamo avuto modo di intervistarlo per avere qualche anticipazione su quello che presenterà.
Chi vuole approfondire il discorso potrà seguire la presentazione di De Veaugh-Geiss l’8 novembre, al NOI Techpark, alle 11:20, nell’ambito di SFSCON 2024. Il programma della due giorni, fittissimo di eventi, è disponibile a questo indirizzo.
L’iniziativa KDE Eco
KDE Eco è un’iniziativa avviata nel 2021 che si pone l’obiettivo di implementare e sensibilizzare sui criteri del Blue Angel per certificare il software per desktop dal punto di vista dell’impatto ambientale. Con “criteri allineati ai valori del mondo free software”, spiega De Veaugh-Geiss, quindi trasparenza e autonomia. Fra le prime iniziative il progetto Blue Angel for Foss, che aveva lo scopo di far partire la discussione sul tema della certificazione ambientale del software, raccogliendo i feedback dei portatori di interesse sui criteri di sostenibilità scelti e su come applicarli al mondo del free software.
A due anni dal lancio, questo progetto è stato chiuso e si è evoluto in OptGreen, Sustainable Software for Sustainable Hardware. “L’idea è quella di utilizzare i criteri Blue Angel [la prima Eco label al mondo, nata in Germania NdR] come benchmark e incoraggiare l’utilizzo a lungo termine dell’hardware, appoggiandosi al free software”, afferma De Veaugh-Geiss. Il concetto è semplice da comprendere: oggi molti dispositivi perfettamente funzionanti sono sostituiti o rimangono inutilizzati perché nuove versioni del software li rendono obsoleti. Pensiamo ai tanti computer che non possiedono i requisiti per installare Windows 10/11: in molti casi, sono sufficientemente potenti per una serie di operazioni, come il lavoro da ufficio, la navigazione web, l’utilizzo di servizi online. Il fatto che Microsoft abbia abbandonato il supporto a Windows 7 (e a ottobre 2025 anche quello per Windows 19), però, significa che queste macchine non vengono più aggiornate con patch di sicurezza. In pratica, sono vulnerabili a una serie di attacchi informatici.
Sostituire macchine perfettamente funzionanti solo per via del software obsoleto, però, è uno spreco in termini energetici, che porta a emettere tonnellate di CO2 in ambiente che potrebbero essere evitate semplicemente sfruttando software open source. Tipicamente, una delle distribuzioni del sistema operativo Linux.
De Veaugh-Geiss fa il paragone con il diritto alla riparazione, recentemente stabilito anche dalle norme UE: poter installare il software che si desidera, e modificarlo adeguandolo alle proprie necessità grazie alla disponibilità dei sorgenti, in ottica open source, permette a tutti gli effetti di aumentare il ciclo di vita dei dispositivi hardware, contribuendo alla riduzione dei rifiuti elettronici, che sono tra l’altro molto inquinanti e difficili da smaltire adeguatamente.
In altre parole, si tratta di quella “device neutrality” che, per esempio, ha dato origine a progetti di una certa rilevanza della Free Software Foundation Europe, come si può leggere qui.
Hardware vecchio ed efficienza
Se da un lato evitare di gettare in discarica il vecchio hardware e continuare a utilizzarlo è un beneficio per l’ambiente, c’è anche da dire che il nuovo hardware è solitamente più efficiente dal punto di vista energetico, ed è quindi in grado di svolgere le stesse operazioni consumando meno energia. E qui si pone un dilemma: dove si trova il giusto equilibrio? Una considerazione che fa De Veaugh-Geiss è quella delle emissioni di CO2 associate alla produzione di nuovo hardware: sono talmente elevate che raramente la maggiore efficienza giustifica la sostituzione, per lo meno dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente.
“C’è uno studio di un’Università svizzera che prende in esame proprio le emissioni associate alla produzione di nuovi dispositivi: oltre il 75% delle emissioni nel ciclo di vita completo è dovuto alla produzione”, non al suo utilizzo. Insomma, la quantità di CO2 generata durante la produzione è enormemente superiore a quella generata dall’utilizzo, nell’ambito ICT. Secondo altri studi citati da De Veaugh-Geiss, fra cui uno condotto dalla German Environment Agency (in tedesco), se anche si avesse un miglioramento dell’efficienza energetica del 10% ogni anno, sarebbero comunque necessari 30 anni prima che abbia senso dismettere completamente un dispositivo, sempre parlando in termini di impatto ambientale. Insomma, tirando le somme, anche se è vero che l’efficienza dell’hardware è in continuo miglioramento, allo stesso tempo i costi energetici associati alla produzione aumentano significativamente.
Passare a Linux sul desktop è troppo difficile?
In passato, non era facilissimo sostituire Windows con Linux. Se infatti l’installazione è da tempo cosa alla portata di tutti, non sempre è stato facile trovare alternative alle applicazioni usate ogni giorno. E non sempre le periferiche sono supportate.
Oggi Linux è però molto più maturo: le periferiche più comune (stampanti, schede video, schede audio) sono supportate nativamente, senza bisogno di installare manualmente i driver. E non mancano alternative open source ai programmi più utilizzati in ambito domestico e lavorativo. “I miei genitori sono passati a Linux circa 5 anni fa, quando Microsoft ha cessato il supporto per Windows 7”, spiega De Veaugh-Geiss, sottolineando che non hanno mai avuto serie difficoltà. Ogni tanto, parliamo di una volta ogni due o tre anni, De Veaugh-Geiss afferma di essere intervenuto per supportarli con operazioni che chiedevano di aprire un terminale e scrivere qualche stringa, ma niente di particolarmente complesso. Certo, non mancano casi dove l’assenza dei driver per Linux pone ostacoli insormontabili, obbligando a tutti gli effetti a dotarsi di nuovo hardware, ma parliamo di situazioni rare.
Un ultimo tema che vale la pena sottolineare è come le iniziative per il software “eco” si sposino alla perfezione con altre, già avviate in Germania, per aiutare le persone a riparare i propri dispositivi. In varie città tedesche, infatti, vengono organizzati workshop aperti al pubblico per spiegare come riparare dispositivi elettronici, da vecchi computer a smartphone, tablet e via dicendo. Il focus sul software, alla fine, è un ulteriore stimolo a utilizzare questi dispositivi con qualche anno di età perché, come detto all’inizio, inutile avere dell’hardware in perfette condizioni se poi il software non lo supporta più. Sotto questo profilo, l’open source è un modo per estendere a lungo la vita di quei tanti dispositivi che spesso rimangono in cantina inutilizzati, anche se potrebbero tornare a funzionare bene con piccoli, semplici interventi.
SFSCON è cofinanziata dall’UE nell’ambito del progetto FESR 1048 IMPACT.