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Un supercomputer nello Spazio: come HPE aiuterà la ricerca scientifica sulla ISS

di pubblicata il , alle 12:01 nel canale Device Un supercomputer nello Spazio: come HPE aiuterà la ricerca scientifica sulla ISS

Elaborare i dati prodotti dagli esperimenti scientifici a bordo della ISS è un problema molto rilevante, perché la trasmissione verso la Terra è limitata. Ecco quindi che HPE collabora con la NASA per portare un piccolo supercomputer sulla Stazione

 

Com'è fatto un computer pensato per andare nello Spazio? Spesso si pensa alle apparecchiature per lo Spazio come molto diverse rispetto a quelle usate sulla Terra, ma non sempre è così. Sorprendentemente, infatti, sulla ISS verrà usato un computer ad alte prestazioni realizzato con componenti acquistabili da chiunque, la cui particolarità più grande sta nel case in cui è inserito. A crearlo è HPE, che aveva già inviato sulla ISS un primo computer e che ripeterà l'esperimento con l'HPE Spaceborne Computer-2 (letteralmente "computer portato nello/attraverso lo Spazio"), il cui lancio è previsto per il 20 febbraio 2021. Un computer assolutamente comune, ma proprio per questo eccezionale.

I computer nello Spazio: una sfida tecnica difficile

"Il problema di realizzare computer specificamente per lo spazio è che devono essere resistenti alle radiazioni. Abbiamo guardato quanto costerebbe un processore apposito: il più potente che abbiamo trovato è un dual core dal costo di 200.000 dollari. Con quella cifra si acquistano parecchi Spaceborne Computer 2." Con queste poche parole Mark Fernandez, solutions architect for converged edge systems e principale responsabile del progetto Spaceborne Computer-2, rende bene l'idea di quali siano i fortissimi limiti a cui il settore spaziale è sottoposto quando si tratta di apparecchiature elettroniche, rispetto a quanto avviene sulla Terra.

HPE Spaceborne Computer

Il primo Spaceborne Computer

Il problema è questo: sul nostro Pianeta la magnetosfera, l'atmosfera e altri fattori ci schermano dalle radiazioni provenienti dallo Spazio esterno, siano esse dal Sole o da altri corpi celesti, ma appena si esce dall'atmosfera una parte importante di questa protezione viene meno. Questo è, ad esempio, il motivo per cui è bene usare la crema solare in montagna: a quote elevate c'è minor protezione per la pelle, che viene esposta in maniera più massiccia alle radiazioni solari. Così come la pelle si scotta e, sul lungo periodo, sviluppa problemi, così anche i computer devono affrontare il problema delle radiazioni che interferiscono con il loro funzionamento. Si tratta di spesso di piccoli cambiamenti, come uno zero che diventa un uno in maniera casuale, ma tali cambiamenti possono creare grossi problemi e portare alla perdita di dati, un fatto particolarmente sgradevole quando si parla dei risultati degli esperimenti scientifici.

La potenza di calcolo necessaria a bordo della ISS fa però sì che il costo e le prestazioni di tali processori resistenti alle radiazioni non siano adatti allo scopo. HPE ha perciò pensato di adottare una strategia differente: utilizzare hardware normale, del tutto identico a quello impiegato in qualunque data center o armadio rack dalle aziende di tutto il mondo.

Per risolvere il problema degli errori che insorgono a causa delle radiazioni, HPE ha pensato di intervenire via software. Tale approccio era alla base del primo progetto Spaceborne Computer, andato in orbita nel 2017 e rientrato sulla Terra nel 2018. Grazie all'esperienza nata da tale progetto, HPE ha ora creato lo Spaceborne-Computer-2, che rimarrà sulla Stazione Spaziale Internazionale per 2 o 3 anni.

HPE Spaceborne Computer-2: un supercomputer nello Spazio

HPE Spaceborne Computer-2

HPE ha, come detto, usato componenti cosiddette off the shelf, ovvero già pronte all'uso e già impiegate in altri ambiti, ma ha scelto nello specifico due server: un sistema HPE Edgeline EL4000 Converged Edge, pensato specificamente per operare nell'ambito dell'edge, e un sistema HPE ProLiant DL360 Gen10, utilizzato invece per svolgere compiti in ambito HPC.

L'Edgeline EL4000 è un server progettato per funzionare non in un data center, ma in luoghi con condizioni differenti, il cosiddetto "edge" (bordo): qualunque luogo che si trovi al limite esterno della rete, da una stazione radio per la rete cellulare fino a una nave o una miniera, dove le condizioni operative non sono stabili e controllate come avviene in un data center. Fernandez afferma: "il punto di questo esperimento, per HPE, è che se si può fare l'elaborazione dei dati al limite estremo, nello Spazio, si può fare dovunque sulla Terra." All'interno del computer trovano posto un processore x86 a basso consumo, una GPU a basso consumo, 64 GB di memoria RAM, 4 dischi SSD da 240 GB e un connettore di rete 10 GbE.

Il ProLiant DL360 Gen10, invece, è un server più tradizionale e offre due processori x86 a basso consumo, 192 GB di memoria RAM, 10 dischi da 240 GB e un adattatore di rete 10 GbE. Si tratta di fatto di un nodo da supercomputer, con l'unica differenza che il processore è stato scelto per i suoi consumi ridotti.

Il consumo energetico può essere regolato in base alle esigenze: il sistema nel suo complesso consuma circa 600 W a pieno carico e circa 300 W in idle. L'alimentazione arriva dalle batterie della ISS, che si ricaricano quando questa è esposta alla luce del Sole e fungono invece da unica fonte energetica quando si frappone la Terra e la stazione è in ombra.

L'aspetto importante da considerare, però, non è solo quello dei consumi, in quanto ai consumi corrisponde poi del calore generato che va eliminato. Entrambi i computer sono raffreddati ad acqua, sia sfruttando il sistema di raffreddamento delle apparecchiature utilizzato sulla ISS (MTL), sia utilizzando radiatori classici che dissipano il calore tramite l'aria. L'80% circa del calore viene dissipato usando il sistema della ISS, mentre il restante 20% circa viene dissipato dal radiatore.

Entrambi i server sono inseriti all'interno dello stesso chassis: non si tratta di un classico rack da data center, ma di un rack particolare che è usato come standard per le apparecchiature a bordo della ISS, con maggiore altezza e larghezza rispetto ai classici armadi da server. Lo chassis è realizzato in alluminio aeronautico e permette di accedere ai server al suo interno grazie a uno sportello frontale, così che gli astronauti possano effettuare la manutenzione in caso di necessità. Va notato che il sistema è stato progettato per essere messo in opera e manutenuto da personale non specializzato come quello a bordo della Stazione. HPE invierà due chassis, per un totale di due Edgeline EL4000 e due ProLiant DL360 Gen10.

Abbiamo chiesto come mai è stata scelta l'adozione delle unità SSD al posto dei tradizionali dischi a piatti rotanti, che offrono meno prestazioni ma anche una maggiore resistenza alle radiazioni. La risposta è stata che gli SSD consumano meno e dunque sono da preferire in un ambito in cui la produzione di energia è limitata, ma anche che sono più leggeri. L'aspetto però forse più sorprendente è che i dischi "tradizionali" sono in grado di influenzare l'intera stazione spaziale perché dotati di momento angolare che, nel lungo periodo, va a cambiare quello della ISS. I dischi SSD sono invece sprovvisti di tale momento angolare, non avendo parti in movimento, e sono pertanto da preferire.

Anche in questo caso c'è da segnalare come la pandemia in corso abbia influito sulle scelte di HPE. Il primo Spaceborne Computer era equipaggiato di 20 dischi SSD, di cui ben 9 si sono guastati. Non è stato possibile capire quale fosse l'origine di questo guasto e per questo il piano originale era di utilizzare unità con diverse tecnologie (come MLC, TLC e QLC) per capire quale potesse essere maggiormente adatta all'ambiente della ISS. A causa della pandemia, però, HPE si è trovata a non poter ottenere le componenti desiderate in tempo per completare il processo di certificazione. La scelta è quindi ricaduta su diversi tipi di RAID: lo Spaceborne Computer-2 utilizzerà RAID sia software che hardware, così da capire quale possa essere la tipologia più adeguata. "Molti mi hanno detto che il RAID hardware verrà fulminato e si guasterà, quindi vedremo se il RAID software funzionerà meglio della semplice ridondanza 1+1", ci ha detto Fernandez.

Il sistema operativo scelto è Red Hat Enterprise Linux 7.8. Il software è anche l'elemento che controlla il corretto funzionamento del sistema. "Se un dato parametro finisce fuori dalla gamma accettata, cosa bisogna fare? Se ci rimane, cosa bisogna fare? Se finisce molto al di fuori dell'accettabile, quale azione bisogna intraprendere?", chiede Fernandez. "Tutto il sistema si basa su una filosofia che abbiamo imparato dalla NASA: al posto di usare una progettazione che previene gli imprevisti, ne usiamo una che reagisce ad essi."

Ma a cosa serve un supercomputer nello Spazio?

Fernandez fa diversi esempi su come sia possibile utilizzare la potenza di calcolo messa a disposizione dallo Spaceborne Computer-2. La ISS studia costantemente l'atmosfera, facendo riprese con diverse videocamere che monitorano lo stato del nostro Pianeta; tali riprese, però, devono essere inviate sulla Terra per poter essere analizzate e questo fa sì che venga utilizzata una porzione notevole della banda a disposizione per trasmettere tali informazioni.

"Uno degli studi i cui abbiamo sentito parlare molto durante la missione di Spaceborne Computer 1 è sui fulmini. Sono immagini a risoluzione molto elevata e c'è bisogno di pochi secondi prima che il fulmine colpisca e di pochi secondi dopo che ha colpito, ma non c'è modo di sapere quando ciò avviene fino a che non si elaborano i dati, quindi tutto il girato deve essere trasmesso sulla Terra e, per farlo, deve essere sottoposto a un downsampling notevole. Potremmo risparmiare risorse notevoli [eseguendo l'elaborazione in loco]", afferma Fernandez.

Altri esempi riguardano lo studio delle calotte polari, dei venti e delle perturbazioni e, più in generale, di quali cambiamenti climatici sono in atto. Lo Spaceborne Computer-2 si occuperà dunque di sfoltire i dati e di inviare sulla Terra solo quelli più rilevanti.

Un altro esempio di possibile applicazione è lo studio della salute degli astronauti e il sequenziamento del DNA. Ciò può essere rilevante sia per monitorare come lo Spazio influisce sulla salute delle persone a bordo della ISS (e, in futuro, sulla Luna e su Marte), sia per capire se ci possono essere rischi derivanti da anomalie. "Pensa se stai per cenare, e nel caso di Marte lo farai probabilmente con le patate, e noti che c'è della muffa. È sicuro mangiare la patata ammuffita?" chiede Fernandez. "A quel punto si può sequenziare il genoma della muffa, oppure la si può identificare fotograficamente confrontandola con un database di fotografie di muffa su patate, insalata, eccetera. E si potrebbe fare questa ricerca in loco, sul momento."

L'ultimo aspetto, che è però particolarmente rilevante per il futuro dell'esplorazione spaziale, è quello dell'automazione. "Gli astronauti hanno una lunga lista di attività quotidiane: controlla questi filtri, controlla questi quadranti, e così via. Vent'anni fa non si poteva automatizzare nulla di tutto ciò", spiega Fernandez. "Come sapete, oggigiorno si può automatizzare tutto, ma c'è bisogno di qualcosa che monitori questi parametri. Poter automatizzare queste attività di controllo potrebbe dare più tempo agli astronauti per concentrarsi sulla propria salute, ad esempio, nel caso di un viaggio verso Marte."

Le possibili applicazioni per un computer nello Spazio sono pressoché infinite e diventano sempre più ampie mano a mano che ci si allontana dalla Terra: il problema diventa, infatti, il tempo di invio delle informazioni e la banda a disposizione per farlo. "L'elaborazione autosufficiente porta all'esplorazione autosufficiente" afferma Fernandez, e si può capire quanto ciò sarà sempre più vero pensando alla quantità massiccia di dati che gli astronauti in missione verso la Luna o Marte raccoglieranno e che non potranno aspettare di inviare verso la Terra in modo che vengano elaborati e rimandati indietro.

15 Commenti
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io78bis13 Febbraio 2021, 13:15 #1
Forse mi sono perso qualcosa, qualè il problema nel fare un case che schermi le radiazioni (esempio stupido tipo la gabbia di farraday)?
Slater9113 Febbraio 2021, 13:28 #2
Originariamente inviato da: io78bis
Forse mi sono perso qualcosa, qualè il problema nel fare un case che schermi le radiazioni (esempio stupido tipo la gabbia di farraday)?


Il problema è che ci vogliono anni di tempo e milioni di dollari di spesa. Devi fare un case che possa resistere a radiazioni a frequenze molto diverse tra loro e di intensità variabile. Se fosse così semplice lo farebbero già, non trovi?
H.D. Lion13 Febbraio 2021, 13:50 #3
"Il processore più potente che abbiamo trovato è un dual core dal costo di 200.000 dollari."

Voglio il nome e cognome dello scalper....
jepessen13 Febbraio 2021, 14:17 #4
Perche' le RADIAZIONI (raggi gamma, raggi X etc) mica le blocchi con le gabbie di faraday....
LMCH13 Febbraio 2021, 15:45 #5
Originariamente inviato da: H.D. Lion
"Il processore più potente che abbiamo trovato è un dual core dal costo di 200.000 dollari."

Voglio il nome e cognome dello scalper....

Se non sbaglio è la BAE, si è comprata una fab appositamente per produrre circuiti integrati e cpu rad-hard in piccoli quantitativi.
Ma ci sono anche altri che ne producono in piccola serie (ed a prezzi stratosferici).

Per rendere l'idea, un microcontroller rad-hard basato su ARM Cortex-M4F con 256KB di memoria non volatile viene oltre 4000euro al pezzo (acquistabile su Mouser con ordine minimo di 5).
sbudellaman13 Febbraio 2021, 15:51 #6
"L'aspetto però forse più sorprendente è che i dischi "tradizionali" sono in grado di influenzare l'intera stazione spaziale perché dotati di momento angolare che, nel lungo periodo, va a cambiare quello della ISS."
Nooo vabbè roba da matti!!!!
Gringo [ITF]13 Febbraio 2021, 16:52 #7
Nooo vabbè roba da matti!!!!

... neanche tanto, in un posto dove hai la gravità non te ne accorgi, dove manca...
... un bel giroscopio a 5000 giri minuto .... lo senti eccome !
cimiam13 Febbraio 2021, 16:58 #8
Come mai non sfruttano il freddo cosmico per raffreddare? Magari con un'interfaccia che metta in connessione la parete del server e un circuito di scambio termico esterno. Capisco che la geometria attuale non si possa modificare, ma perché non l'hanno realizzata prima?
Grazie per la delucidazione
cimiam13 Febbraio 2021, 17:01 #9
Per quanto riguarda i dischi tradizionali, siamo sicuri che non si danneggino a causa delle forti vibrazioni del lancio?
Grazie per la delucidazione
LMCH13 Febbraio 2021, 17:43 #10
Originariamente inviato da: cimiam
Come mai non sfruttano il freddo cosmico per raffreddare? Magari con un'interfaccia che metta in connessione la parete del server e un circuito di scambio termico esterno. Capisco che la geometria attuale non si possa modificare, ma perché non l'hanno realizzata prima?
Grazie per la delucidazione


Il vuoto è anche un buon isolante (pensa ad esempio ai thermos con l'intercapedine sotto vuoto). Nel vuoto si disperde calore o per irraggiamento oppure scaldando del materiale con una pompa di calore e poi espellendolo.
Quindi l'opzione migliore è espellerlo per irraggiamento, solo che in orbita fino ad una certa distanza dal sole (oltre Marte?), c'è il problema che si riceve anche calore dal sole in quantità non trascurabili, quindi la parte che si raffredda è solo quella in ombra.
Se non sbaglio la ISS ha dei radiatori esterni per smaltire il calore in eccesso, ma per portare il calore li bisogna usare un fluido di trasporto, sia perché non avrebbe senso tapezzare la ISS con radiatori dedicati solo a questo o quel strumento e sia perché a volte il calore sviluppato da attrezzature e macchinari conviene tenerselo dentro (es. quando la ISS passa il tratto della sua orbita in cui la Terra la scherma dal sole).

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