State of Observability 2024: Splunk fotografa l'osservabilità. L'Italia, manco a dirlo, è indietro
di Riccardo Robecchi pubblicata il 30 Ottobre 2024, alle 09:01 nel canale InnovazioneTenere sotto controllo le proprie infrastrutture IT, le applicazioni e i servizi è difficile e per questo ci sono strumenti come Splunk che semplificano il compito. Ma ancora (troppo) pochi in Italia li usano
Splunk, azienda recentemente acquisita da Cisco, ha annunciato la nuova edizione del suo rapporto annuale "State of Observability". Non ci sono molte sorprese: le aziende che hanno messo in atto le migliori strategie per l'osservabilità dei sistemi IT riescono a rispondere prima ai problemi e ottengono, dunque, risultati migliori. È interessante, però, la fotografia del panorama italiano, dove emerge un dato che, di nuovo, non sorprende: il nostro Paese è indietro.
Splunk: investire sull'osservabilità paga
Partiamo con una vista a livello mondiale. L'86% dei 1.850 intervistati, che comprendono sviluppatori e responsabili IT, prevede di aumentare i propri investimenti in strumenti per l'osservabilità. Perché? Perché le organizzazioni con la strategia più evoluta in quest'ambito riescono a ridurre significativamente l'impatto del downtime e a gestire meglio le notifiche: le organizzazioni leader stimano che l'80% delle notifiche sia legittimo e utile, contro il 54% di quelle agli inizi.
Le organizzazioni leader sono inoltre molto più veloci rispetto alle altre nell'individuare problemi con le applicazioni: secondo la ricerca, impiegano infatti solo pochi minuti per rilevare un'interruzione del servizio.
La maggior parte delle organizzazioni coinvolte apprezza OpenTelemetry, uno standard aperto che consente di avere un unico punto di riferimento per la raccolta dei dati e riduce il vendor lock-in. Il 78% dei leader fa uso dello standard e il 57% trova che ciò riduca i costi dell'osservabilità.
L'intelligenza artificiale è pressoché onnipresente, con il 97% degli intervistati che ne fa uso per migliorare le attività di controllo dei sistemi. È significativo l'aumento rispetto all'anno scorso, quando la percentuale di utilizzatori si fermava al 66%. Un dato interessante è che il 57% degli intervistati afferma che il volume di notifiche che riceve è "preoccupante", ma i leader risolvono l'85% delle segnalazioni usando l'IA (contro il 16% dei principianti). Le tecniche di AIOps sono usate dal 65% dei leader per individuare e risolvere le cause principali degli incidenti.
Nel complesso, dunque, le organizzazioni leader riescono a ottenere un ritorno degli investimenti pari a 2,6 volte: in altri termini, avere strumenti che consentono di non avere interruzioni dei servizi consente di ottenere vantaggi significativi dal punto di vista economico.
L'osservabilità in Italia
Passando all'Italia, il quadro che emerge è che il Bel Paese è in ritardo. Il 65% degli intervistati rientra tra le organizzazioni "alle prime armi" e solo il 5% si posiziona tra i leader. Ciò significa che meno aziende italiane hanno ridotto i tempi di risoluzione dei problemi (22% contro il 34% globale), e l'11% è in ritardo nel lancio di nuovi prodotti digitali, contro una media globale del 6%. I due dati non sembrano essere correlati di per sé, ma sono il sintomo di una cultura digitale che procede per stenti e a tentoni; un problema ben noto e che si trascina ormai da decenni.
Secondo l'indagine di Splunk, solo il 59% delle aziende italiane ha sfruttato strumenti per accelerare l'identificazione delle cause profonde dei problemi negli ultimi dodici mesi, contro una media del 71% nel resto del mondo. Ciò significa che solo il 68% in Italia è fiducioso di riuscire a ridurre i tempi di ripristino dopo un incidente, contro l'80% globale.
Tutto ciò è anche dovuto a un altro tema cronico: la mancanza di investimenti. Solo il 15% in Italia afferma che vengono stanziati tutti i fondi necessari, mentre tale dato sale al 28% guardando la media mondiale.
Nonostante questo quadro, Splunk evidenzia che ci sono segnali di miglioramento e che ci sono aziende (le più grandi, che operano in settori come quello finanziario) che stanno investendo significativamente nell'osservabilità. Proprio il fatto che siano le aziende più grandi a spiccare in positivo non sembra essere un caso: il tessuto produttivo italiano è fatto perlopiù di micro e piccole imprese, che non hanno le risorse (né in termini di competenze, né di budget) per potersi permettere l'implementazione di strumenti di osservabilità.
Il rapporto completo è disponibile a questo indirizzo.
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