Italiani e smart working ai tempi del COVID-19: i risultati della ricerca commissionata da OpenText
di Redazione pubblicata il 21 Gennaio 2021, alle 10:01 nel canale Innovazione
Secondo la ricerca, un terzo degli intervistati ritiene di non avere ancora a disposizione gli strumenti necessari per un proficuo lavoro da remoto e solo il 15% riesce a gestire il quotidiano flusso d’informazioni
OpenText, azienda leader nelle soluzioni software di Enterprise Information Management, ha condotto una ricerca sullo smart working, ormai diventato una consuetudine. Gli italiani hanno mostrato di avere ancora delle difficoltà nel gestire il sovraccarico d’informazioni ai quali sono soggetti. La ricerca è stata avviata per verificare come viene affrontata dai professionisti la quotidianità lavorativa ai tempi della pandemia da COVID-19.
Quasi un terzo (31%) dei dipendenti coinvolti nella ricerca, e che in tempi pre-Covid erano soliti lavorare in ufficio, ritiene di non avere a loro disposizione gli strumenti tecnologici e digitali adatti che permettano loro di operare proficuamente da remoto. In particolare, si evidenziano difficoltà nel gestire quello che è stato definito tecnostress. Solo il 15% degli intervistati ha affermato di sentirsi a proprio agio con il flusso d’informazioni con i quali è in contatto.
Tra i fattori ritenuti come maggiore fonte di stress sono state indicate le troppe password da ricordare (39%), l’eccessiva mole d’informazioni e dati che devono essere gestiti con e tramite diversi dispositivi (23%), e infine i tanti strumenti da monitorare durante una normale giornata lavorativa (22%). Inoltre, il 16% dei partecipanti alla ricerca ha dichiarato, per il costante flusso d’informazioni a cui sono sottoposti, di non riuscire davvero a “staccare” mai dal lavoro.
Un pesante sovraccarico d’informazioni
Il 74% degli intervistati ha affermato che negli ultimi cinque anni le fonti da controllare sono aumentate. Si parla di e-mail, notizie, social media, server aziendali e altro ancora: quasi il 22% dei partecipanti alla ricerca usa in media più di dieci account ogni giorno (posta elettronica, app, piattaforme di condivisione, ecc).
È molto probabile che tutte queste informazioni in arrivo abbiano un impatto significativo sulla vita delle persone, tanto che solo il 36% dei professionisti che ha affermato di usare, per portare a conclusione un progetto, solo tre o meno risorse. Di contro, si sono generate nuove competenze, con una maggiore velocità nella ricerca delle informazioni: quattro addetti ai lavori su dieci hanno affermato d’impiegare meno di trenta secondi per recuperare i dati, i file o le informazioni che stavano cercando.
Antonio Matera, Regional Sales Director di OpenText Italy, ha dichiarato: “Gli utenti utilizzano un numero sempre maggiore di servizi digitali in ogni ambito, dalla comunicazione con i propri cari all'accesso ai servizi bancari, fino all'acquisto di generi alimentari. Allo stesso modo, molte aziende stanno sfruttando servizi nuovi per garantire ai dipendenti di poter lavorare da casa in sicurezza. Tuttavia, se da un lato si sono dimostrati disposti ad adottare strumenti diversi, dall’altro si stanno delineando nuove sfide, poste dalla necessità di gestire account e fonti d’informazioni molteplici. Le aziende devono quindi saper riconoscere questo fenomeno, cercando soluzioni che riducano le complessità e semplifichino i processi, per offrire esperienze di lavoro in grado di riflettersi positivamente anche sui livelli di produttività.”
La gestione della “nuova normalità”
Dallo studio si evince che se lo smart working si protrae per lungo tempo, le difficoltà per chi opera in questa situazione sono di natura organizzativa e relazionale. Per quasi due intervistati su dieci la principale preoccupazione è quella dell’accesso a sistemi e file aziendali, ma possono creare problemi e stress anche i metodi per la condivisione delle informazioni con i colleghi (16%). Più della metà delle persone coinvolte nella ricerca (54%) ha condiviso almeno una volta con i colleghi file aziendali tramite tool personali. È un valore molto superiore a quelli rilevati in altre realtà geografiche: spagnoli (22%), britannici (20%) e francesi (17%). Un prolungato lavoro da remoto rende critica anche la collaborazione con i colleghi (20%) e incide negativamente sui giusti livelli di motivazione (19%).
Dice ancora Antonio Matera: “Una cattiva gestione delle informazioni può avere conseguenze importanti per un'azienda, in termini sia di produttività, sia di sicurezza. Quando i dati risiedono su sistemi diversi, sono necessari tempo e risorse per accedervi, e può accadere che la sicurezza venga messa in secondo piano dai tentativi di cercare soluzioni alternative per snellire i processi. Archiviazione e gestione manuale delle informazioni, inoltre, sono soggette a errori. Scegliendo soluzioni basate sull’automazione, le aziende possono sfruttare al meglio i propri dati e offrire un'esperienza utente ottimale a dipendenti, clienti e partner, soprattutto nel momento storico attuale.”
I dati della ricerca sono stati rilevati per conto di OpenText da un’indagine condotta tramite Google Surveys tra aprile e novembre 2020 su un campione di 24.000 utenti di Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, India, Italia, Regno Unito, Singapore e Spagna. Ha coinvolto sia liberi professionisti sia lavoratori dipendenti. Per quanto riguarda l’Italia, alla ricerca hanno partecipato 2.000 persone.
6 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoHai detto bene... telelavoro, non smartworking
Non ho numeri a disposizione, ma tanti di quelli che sono a casa a fare un tubo sono quelli che già facevano un tubo anche d'avanti al PC in ufficio.
anche se è di fatto telelavoro, si tratta di un passo avanti notevole rispetto al passato
chiaramente si preferisce continuare con un 9-18 nella maggior parte dei casi ma non ci vedo niente di tragico
si iniziano a vedere sempre più annunci per lavoro remoto, però se ci fai caso richiedono quasi tutti di essere in una certa time zone, per cui i lavori remoti USA qui te li scordi e le aziende europee ti chiedono di essere CET +- 2, ma ci sta
io sto recuperando oggi ore che non ho fatto ieri, cosa che in passato era possibile ma con accordo esplicito con il manager che ti permetteva di non prendere ore di permesso se le recuperavi prima o dopo, adesso che siamo a casa non c'è nemmeno bisogno di dirlo, almeno nel mio caso
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