Come Zara nel fashion, OVHcloud ha rivoluzionato la supply chain dell’IT

Come Zara nel fashion, OVHcloud ha rivoluzionato la supply chain dell’IT

Edge9 ha incontrato Alain Fiocco, CTO di OVHcloud, che ci ha raccontato come alla base del successo del cloud provider francese ci sia una supply chain rivoluzionaria per gestire la produzione e il ciclo di vita dei server

di pubblicata il , alle 14:01 nel canale Public Cloud
OVHcloud
 

OVHcloud è un’azienda particolare, di cui Edge9 ha raccontato le origini quando abbiamo partecipato a ottobre al Summit annuale. OVHcloud è l’unico cloud provider europeo a figurare nella Top 10 mondiale che, oltre ad offrire servizi di hosting e cloud, è attivamente impegnata nella costruzione di un ecosistema tecnologico europeo. Nella visione di OVHcloud creare un sistema in Europa di aziende complementari nel settore tecnologico è un elemento essenziale per il futuro dell’Europa stessa e per mettere a disposizione delle aziende del Vecchio Continente le risorse necessarie per competere a livello globale.

Torna in mente quello che scrisse l’economista americano Jeremy Rifkin nell’ormai lontano 2004. Nonostante il paese di nascita, nel suo libro “Il sogno europeo”, Rifkin si auspicava un successo e un’evoluzione del modello alla base della comunità europea, per contrastare i principi del sogno americano, visto come troppo individualista e causa delle forti diseguaglianze che emergevano negli USA. Il sogno europeo, nella visione di Rifkin, avrebbe potuto consolidare dei valori solidali, dove il successo individuale era inserito in un contesto di crescita dell’intera comunità. La storia per adesso non vede avverarsi l’auspicio di Rifkin, ma l’approccio di OVHcloud, se seguito da altre aziende, crea comunque le basi per un modello di interazione nuovo fra le aziende del settore tecnologico. 

OVHcloud: dietro le quinte del cloud c’è un modello di supply chain originale

Dal 1999, anno di fondazione, OVHcloud ha prodotto oltre 1 milione di server. È un numero impressionante ed è da sottolineare il fatto che OVHcloud abbia da sempre prodotto internamente i propri server. Questa è una caratteristica che accomuna gli hyperscaler del cloud, sia perché ci sono delle economie che si possono ottenere producendo internamente, ma anche e soprattutto perché le esigenze di un cloud provider sono molto particolari e quindi ingegnerizzare e produrre i propri server permette ad aziende come OVHcloud di ottenere dei risultati in termini di efficienza ed efficacia altrimenti irraggiungibili.

Oggi nei 30 data center di OVHcloud distribuiti in tutto il mondo, operano 380.000 server fisici, che vengono poi utilizzati per offrire un’ampia gamma di servizi ad aziende e consumatori. Per gestire un numero così elevato di server, dalla produzione, alla distribuzione alla gestione nelle varie fasi di vita è necessario aver ingegnerizzato una supply chain molto articolata. Non solo, serve un “modello” di supply chain che si sposi con la realtà dell’azienda e del mercato. Vedremo a breve dalle parole di Alain Fiocco, Executive Vice President e CTO di OVHcloud, come è strutturata la supply chain dell’azienda francese.

 

OVHcloud CTO Fiocco

 

Scopriremo che ci sono degli elementi unici e rivoluzionari nel modello di supply chain di OVHcloud, che ci hanno ricordato l’innovazione che ha portato nel mondo della produzione e della logistica il modello sviluppato da Zara nel settore del Fashion. Tutti conoscono Zara per i negozi innovativi, per aver spezzato la classica stagionalità delle collezioni e per la velocità con cui nuovi capi trovano spazio nelle vetrine. Dietro al successo di Zara c’è una supply chain che rappresenta per il settore una vera e propria rivoluzione. Zara non ha mai avuto l’obiettivo di massimizzare l’efficienza produttiva, cosa che nella generazione precedente aveva visto il successo di Benetton, ma si è sempre prefissa l’obiettivo di avere una supply chain orientata alla flessibilità e all’adattabilità. Il modello è chiamato “caserma dei pompieri”, perché se le risorse di una caserma di pompieri sono utilizzate al massimo dell’efficienza è molto probabile che quando scoppia un incendio non ci siano pompieri disponibili per andarlo a spegnere. Chi organizza i turni di una caserma di pompieri deve avere come obiettivo di minimizzare i tempi di risposta, non di utilizzare nel modo più efficiente possibile le risorse.

Edge9: Uno degli elementi chiave nella strategia di OVHcloud è che producete internamente i server e che progettate e realizzate i vostri data center. Come gestite il refresh dei server, in funzione di un parco macchine installate di oltre 380.000?

Alain Fiocco: Abbiamo un’articolata strategia di Lifecycle Management e per tutti i 20 anni di vita di OVHcloud il nostro approccio è stato diverso rispetto al resto del mercato. Costruiamo i nostri server e ricicliamo, estendendo la vita di ogni singolo server fino a 9 anni. OVHcloud gestisce altri due brand chiamati So you Start e Kimsufi, per fasce più basse del mercato. Un nuovo server entra inizialmente nell’offerta OVHcloud, per poi passare sotto gli altri due brand. Il tutto con una gestione completamente digitale, che ci permette di estendere la durata della vita dei server. 

Ogni volta che lanciamo una nuova linea di server, viene fatta una valutazione dell’attuale line up per capire se i server possono essere riutilizzati così come sono, nelle fasce più basse, oppure se possiamo riutilizzare le componenti per costruire altri server. Ci sono quindi diversi cicli di vita che si sovrappongono e questo ci permette di contenere enormemente i costi e di avere un vantaggio di efficienza rispetto ai concorrenti di settore.

Edge9: In funzione dell’elevato numero di server che avete nei vostri data center, quanto tempo ci vuole per portare a termine un ciclo di aggiornamento dell’hardware?

Alain Fiocco: non è possibile dare una risposta diretta, perché dipende da molti fattori. Alcuni clienti continuano a usare gli stessi server per lunghi periodi di tempo. Quando produciamo una nuova linea di server non dismettiamo quelli precedenti. Se un cliente vuole mantenere un server esistente può farlo senza problemi. Quando un server viene “liberato” decidiamo, come dicevamo prima, se riposizionarlo o disassemblarlo per riutilizzare i componenti. Tutto il processo è completamente automatizzato, con dei profili definiti che determinano fin quando un server rimane in una determinata fascia e quando inizia il processo di riciclo.

Un altro elemento da prendere in considerazione è che acquistando un server da OVHcloud il cliente si impegna per un mese, non ci sono di default degli impegni a lungo termine. Volendo un cliente può impegnarsi per 12 o 24 mesi e in questi casi ci sono degli sconti e stiamo vedendo sempre più clienti andare in questa direzione, con circa un terzo dei clienti che in questo momento hanno un impegno di 12 mesi, in particolare nei server di fascia alta. È una situazione che offre vantaggi sia ai clienti, per lo sconto che ottengono, che per OVHcloud perché rende il business più prevedibile.

Quando viene rilasciata una nuova linea di sever, il prezzo è simile ai server precedenti, con prestazioni migliorate e quindi diversi clienti scelgono di passare a quelli più performanti, magari testando un paio macchine, prima di spostare i workload e liberare i vecchi server. Quindi quanto tempo ci vuole per fare un refresh completo? Per i server entry level i tempi sono molti ristretti, al massimo un anno, per i server di fascia alta i tempi si allungano perché i clienti tendono a utilizzarli per più tempo.

Per OVHcloud la banda non deve essere una barriera all'uscita del public cloud

Edge9: OVHcloud si distingue per non far pagare costi aggiuntivi per la banda, è vero per qualsiasi tipo di workload?

Alain Fiocco: è vero al 99,9%, con una sola eccezione: cloud storage. Il modello di business dell’Object Storage è che non si paga per il volume dei dati, se non un importo irrisorio, ma si paga in funzione dell’accesso. Se vengono effettati molti accessi all’Object Storage si pagherà di più, ma è l’unica eccezione. Per il resto il traffico è incluso nel prezzo. Facciamo un esempio: abbiamo un grosso cliente che archivia immagini satellitari nel nostro cloud, petabyte di dati. A quelle immagini si accede al di fuori della nostra piattaforma e quindi in questo caso calcoliamo un costo in base agli accessi. Invece un grosso sito internet con migliaia di utenti collegati non paga nulla per la banda.

OVHcloud ha a disposizione moltissima banda, ma non è questo il motivo per cui è inclusa nel prezzo. Sul public cloud un cliente paga in funzione della sua crescita, ma al di fuori di OVHcloud paga anche in caso di contrazione. Se vuoi aumentare storage e compute, perfetto paghi in base al consumo, ma se un’azienda vuole recuperare i suoi dati deve comunque pagare perché la banda è un costo significativo e diventa una barriera all’uscita. Con OVHcloud non ci sono barriere all’uscita perché la banda è inclusa ed è sorprendente vedere quante aziende scelgono noi proprio per questo motivo.

Edge9: Perché OVHcloud ha lanciato il servizio Kubernetes on bare metal? 

Alain Fiocco: Oggi il servizio più venduto di OVHcloud è bare metal as a service, nell’ambito della nostra offerta di public cloud. Ci spostiamo verso un modello in cui possiamo rendere disponibili le risorse su base oraria, eventualmente a minuti. Si passa dal rendere disponibile un server in 2 minuti che poi deve essere pagato dal cliente per un mese, a un modello in cui se una virtual machine ha bisogno della capacità elaborativa del bare metal per tre ore per effettuare un workload CPU intensive, quelle risorse vengono rese disponibili, e pagate, solo per il tempo strettamente necessario e poi vengono rilasciate. Grazie a questo cambio di paradigma si può sfruttare il controller di Kubernetes per gestire cluster di VM e worker node, con alcuni dei worker node che girano su bare metal.

Questo cambiamento abilita scenari completamente nuovi nell’utilizzo dell’enorme infrastruttura bare metal di OVHcloud. All’interno dei cluster si possono definire profili specifici per ogni workload e nodo, identificando ad esempio che un grosso database sfrutta molto l’I/O e quindi girerà su bare metal, mentre il front end di un sito web può girare in una VM. Il controller Kubernetes decide automaticamente dove far girare i workload e di che tipo di risorse ha bisogno, in termini di aumento o diminuzione di capacità, gestendo dinamicamente le risorse, il tutto attraverso API Open Stack standard. Utilizzare gli standard è molto importante perché gli sviluppatori devono poter gestire l’infrastruttura nel codice. Ci sarà quindi un pezzo di codice che dirà “se il mio database raggiunge un certo livello di utilizzo dello storage, aumenta la capacità” e questa azione verrà svolta in automatico senza ulteriori interventi, invece di dover acquistare un nuovo server e inserirlo nell’infrastruttura. Kubernetes è così imporrante perché sta diventando LO STANDARD per la portabilità delle applicazioni, l’orchestration e l’automazione nell’aumentare e diminuire la capacità. Non c’è mai stata prima una tecnologia così pervasiva dall’on-premise al cloud.

Per scoprire tutti i servizi offerti da OVHcloud si può visitare il sito ufficiale.

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