L’innovazione di Oracle nasce da radici profonde e guarda al futuro nel cloud
di Vittorio Manti pubblicata il 14 Novembre 2019, alle 22:49 nel canale InnovazioneEdge9 ha incontrato Richard Smith, Senior Vice President Technology & Cloud Solutions EMEA & UKI di Oracle, che ci ha raccontato come si sta evolvendo la tecnologia di Oracle per servire al meglio le esigenze delle imprese, in Italia e nel mondo
Quarant'anni di storia dei database. Dieci anni di investimenti nel cloud. Due numeri che dicono già molto della storia di Oracle, che oggi chiaramente non è sinonimo solo di database, ma offre sul mercato soluzioni avanzate nella gestione del patrimonio informativo aziendale, per supportare il business delle imprese in tutto il mondo. Oracle è leader mondiale nell’ERP in cloud, e propone soluzioni di gestione in cloud per tutte le funzioni aziendali: HR, supply chain, marketing e vendite online (CX, Customer eXperience). Oracle negli ultimi mesi è diventata sinonimo di autonomo, con l’Autonomous Database, che più che un prodotto è una filosofia applicativa, che permette di automatizzare la gestione dei sistemi, dalle patch agli aggiornamenti solo per fare un esempio, con un database che diventa indipendente nelle attività di routine e non solo, liberando preziose risorse che possono essere utilizzate per attività che aggiungono valore all'azienda. Tutte le applicazioni Oracle sono da tempo “cloud native” e si appoggiano a un’infrastruttura cloud arrivata alla seconda generazione che si adatta alle esigenze dei clienti, offrendo diverse modalità di erogazione, dall’on-premise al public cloud. Oracle è anche hardware, con la piattaforma Exadata, ingegnerizzata e progettata per garantire le migliori prestazioni possibili delle applicazioni Oracle.
Richard Smith: Oracle punta su Autonomous e Cloud Gen 2
Dietro le tecnologie e i prodotti di Oracle ci sono le persone. Dal fondatore Larry Ellison, ancora molto attivo nella gestione quotidiana dell'azienda, a un team di manager che con grande passione guida un'azienda con oltre 135.000 dipendenti nel mondo. Questa passione si percepisce entrando negli uffici romani di Oracle, dove l'azienda si è trasferita due anni fa, e dove Edge9 ha incontrato Richard Smith, Senior Vice President Technology & Cloud Solutions EMEA & UKI di Oracle. Richard ha una lunga esperienza nel settore, avendo lavorato per oltre vent’anni in IBM prima di unirsi a Oracle nel 2016, e nonostante abbia la responsabilità di sviluppare le soluzioni Oracle in un territorio molto vasto, ne parla con un entusiasmo e un coinvolgimento che stupisce vedere in un manager di questo livello.
Edge9: Si è da poco concluso l’Oracle Open World a San Francisco e il vostro principale evento in Italia, la settimana scorsa a Milano. Quali sono i messaggi chiave di Oracle per il mercato, sia a livello mondiale che italiano/EMEA?
Richard Smith: Oracle è un’azienda con molte sfaccettature. Abbiamo un ampio portafoglio di tecnologie e applicazioni. È quindi difficile individuare delle priorità ma questo è anche un aspetto positivo perché testimonia la flessibilità dell’organizzazione. È indubbio che in tutta l’azienda stiamo accelerando molto sulle tecnologie cloud. Prima di tutto, da un punto di vista tecnologico, per Oracle è fondamentale il concetto di “funzionamento autonomo”, che si riverbera in diverse aree della nostra proposta al mercato. Riteniamo che oggi le aziende dedichino fra il 60% e il 70% del loro tempo a far funzionare le risorse IT. Nell’ecosistema Oracle questo significa, nella maggior parte dei casi, gestire workload di classe enterprise. Ovvero, le cose che non si possono fermare: le banche che fanno le banche, le applicazioni chiave per un’azienda, tutte le attività che se non vanno creano dei seri problemi all’organizzazione.
Il nostro investimento nell’Autonomous, con una forte componente di Machine Learning e Intelligenza Artificiale, è un passo avanti fondamentale per aiutare i nostri clienti a entrare in un nuovo paradigma operativo. Abilitare la trasformazione digitale delle aziende significa per noi, prima di tutto, fare in modo che le persone possano limitare il tempo dedicato a determinate operazioni. Autonomous è un concetto molto ampio e aperto, che per noi significa poter automatizzare le attività che normalmente vengono svolte da persone in ambito IT solo per far funzionare il sistema: orchestration, provisioning, patching, identificare i problemi di sicurezza, garantire che il sistema funzioni all’interno di determinati parametri, bloccare le parti compromesse del sistema. Tutto questo è solo il primo step. Il secondo step è utilizzare il machine learning e l’intelligenza artificiale non solo per il “self management” ma anche e soprattutto per generare valore con degli insight che nascono dall’analisi del patrimonio informativo aziendale. Autonomous è una categoria che rende Oracle diversa, noi siamo nati con li database quarant’anni fa ed è sempre stata una questione di dati per noi. Con le potenzialità e la profondità dell’Autonomous abbiamo anni di vantaggio rispetto a chiunque altro.
Edge9: Oracle propone applicazioni cloud native in diversi ambiti. Gli hyperscaler stanno passando dall'offrire compute e storage, a un'offerta applicativa più variegata e in diretta concorrenza con Oracle, sui database ad esempio. Come vede Oracle l'evolversi di questa situazione?
Richard Smith: Realtà differenti sono arrivate al cloud seguendo strade alternative. All’inizio i primi vendor hanno creato il concetto di Infrastructure as a Service, che francamente era essenzialmente legato a un arbitraggio sui costi. In pratica stavano assemblando processori Intel e memoria, vendendo il tutto a un prezzo concorrenziale. Per le aziende che spendevano milioni di dollari per gestire degli enormi data center era una proposta allettante, ma se guardiamo ai workload che sono andati sul Public Cloud non erano quelli che oggi chiamiamo Enterprise Level. Adesso possiamo abilitare un nuovo set di servizi e nuove potenzialità sul cloud, essendoci più banda a disposizione e la latenza non è più un problema.
L’approccio di Oracle è chiaramente diverso ed è guidato da necessità e design. Guardando al nostro attuale portfolio, abbiamo lavorato per 10 anni, senza farci troppo notare, per abilitare le nostre applicazioni a un modello basato sul cloud e oggi offriamo in Software as a Service il nostro ERP, le soluzioni HCM (Human Capital Management), CX e tutte le nostre applicazioni. 10 anni di scrittura e riscrittura del codice per rendere il nostro ecosistema aperto al cloud e “seamless”. A livello tecnologico abbiamo anche sviluppato, a partire dall’acquisizione di Sun, la nostra piattaforma Exadata, che in termini di “compute” (elaborazione) offre dei livelli di performance decisamente superiori. Rispettiamo il modello degli hyperscaler e ci sono varie piattaforme emergenti, ma quello che Oracle offre con le potenzialità della piattaforma Exatadata, implementabile on-premise o nel cloud. unite alla diversificazione del nostro portafoglio applicativo non ha rivali sul mercato, sia da un punto di vista operativo che di prestazioni.
Questo non significa non riconoscere la concorrenza, perché la stessa piattaforma si è aperta all’inter-operabilità. Se un vendor dice “fai tutto con me” è ingenuo, perché gli ambienti IT non crescono in questo modo, così come non è possibile ripartire da zero. Per Oracle è stato un percorso che ci rende molto competitivi e che ha portato oggi ad avere il nostro portfolio di applicazioni nel cloud, alla piattaforma Exadata, la nostra infrastruttura Cloud Gen 2. Sul fronte dell’interoperabilità l’annuncio della partnership con VMware ha sorpreso molti e abbiamo anche una partnership con Microsoft su Azure negli USA e in UK, che presto verrà estesa in tutta Europa.
Edge9: Un altro tema molto caldo è la sicurezza. Fra organizzazioni criminali con obiettivi economici e gli stessi stati che si combattono, le aziende si trovano nel mezzo. Scegliere la piattaforma Oracle, che gestisce sia le applicazioni che l’infrastruttura cloud sottostante, può garantire un maggior livello di sicurezza. Qual è la prospettiva di Oracle?
Richard Smith: Sono completamente d’accordo sul fatto che la sicurezza sia una priorità. La sicurezza non più il dominio solo del CIO o del CISO, che se sbagliano si ritrovano senza lavoro. È un tema per il CEO. Il valore di un brand può essere distrutto in poche ore a causa di una falla di sicurezza. Prima di tutto la nostra architettura è diversa perché siamo nati con i dati. La sicurezza è un elemento connaturato con la nostra tecnologia, non è qualcosa aggiunto intorno. La sicurezza è un elemento strettamente legato al concetto di Autonomous e funziona davvero. Chiunque sia il “bad actor”, e molti hanno competenze notevoli, nel dominio Autonomous un pattern euristico sconosciuto viene riconosciuto e lo specifico nodo del database sotto attacco viene isolato senza intervento umano.
Per fare un esempio, una delle banche europee con cui ho a che fare ha l’equivalente di 900 dipendenti a tempo pieno, la maggior parte dei quali in India, che si occupano esclusivamente di effettuare il patching dei sistemi della banca. Con l’Autonomous queste operazioni vengono automatizzate e non è per risparmiare sulle ore uomo, ma per creare un ambiente davvero sicuro.
Un altro esempio è legato a un caso finito sui giornali, relativo a Capital One. In quel caso il “bad actor” era un ex-dipendente e il cloud provider di Capital One ha dichiarato che non era sua responsabilità. La stessa Capital One ha dichiarato di aver fatto il possibile e la conseguenza è stata che i dati sensibili di 100 milioni di utenti sono stati compromessi. Un evento di questo tipo non può avvenire sul cloud Oracle Gen 2 perché nella nostra architettura i componenti di controllo e i dati degli utenti sono completamente separati. La sicurezza assoluta è impossibile da ottenere, ma la sicurezza offerta da Oracle, sia a livello contrattuale che tecnologico, è fra le più forti sul mercato. Grazie all’Autonomous il nostro CEO e i nostri clienti possono dormire più tranquilli… La sicurezza è un vero elemento differenziante per Oracle.
Edge9: Qual è la visione di Oracle su due concetti su cui si dibatte molto: hybrid cloud e multi cloud?
Richard Smith: Il cloud in quanto tale è un modello di distribuzione delle risorse di compute e storage. I benefici per i clienti non devono ricercarsi solo nell’aver spostato delle risorse sul cloud e nei gli iniziali risparmi di costo.
Per chiarire il concetto faccio riferimento a un cliente di Oracle, di cui non posso fare il nome, che è leader nella logistica in Spagna. Lavora con Amazon, El Corte Inglés e altri. Hanno un imponente network logistico con 26.000 autisti e 5.000 hub e nodi sparsi sul territorio. Sono un nostro cliente importante e una delle loro sfide operative è garantire le consegne in un giorno o meno. Quando piove molto a Madrid, tutto si ferma e per affrontare la situazione il cliente effettua delle simulazioni per definire come redistribuire le risorse. Normalmente dovevano lanciare le simulazioni con un certo anticipo, ma utilizzando le tecnologie cloud e Autonomous Database di Oracle possono lanciare le simulazioni in tempo reale, perché adesso possono farlo in poche ore contro i giorni necessari in passato. Questo ha un valore immenso per il cliente, tanto che il database administrator è diventato il Chief Data Officer dell’azienda, a testimoniare quanto sia importante questa analisi per il CEO. Il valore del cloud per il cliente qui non è nel risparmio di costi, ma perché si riescono a ottenere degli insight unici grazie a Oracle Data Analytics. La realtà è anche che il cliente ha differenti data warehouse, vari sistemi di logistica e utilizza molteplici piattaforme cloud. L’annuncio delle partnership di Oracle con VMware e Microsoft, che non sarebbero state possibili 10 anni fa, è un chiaro segnale che comprendiamo lo sviluppo del mercato e vogliamo sia aiutare i nostri clienti a massimizzare il valore dei dati che hanno nei sistemi Oracle, ma anche garantire l’interoperabilità.
È interessante notare, guardando i risultati finanziari dei nostri principali concorrenti, che la loro crescita nel cloud sta rallentando. Questo significa che c’è un livellamento e che non è più una questione di crescita dello Iaas (Infrastructure as a Service) ma di mostrare ai clienti dove si genera il valore. Dal nostro punto di vista, il 60% dei dati delle maggiori aziende a livello globale gira su sistemi Oracle e la combinazione di quello che stiamo facendo con l’Autonomous abbinato alla Oracle Cloud Gen 2 crea una combinazione molto forte. Questo è quello che i nostri clienti apprezzano.
Il passaggio alla Generazione 2 ha anche abilitato un deployment dei nostri data center molto rapido. In questa fase stiamo costruendo e rilasciando due data center al mese a livello globale. Questa velocità è un altro elemento differenziante rispetto alla concorrenza.
Maggiori informazioni su Oracle Cloud Infrastructure potete trovarle sul sito ufficiale.
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