Red Hat: IA protagonista delle novità presentate al Red Hat Summit. E qualche considerazione interessante sulla vicenda RHEL
di Vittorio Manti pubblicata il 20 Luglio 2023, alle 14:31 nel canale InnovazioneDurante l’ultimo evento prima della pausa estiva, Red Hat ha fatto il punto della situazione sulle novità presentate al recente Red Hat Summit. C’è anche stato un interessante scambio di battute sulla vicenda legata alla decisione di non pubblicare più i sorgenti di RHEL
In una calda giornata di luglio, probabilmente nell’ultimo evento a cui ha partecipato Edge9 prima della pausa estiva, non ci aspettavamo particolari scintille. Ci sbagliavamo, perché a organizzare l’evento era Red Hat e nelle ultime settimane alcune scelte dell’azienda hanno creato delle accese discussioni, di cui abbiamo già parlato su Edge9 e che, come spesso succede ultimamente, hanno portato subito a una forte polarizzazione.
Ci riferiamo in particolare alla scelta di Red Hat di rendere di disponibili i sorgenti di RHEL (Red Hat Enterprise Linux) esclusivamente ai clienti che hanno un piano di sottoscrizione attivo. Cercheremo di ripercorrere le tappe principali della vicenda nel prosieguo dell’articolo, prima di raccontare cosa è emerso durante l’evento. Premettiamo che non sono state fatte rivelazioni sconvolgenti, ma le risposte di Gianni Anguilletti, Vice-President Mediterranean Region in Red Hat, e soprattutto di Giorgio Galli, Manager Sales Specialist & Solution Architect Team in Red Hat Italy, ci hanno permesso di connettere i vari punti e farci un’idea abbastanza chiara delle motivazioni che hanno portato a questa scelta, mentre è molto meno chiaro quali saranno le conseguenze.
Red Hat Summit 2023: novità incentrate sull’intelligenza artificiale
Facciamo però prima un passo indietro, perché l’obiettivo principale dell’evento di Red Hat era fare un riassunto dei principali annunci del recente Summit 2023, durante il quale sono state presentate diverse novità significative e il tema principale è stato, prevedibilmente, l’intelligenza artificiale.
Il punto di partenza è che le piattaforme offerte da Red Hat sono davvero onnipresenti, in quanto utilizzate da una larga percentuale di aziende, nel mondo e in Italia, per lo sviluppo e la gestione delle applicazioni. Durante l’evento, Red Hat ha dichiarato che oltre il 50% delle app aziendali in Italia “gira” su OpenShift, la piattaforma di gestione di container basata su Kubernetes. È indubbio che le soluzioni di Red Hat permettano di costruire, sia per la singola azienda, sia per intere supply chain, un ambiente coordinato, molto robusto, ma anche flessibile, per gestire il patrimonio applicativo aziendale. L’approccio di Red Hat, ribadito da Rodolfo Falcone, Country Manager di Red Hat Italy, è quello di porsi non come un fornitore di servizi, ma come trusted advisor, per mettere le aziende in condizione di creare le giuste partnership e scegliere i prodotti di Red Hat più adatti alle loro esigenze. Per inquadrare il contesto di mercato, Falcone ha citato alcuni dati interessanti sul mercato italiano, per quanto fossero dati già noti, ma vale la pena ricordarli: il valore del mercato digitale in Italia nel 2022 è stato di circa 77 miliardi di euro, con una stima di crescita media annua fra il 2022 e il 2026 del 4,5%. Nello stesso periodo aziende e istituzioni concentreranno i loro investimenti su tre direttrici: cloud computing, cybersecurity e big data management (ci sentiamo di far rientrare in questa categoria anche l’IA, ndr). Per quanto siano dati tutto sommato positivi, va sottolineato che una parte importante degli investimenti verrà realizzata, se verranno rispettati gli obiettivi, dalla Pubblica Amministrazione, con i fondi del PNRR. Ci sentiamo quindi di commentare che, in questo scenario, non è detto che nel prossimo quinquennio potrà diminuire il gap in termini di trasformazione digitale che molte aziende italiane hanno ancora oggi.
In termini di annunci del Summit, quello per noi più significativo è stato OpenShift AI, che crea un layer nella consolidata piattaforma di Red Hat per sviluppare e fare il training di modelli avanzati di intelligenza artificiale e machine learning. Una novità particolarmente significativa di OpenShift AI è la possibilità di sviluppare inizialmente i modelli on premise e poi fare il rilascio su qualsiasi piattaforma, primariamente sul cloud, dando quindi la possibilità di costruire un’infrastruttura scalabile e flessibile, che possa funzionare al meglio nelle fasi di sviluppo e di training e, successivamente, nell’implementazione a regime del modello.
Anche Red Hat propone un assistente basato su Large Language Models
Parlando di intelligenza artificiale oggi, è impossibile non soffermarsi sui Large Language Models, e la risposta di Red Hat è Ansible Lightspeed, che integra un assistente allo sviluppo basato sull’IA generativa di IBM Watson. Ansible è la piattaforma di automazione di Red Hat, che è trasversale a tutte le fasi di sviluppo e gestione delle applicazioni, dall’infrastruttura, alla sicurezza, all’integrazione fra diverse piattaforme.
Con Lightspeed si aggiunge un assistente che, in puro stile ChatGPT, interpreta le richieste in linguaggio naturale fatte da sviluppatori e data scientist, e restituisce dei suggerimenti di codice che, se considerati efficaci dallo sviluppatore, andranno poi a popolare direttamente il codice dell’applicazione che si sta sviluppando. Oggi Ansible Lightspeed si “limita” a generare codice, ma c’è già una roadmap ben definita che porterà ad aggiungere delle nuove funzionalità, come la ricerca di codice simile già esistente, l’ottimizzazione del codice e la documentazione automatica di codice già sviluppato. Quest’ultima funzionalità è molto interessante e molto “attuale”, perché in un mercato dove le risorse di sviluppo sono decisamente scarse è facile che uno sviluppatore cambi velocemente posto di lavoro. Chi subentra potrà utilizzare Ansible Lightspeed per analizzare il codice sviluppato da chi non è più in azienda e comprendere velocemente a cosa serva e, soprattutto, come sia collegato ad altro codice nell’architettura aziendale, che spesso è molto complessa e stratificata.
Un riassunto delle puntate precedenti della vicenda RHEL
Torniamo adesso all’aspetto, se vogliamo, più stuzzicante dell’evento, ossia la discussione che si è creata, durante la sessione di domande e risposte, prima con Gianni Anguilletti e soprattutto con Giorgio Galli da un lato e diversi giornalisti presenti dall’altro. Per un resoconto dettagliato di cosa era successo alla fine di giugno, potete leggere la notizia che avevamo pubblicato. Sono due i passaggi da tenere a mente: nel 2020, dopo l’acquisizione del 2014, Red Hat aveva cambiato radicalmente la natura di CentOS, che fino a quel momento era una distribuzione collocata a valle di RHEL, quindi era una distribuzione identica “bug by bug” a RHEL, che veniva aggiornata dopo che Red Hat modificava la versione stabile della distribuzione. A partire dal 2020 invece, CentOS si è trasformata, sempre per volere di Red Hat, in CentOS Stream ed è diventata una distribuzione a monte di RHEL, dove Red Hat e la comunità Open Source, inclusi gli ISV, possono sperimentare nuove funzionalità, prima che vengano stabilizzate e rese disponibili in produzione in RHEL. Già questa decisione aveva creato molto malcontento nella comunità, ma erano subito nate nuove distribuzioni, primariamente Rocky Linux e AlmaLinux, che si sono posizionate a valle e che, fino a oggi, hanno preso il posto di CentOS.
Il secondo passaggio è che, a fine giugno, Red Hat ha annunciato che non pubblicherà più i sorgenti di RHEL, che rimarranno disponibili solo per i clienti che hanno una sottoscrizione attiva. E qui siamo a quanto già riportato da Edge9 nella news di fine giugno.
La posizione ufficiale di Red Hat, ribadita durante l’evento, è che l’azienda è convinta di aver fatto tutto nell’ambito delle norme attuali. Si è parlato proprio di legge, cosa che ci sentiamo di dire non essere il termine più adatto da utilizzare in questo contesto. Non si tratta di seguire la legge e siamo certi che se Red Hat dichiara di continuare a essere conforme con la licenza GPL, con le risorse a disposizione del reparto legale, siamo certi che lo sia. Qui il tema è se la scelta di Red Hat sia in linea con la filosofia della comunità Open Source, di cui Red Hat fa parte e che, anzi, l’azienda continua a ribadire quanto per lei sia importante farne parte. Su questo aspetto comunque qualsiasi giudizio è soggettivo e prima di dare il nostro, ci sembra utile fare un passo avanti e cercare di valutare le motivazioni della scelta di Red Hat. Possiamo però osservare che una parte della comunità ha reagito in modo negativo.
Prima di valutare le motivazioni e ribadendo che durante l’evento non è stato fatto alcun annuncio ufficiale in merito, va ricordato un altro tassello di questo intricato puzzle. Il 13 luglio abbiamo pubblicato un’altra notizia che riportava e commentava una dichiarazione di Oracle, che stigmatizzava la scelta di Red Hat. Potete leggere qui la nostra news e ci sembra inutile, in questa fase, commentare ulteriormente la dichiarazione di Oracle. È utile invece ricordare che Oracle offre da anni Oracle Unbreakable Linux, una distribuzione derivata da RHEL, che parzialmente andava a offrire un’alternativa alla vecchia incarnazione di CentOS.
Le vere motivazioni dietro la scelta di non pubblicare i sorgenti di RHEL
Premessa doverosa: fino ad ora abbiamo riportato dei fatti, adesso ci spingiamo oltre e diamo invece il nostro giudizio, assolutamente soggettivo. Ribadiamo ulteriormente che nessun manager di Red Hat, né all’evento né in altri contesti, ha mai condiviso con Edge9 giudizi simili. La nostra sensazione è che non sia una questione economica, ossia che Red Hat non perda, o meglio perdesse, soldi dal fatto che ci fossero delle distribuzioni a valle di RHEL, anche se è vero che potevano essere utilizzate in produzione al posto di RHEL. La nostra sensazione è che Red Hat abbia voluto mettere definitivamente la parola “fine” alla coesistenza di distribuzioni a valle di RHEL che fossero dei veri e propri cloni della sua distribuzione. Questo è di fatto abbastanza scontato, viste le decisioni prese, ma ci sentiamo di fare un passo in più e dire che lo abbia fatto in modo quasi stizzito, perché infastidita dal fatto che altre aziende, fra cui Oracle, traessero dei benefici da questa situazione, senza poi andare a dare merito a Red Hat del lavoro che si sobbarca per tenere costantemente aggiornata RHEL. Diciamo una scelta fatta più di pancia che di testa.
Una scelta che però sta avendo e, soprattutto, avrà delle ripercussioni sulla comunità Open Source, altro luogo dove la sensibilità su questioni filosofiche ha spesso il sopravvento sulle “mere” questioni economiche, perché ricordiamoci che anche nella comunità Open Source l’aspetto economico non è secondario.
Una cosa Giorgio Galli l’ha detta: le conseguenze sulla community della scelta di Red Hat di non pubblicare più i sorgenti di RHEL si vedranno più chiaramente entro un anno. Noi saremo qui a monitorare quello che succederà e a raccontarvi gli sviluppi.
3 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoGià il fatto di essere "convinti" di essere a norma vuol dire di non essere "sicuri"...
Comunque, concordo con l'articolo, anche fosse fatto tutto a norma, non di sole norme si vive.
Il nome se lo sono rovinati in molti contesti.
E Suse sembra ben disposta a portargli via clienti...
Quelli col cappello blu hanno solo fatto un piacere alla comunità GNU/Linux. Debian e le altre distro ne beneficeranno un bel po'.
Se poi si togliesse anche dai @@ il potta con quella m€rda di pulseaudio e systemd, vorrebbe dire che sono morto e sono finito in paradiso.
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