Smart Working
Cosa succederà allo smart working dopo il 15 ottobre?
di Riccardo Robecchi pubblicata il 30 Settembre 2020, alle 10:01 nel canale InnovazioneLo smart working in Italia potrebbe presto cambiare volto: il 15 ottobre scadranno infatti i termini grazie ai quali è stato possibile adottare questa modalità di lavoro su larga scala. Le parti sociali e i sindacati chiedono nuove leggi
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Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoper fare l'esempio di Milano, senza comprare in città ma rimanendo a qualche decina di km trovi paesi che sono "piccoli" per modo di dire, parliamo magari di 10 o 20.000 abitanti quindi hai veramente tutto
ma anche nella Milano stessa, hai quartieri periferici che come dicevo prima sono dei dormitori e dove hai spesso le serrande abbassate di locali che una volta esistevano e ora non più, se tornano a vivere le periferie può darsi che qualcuno riesca a riaprire
molto diverso il caso del borgo dell'Italia centrale dove c'è il digital divide ma hai anche carenza di altri servizi e qui concordo sul fatto che non basta qualche lavoratore in smart working per far rinascere certe realtà e soprattutto ci vuole tempo
penso però che difficilmente chi lavorava a Milano/Torino ecc. possa tornare felicemente al paese d'origine perché servirebbe un full remote, ma a fine pandemia sarà una rarità quindi se devi fare 1-2 giorni in presenza se vieni da lontano ti serve ancora l'affitto, solo che magari te lo prendi dove costa un po' meno e non in centro città
Vedo che hai compreso perfettamente.
Io vivo in un paesino del centro italia, sempre fatto il pendolare (non interamente una mia scelta, ma sono costretto) con ufficio a 56Km.
Ora, da una parte lo SW per me e' un vantaggio enorme (connessione terribile a parte), dall'altra sono "sepolto" in un luogo privo di attrattiva e servizi, quindi il risparmio di tempo e' scarso, dato che tutta una serie di attivita' che prima potevo fare durante il tragitto di rientro ora mi richiedono di partire appositamente dopo l'orario di lavoro e farmi decine di Km.
Purtroppo l'Italia e' davvero un paese con una moltitudine di realta' molto diverse, servirebbe agire in maniera specifica in base alle caratteristiche del territorio.
Possibile che solo nella mia società tantissime persone (diciamo un buon 60%... anche 80% se escludiamo i dirigenti e chi guadagna importanti cifre) si portavano il pranzo da casa e lo scaldavano al microonde?
E' una mia impressione o abbiamo disimparato a cucinare?
Qualcuno obietterà che non si ha il tempo.
Detto ciò neanche sopporto la roba riscaldata, ma soprattutto se faccio pausa pranzo al lavoro (in genere non pranzo) preferisco ordinarla o rilassarmi andando a mangiare in uno dei trilioni di locali sparsi per la zona.
Per un periodo ho usato la macchina della Delonghi per scaldare la pasta: prepari l'acqua e la pasta, la imposti e fa tutto lei (scalda l'acqua e il sugo, butta la pasta, la gira, la scola). La facevo partire qualche minuto prima della "campana", timbravo l'uscita e poi tornavo in laboratorio per mettere sugo e pasta nel piatto e mangiavo. Poi però dovevi pulire il tutto, e comunque le varie componenti erano di pessima qualità e si sono rotte nel giro di un annetto.
Poi certo: avevo una zona dove poterlo fare.
Il punto è che pranzare nella pausa lavoro fuori è una comodità, alla quale molti si sono abituati. E posso anche capire che taluni vogliano rilassarsi il più possibile in quel lasso di tempo senza pensare o fare nulla.
Secondo me molti locali sono andati a gambe all'aria o si sono retti per miracolo in piedi.
Se metto un ristorante in un luogo di lavoro e ce ne sono altri 100, è colpa mia se guadagno poco o del fatto che ci siano poche persone disposte a spendere?
Per dire: io lavoro in una zona industriale/commerciale, ci sono miriade di attività lungo un tratto di almeno 6 Km di strada. Locali dove mangiare (pre-Covid) non solo ce n'erano a bizzeffe, ma negli ultimi anni sono continuati a spuntare come funghi, compresi 2 McDonald e un Rodhouse. E ti assicuro che ogni 100 metri trovi dove mangiare, tantissimi con offerte di vario tipo per il pranzo. Eppure sono (erano) sempre tutti pieni all'ora di pranzo.
Ma sinceramente per uno che parte da una prima attività è letteralmente impensabile di farne una seconda, per lo meno nel breve-medio termine. Metterla in piedi e poi farle avere un utile richiede non solo capacità di vario tipo, ma anche tutta una serie di rischi da mettere in conto e tantissime difficoltà iniziali per rimanere a galla.
E il più delle volte, quando ti stabilizzi, sei comunque nelle condizioni di "campare" (magari anche decentemente) ma non certo di aprire una seconda attività, accollandoti anche ulteriori rischi d'impresa che potrebbero non solo far naufragare la tua idea, ma anche mettere fortemente a rischio la prima attività per la quale hai tanto faticato.
Oltretutto parlare di investire i propri risparmi è incorretto: nel 99% dei casi devi chiedere prestiti e/o fare mutui, dubito che chiunque decida di aprire un'attività si ritrovi magicamente con (che so) 500.000 euro sul conto per avviare il tutto.
Una trasformazione del genere richiede tempo, programmazione e voglia di farla.
Non mi sembra che, fino ad oggi, ci sia stata la volonta' di intraprendere un simile percorso, purtroppo.
Non è affatto detto.
Prendi una mappa di copertura e potrai stupirti di quanti piccoli comuni sono serviti da FTTC e FTTH, a volte meglio di certe periferie delle grandi città.
Ci vuole un'attimo a verificare preliminarmente i livelli di servizi di una certa zona per poter scegliere la casa da affittare, se non addirittura, da acquistare.
I prezzi degli immobili conseguono anche dal livello dei servizi e questo oggi comprende anche la presenza di una buona copertura "digitale".
D'altro canto ci sono Comuni che nella storia sono nati e si sono espansi lungo le principali direttrici di trasporto, ferroviarie e stradali, nulla di cui stupirsi.
Sono scelte aggiuntive create dallo smart working: se posso andare in città solo 1 volta a settimana, posso permettermi di abitare in un tranquillo borgo vicino ad riserva naturale o ad una villa al mare, perchè quella solo volta, farmi 100 Km in un giorno non è un "peso" ed una spesa eccessiva.
C'è tanta gente che lo ha fatto in questi mesi, e secondo me gli è piaciuto.
Se voglio il "casino" della città, posso continuare ad averlo, ma se ci fosse lo "spopolamento" dei centri a favore dei piccoli Comuni, un'inversione di tendenza rispetto al trend dal dopoguerra, questo permetterebbe anche un ritocco di certi prezzi "cittadini" davvero esagerati.
Lavoro all'estero nella sede di una grande banca in un quartiere preriferico dove ci sono per lo piu' uffici e negozi che di sera quando la gente rientra a casa non hanno praticamente piu' clientela.
In sede c'é una mensa, la gente spesso ci mangia e molto spesso va a mangiare in uno dei tanti locali nei dintorni.
Con il lockdown la metà dei ristoranti ha chiuso e non ha piu' riaperto, la mensa dal post lockdown ha dovuto rivedere tutto perché piu' della metà dei lavoratori continua a fare smartworking, prima del covid servivano circa 300 pasti al giorno, adesso sono a circa 100 quando va bene.
La società che gestisce la mensa interna ha dovuto licenziare piu' della metà del personale e ridurre l'offerta, servono solo due tipi di pietanze al giorno.
La caffetteria, gestita dalla medesima società, chiusa definitivamente.
L'azienda poi a causa del covid ha dovuto eliminare le aree relax ed hanno sigillato i frigo e i microonde che venivano usati per lo piu' da alcuni consulenti esterni che si portavano da mangiare.
Questa situazione del covid colpisce tutti, direttamente e indirettamente, concordo in toto con chi ha scritto che bisogna sostenere l'economia locale, soprattutto chi puo' farlo faccia uno sforzo e magari invece di portarsi il piatto da casa tutti i giorni almeno prendersi un menu pranzo un paio di volte a settimana.
Detto ciò neanche sopporto la roba riscaldata, ma soprattutto se faccio pausa pranzo al lavoro (in genere non pranzo) preferisco ordinarla o rilassarmi andando a mangiare in uno dei trilioni di locali sparsi per la zona.
Per un periodo ho usato la macchina della Delonghi per scaldare la pasta: prepari l'acqua e la pasta, la imposti e fa tutto lei (scalda l'acqua e il sugo, butta la pasta, la gira, la scola). La facevo partire qualche minuto prima della "campana", timbravo l'uscita e poi tornavo in laboratorio per mettere sugo e pasta nel piatto e mangiavo. Poi però dovevi pulire il tutto, e comunque le varie componenti erano di pessima qualità e si sono rotte nel giro di un annetto.
Poi certo: avevo una zona dove poterlo fare.
Il punto è che pranzare nella pausa lavoro fuori è una comodità, alla quale molti si sono abituati. E posso anche capire che taluni vogliano rilassarsi il più possibile in quel lasso di tempo senza pensare o fare nulla.
Secondo me molti locali sono andati a gambe all'aria o si sono retti per miracolo in piedi.
Beh, ma quello dipende dalla zona e, ovviamente, dall'intelligenza di chi apre un'attività.
A me non spiace cucinare e nel tempo ho affinato la tecnica anche per riscaldare (o per meglio dire finire di cuocere) quello che avevo preparato la mattina (vabbè io sono un caso patologico... ).
Non è assolutamente una cosa scontata nè semplice e ammetto che all'inizio il risultato sembrava da mensa aziendale (ma di quelle a basso costo ), poi comprendi i tempi, il fatto che il cibo continua la cottura anche quando non sta più sul fuoco e che alcune cose le devi tenere separate (tipicamente ciò che ha la panna è meglio scaldarlo a parte) e ti assicuro che si mangia bene (a detta dei miei colleghi che ogni tanto chiedono qualche assaggio...).
Io non sono comunque contrario al ristorante/bar in sè per principio, solo non sono dell'avviso che sia sempre l'unica alternativa (salvo lavorare in una fabbrica in mezzo al nulla senza area relax, senza mensa e con pause molto lunghe).
Come hai giustamente detto spesso si tratta di comodità.
Venderla come un'esigenza impossibile da modificare, su questo non mi trovo d'accordo.
Ha senso aprire 100 bar e ristoranti tutti nella stessa area?
Se domani per un qualsiasi motivo iniziasse una moria di aziende (anche solo se spostassero la loro sede in una meno appetibile o un palazzo più piccolo), avresti un calo importante e questo a prescindere dal COVID.
Dove lavoro io abbiamo assistito nel giro di meno di un anno alla mancanza di due grandi multinazionali che hanno portato via diverse centinaia di dipendenti.
Immagina il danno per i locali di quella zona che vivevano SOLO di colazioni e pranzi.
Quindi mi domando sempre se quando si ipotizzano certe attività, si abbia a mente anche che potrebbero avere vita molto breve.
Prendi una mappa di copertura e potrai stupirti di quanti piccoli comuni sono serviti da FTTC e FTTH, a volte meglio di certe periferie delle grandi città.
Ci vuole un'attimo a verificare preliminarmente i livelli di servizi di una certa zona per poter scegliere la casa da affittare, se non addirittura, da acquistare.
I prezzi degli immobili conseguono anche dal livello dei servizi e questo oggi comprende anche la presenza di una buona copertura "digitale".
D'altro canto ci sono Comuni che nella storia sono nati e si sono espansi lungo le principali direttrici di trasporto, ferroviarie e stradali, nulla di cui stupirsi.
Sono scelte aggiuntive create dallo smart working: se posso andare in città solo 1 volta a settimana, posso permettermi di abitare in un tranquillo borgo vicino ad riserva naturale o ad una villa al mare, perchè quella solo volta, farmi 100 Km in un giorno non è un "peso" ed una spesa eccessiva.
C'è tanta gente che lo ha fatto in questi mesi, e secondo me gli è piaciuto.
Se voglio il "casino" della città, posso continuare ad averlo, ma se ci fosse lo "spopolamento" dei centri a favore dei piccoli Comuni, un'inversione di tendenza rispetto al trend dal dopoguerra, questo permetterebbe anche un ritocco di certi prezzi "cittadini" davvero esagerati.
Concordo pienamente.
La qualità della vita in un piccolo borgo o paese (magari non di 100 abitanti) vale mille volte il disagio di farsi ogni tanto un po' di km.
Lavoro all'estero nella sede di una grande banca in un quartiere preriferico dove ci sono per lo piu' uffici e negozi che di sera quando la gente rientra a casa non hanno praticamente piu' clientela.
In sede c'é una mensa, la gente spesso ci mangia e molto spesso va a mangiare in uno dei tanti locali nei dintorni.
Con il lockdown la metà dei ristoranti ha chiuso e non ha piu' riaperto, la mensa dal post lockdown ha dovuto rivedere tutto perché piu' della metà dei lavoratori continua a fare smartworking, prima del covid servivano circa 300 pasti al giorno, adesso sono a circa 100 quando va bene.
La società che gestisce la mensa interna ha dovuto licenziare piu' della metà del personale e ridurre l'offerta, servono solo due tipi di pietanze al giorno.
La caffetteria, gestita dalla medesima società, chiusa definitivamente.
L'azienda poi a causa del covid ha dovuto eliminare le aree relax ed hanno sigillato i frigo e i microonde che venivano usati per lo piu' da alcuni consulenti esterni che si portavano da mangiare.
Questa situazione del covid colpisce tutti, direttamente e indirettamente, concordo in toto con chi ha scritto che bisogna sostenere l'economia locale, soprattutto chi puo' farlo faccia uno sforzo e magari invece di portarsi il piatto da casa tutti i giorni almeno prendersi un menu pranzo un paio di volte a settimana.
Cito solo la parte in grassetto.
Tutto dipende.
Se vi è rispetto da entrambe le parti (non mi fai pagare un piatto di semplice pasta 8 euro che non sfamerebbe neanche Titti), allora è condivisibile.
Fermo restando che sarebbe comunque un aggravio economico e spesso chi si porta il pranzo da casa lo fa anche per risparmiare.
Ad esempio dove lavoro non ho quasi mai visto dirigenti mangiare in ufficio, ma soggiornare nei ristoranti della zona (spesso molto cari).
Ma sinceramente per uno che parte da una prima attività è letteralmente impensabile di farne una seconda, per lo meno nel breve-medio termine. Metterla in piedi e poi farle avere un utile richiede non solo capacità di vario tipo, ma anche tutta una serie di rischi da mettere in conto e tantissime difficoltà iniziali per rimanere a galla.
E il più delle volte, quando ti stabilizzi, sei comunque nelle condizioni di "campare" (magari anche decentemente) ma non certo di aprire una seconda attività, accollandoti anche ulteriori rischi d'impresa che potrebbero non solo far naufragare la tua idea, ma anche mettere fortemente a rischio la prima attività per la quale hai tanto faticato.
Oltretutto parlare di investire i propri risparmi è incorretto: nel 99% dei casi devi chiedere prestiti e/o fare mutui, dubito che chiunque decida di aprire un'attività si ritrovi magicamente con (che so) 500.000 euro sul conto per avviare il tutto.
Non parlavo di aprire due attività (strano che sia emersa questa visione).
Dicevo che se apri un bar/ristorante e il tuo business è SOLO su colazioni e pranzi di lavoro, rischi di vedere crollare i tuoi guadagni in tempi molto brevi perchè salvo enti pubblici, le aziende spesso tendono a cambiare sede e non vi è sempre un rinnovo negli affitti.
Poi ognuno fa quel che vuole, e lo vedo nella mia azienda: ci sono quelli che mangiano fuori e quelli che si portano da mangiare da casa e lo riscaldano nel fornetto che si sono comprati nello spogliatoio.
E poi ci sono io che mi compravo un pacchetto di patatine alla macchinetta prima che perdessi la chiave per acquistare alla macchinetta
Dove lavoro io abbiamo assistito nel giro di meno di un anno alla mancanza di due grandi multinazionali che hanno portato via diverse centinaia di dipendenti.
Immagina il danno per i locali di quella zona che vivevano SOLO di colazioni e pranzi.
Quindi mi domando sempre se quando si ipotizzano certe attività, si abbia a mente anche che potrebbero avere vita molto breve.
Prevedere una moria di aziende implica che (esempio del mio caso) diverse decine di aziende, per non dire centinaia, in diversi campi commerciali e industriali e di diversa grandezza (dal piccolo negozietto fino al centro commerciale che occupa 50 campi da calcio), improvvisamente abbiano un crollo, e senza preavviso. Se permetti, è più probabile che entro stasera un meteorite ci colpisca e la faccia finita definitivamente.
E se capita una cosa del genere (vedi appunto il Covid) la situazione è tale che sono stati gli stessi Stati ad intervenire, perchè ci si è resi conto che le imprese non possono gestire una situazione del genere anche solo in relazione al crollo di acquirenti. Poi possiamo discutere sulla bontà di questi interventi, ma questo è un altro discorso.
E' chiaro che un bar o un ristorante che opera sfruttando la pausa dei lavoratori in zona dipende indirettamente dall'andamento delle aziende che gli stanno attorno. Ma poi tutte le situazioni sono diverse, con esigenze e tempistiche diverse. Tradotto: generalizzare o fare ipotesi estreme non serve a nulla.
Di sicuro se hai un calo di clientela dovuto ad un calo di lavoratori in zona, non lo sai dall'oggi al domani e non hai un crollo improvviso, e tra l'altro è probabile che le ripercussioni saranno ridistribuite tra i vari bar/ristoranti della zona, rendendo il problema irrilevante (se Tizio licenzia 50 persone, dubito che quelle 50 andavano tutte a mangiare fuori a pranzo e tutte nello stesso identico locale... quella sarebbe sfiga assoluta). Tu dirai: ma devi prevedere che quelle 50 andranno tutte nel tuo locale. Eh, ma si tratta di soppesare i rischi e prendere delle scelte. E non ti basi certo sulle situazioni "improbabili".
Poi chiaramente dipende dalle capacità imprenditoriali del proprietario reagire alla situazione e prevedere azioni per tamponare la situazione, o alla peggio pensare di vendere la proprietà. D'altro canto aprire un'impresa è sempre un rischio, non puoi pensare che tutto vada bene o che tu sia pronto a gestire qualunque tipo di difficoltà, e per tantissime ragioni. A volte la differenza tra successo e disgrazia dipende da fattori che non possiamo controllare, o nemmeno conosciamo.
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