VivaTech 2024: la fiera parigina diventa il nuovo punto di riferimento per la tecnologia in Europa
di Vittorio Manti pubblicata il 29 Maggio 2024, alle 18:01 nel canale InnovazioneAbbiamo partecipato a VivaTech 2024 e abbiamo scoperto un evento decisamente al passo con i tempi. Erano presenti le più importanti aziende della tecnologia e il format è moderno ed efficace. Fra le varie aziende italiane presenti abbiamo intervistato TUC.technology
Ha ancora senso organizzare una fiera di tecnologia nel 2024? Le informazioni sono disponibili immediatamente online, esistono piattaforme digitali di networking che permettono agli operatori di settore di interagire fra loro e con il pubblico, le figure chiave del mondo della tecnologia “interloquiscono” sempre più spesso online con gli utenti. Eppure assistiamo al consolidamento di manifestazioni “storiche”, come il CES o il MWC, e alla crescita di nuove realtà come Gitex di Dubai, che nel 2025 lancerà un’edizione europea, e di VivaTech, l’evento che si svolge annualmente a Parigi e a cui abbiamo partecipato qualche giorno fa.
È proprio con l’obiettivo di rispondere alla domanda iniziale e spinti dalla curiosità di conoscere da vicino l’evento che siamo andati a Parigi. Anticipiamo subito la risposta: sì, ci sono sicuramente molti motivi per organizzare un evento come VivaTech. Ci spingiamo oltre, vale decisamente la pena partecipare all’evento, per diverse figure e, anche in questo caso, per diversi motivi, che non sono gli stessi per cui si partecipava in passato ad eventi simili. Sta cambiando il ruolo degli eventi “generalisti” di tecnologia, perché è il ruolo stesso della tecnologia che è cambiato negli ultimi anni.
Come sono cambiate le fiere di tecnologia
Prima di raccontare l’esperienza che abbiamo vissuto in due giorni molto fitti, vale la pena fare diversi passi indietro e identificare alcune tappe fondamentali dell’evoluzione del ruolo delle fiere di tecnologia. C’è un primo spartiacque: prima e dopo internet. Fino alla fine degli anni ’90, quando c’è stato un vero e proprio boom dell’informatica consumer, le fiere erano IL luogo dove scoprire le novità, ascoltare i protagonisti che disegnavano visioni futuristiche, alcune delle quali si sono anche concretizzate. È famoso il keynote di Bill Gates al Comdex del 1998 per il “blue screen of death” di Windows 98, ma, nonostante gli inconvenienti, in quel periodo partecipare di persona agli eventi come il Comdex ti rendeva speciale, acquisivi delle conoscenze di prima mano che si diffondevano fra il grande pubblico solo dopo mesi. Si acquisiva un vantaggio tangibile dal partecipare agli eventi, che permetteva di vedere prima degli altri come si sarebbe evoluta la tecnologia. Nei primi anni 2000 il Comdex è scomparso, sostituito dal CES, allora ancora conosciuto come Consumer Electronics Show, che incarna una nuova visione di fiera, non più concentrata su un singolo settore, come era il Comdex per l’IT, ma con l’orizzonte più ampio possibile sulla tecnologia, inglobando, di fatto, anche l’IT.
Il CES è ancora vivo e vegeto, è sopravvissuto agli anni del covid, ma il suo ruolo è cambiato radicalmente. Fino agli anni ’10 andare a Las Vegas per il CES significava fare una vera e propria scorpacciata di novità. Sia come giornalisti, nei due giorni dedicati prima dell’apertura vera e propria della fiera, sia come visitatori, con solo un paio di giorni di ritardo, si vedevano per la prima volta i nuovi prodotti dei principali produttori mondiali. Oggi non è più così, seguendo l’esempio di Apple già nei primi anni duemila, tutti i principali produttori hanno praticamente smesso di lanciare le novità al CES o in eventi simili. Il motivo è molto semplice: per quanto ci sia una grande attenzione mediatica e di pubblico, gli annunci di un singolo produttore vengono sommersi dalle tantissime novità presentate. Chi può permetterselo, quindi, ha iniziato a creare degli eventi dedicati, a volte a ridosso delle fiere più importanti. Il ruolo del CES, come dell’IFA di Berlino, che però negli ultimi anni ha visto un’involuzione, nel 2024 è quindi molto diverso: è un’enorme vetrina che permette di avere una visione d’insieme sull’evoluzione della tecnologia. Il CES, per questo non si fa più chiamare Consumer Electronics Show, non copre solo tutti i settori della tecnologia, ma è sempre più focalizzata sugli aspetti B2B e di innovazione. Testimonia questa tendenza la crescita esponenziale dello spazio dedicato alle startup, non solo tecnologiche, presenti all’Eureka Park, un enorme padiglione dove ogni Paese ha un suo spazio dedicato.
L’esempio del MWC
Tornando agli anni in cui il CES ha sostituito il Comdex, parallelamente abbiamo assistito alla crescita del MWC, che negli anni a cavallo fra la fine dei ’90 e inizio dei 2000 si chiamava GSM (poi 3GSM) World Congress. Un concetto diverso di fiera, focalizzato sul settore delle telecomunicazioni, proprio nel momento di esplosione della telefonia cellulare. Mentre nel 2007 Steve Jobs lanciava il primo iPhone in un evento dedicato, il MWC cambia nome e dal 2006 si stabilisce a Barcellona. Il formato della fiera di settore, per quanto un settore enorme, ha successo e in quegli anni era evidente a chiunque partecipasse che quello era diventato il luogo dove si faceva il mercato. Era lì che si incontravano produttori di infrastrutture e device con gli operatori per definire la struttura stessa del mercato. Negli anni successivi il MWC ha deviato dalla sua missione iniziale, diventando, anche lui, luogo dove i produttori lanciavano le (innumerevoli) novità di prodotto, mentre si creava il mercato degli smartphone. Anche in questo caso la tendenza dei produttori a organizzare degli eventi dedicati e l’esplosione di internet e dei social, ha messo in crisi il modello, che comunque era “fallato” alla base, perché aveva mutato la natura business dell’evento. In questo caso il blocco forzato dal covid ha permesso di fare un grande “reset” e nelle ultimissime edizioni il MWC è tornato a essere un evento prettamente business, di fatto aumentandone considerevolmente il valore.
Nel 2024, ci sono quindi realtà storiche, come CES e MWC, che sono riuscite a fare evolvere il proprio format e rimanere attuali, altre realtà come IFA che vivono un momento di difficoltà perché non riescono a definire un’identità precisa per l’evento, e nuovi format che sono in forte evoluzione. Un elemento risulta comunque molto chiaro: anche con una marea di informazioni disponibili online e sui social, e la possibilità di interagire online con altre persone, resta comunque fortissima l’esigenza di incontrarsi di persona, di essere presenti agli eventi e di vivere delle esperienze “dirette”.
VivaTech 2024: un format vincente
È in questo contesto che si inserisce il format di VivaTech. È un mix decisamente diverso da quello del CES, in parte più simile al MWC. Sono tre gli elementi chiave: interventi di personaggi di altissimo livello, una presenza variegata di aziende appartenenti a settori diversi ma limitata nel numero e selezionata a monte e, infine, uno spazio importante dedicato alle startup. In termini quantitativi non c’è confronto con il CES ed è anche più ristretta rispetto al MWC, ma girando nei due padiglioni dell’Expo di Parigi si percepisce una sensazione di cura e di coerenza nell’amalgamare aziende anche molto diverse. “Una fiera molto concreta”, così ha sintetizzato il suo giudizio su VivaTech Ludovico Campana, CEO e Founder di TUC.Technology, che abbiamo intervistato durante l’evento. La sua analisi è molto significativa, perché mette in luce un primo motivo concreto per partecipare, in questo caso come espositore alla fiera parigina. La concretezza si riferisce al fatto che in fiera Campana ha potuto incontrare figure di spicco del mondo automotive, persone con capacità decisionale con cui si sono stretti o rinsaldati dei rapporti. Questo è l’elemento che avvicina di più VivaTech al MWC e all’incarnazione business del MWC dei tempi d’oro, quando durante la fiera si faceva, come dicevamo prima, il mercato. Le aziende che partecipano a VivaTech non mandano solo degli “standisti” a gestire la relazione con il pubblico, non sono lì solo per mostrare i propri servizi, cercano di sfruttare la loro presenza per tessere rapporti con partner e clienti.
Affinché questo obiettivo possa essere raggiunto è essenziale la selezione a monte dei partecipanti, per evitare di incappare in realtà che magari sono abituate a fiere mercato dove prevale l’aspetto commerciale. Qui c’è una sostanziale differenza con il CES e con IFA, dove in alcuni padiglioni sembra di camminare all’interno di un centro commerciale. VivaTech, per quanto possa dare spunti di riflessione a chiunque, non è una fiera consumer con l’obiettivo di intrattenere. È una piattaforma strategica dove chiunque comprenda il potenziale della tecnologia può trovare spunti per la trasformazione digitale, primariamente della propria azienda e, in seconda battuta, anche per il proprio stile di vita.
Sessioni interessanti e qualche problema logistico
E qui si inserisce l’altra componente fondamentale di VivaTech: una serie innumerevole di sessioni, suddivise in quattro track, che ha visto la partecipazione di molte figure molto prominenti del mercato, non solo della tecnologia. L’argomento che ha tenuto banco è stato, naturalmente, l’intelligenza artificiale, ma anche in questo caso vista da prospettive diverse. Sul palco principale è intervenuto Werner Vogels, CTO di Amazon, che ha riproposto, in versione aggiornata, uno dei suoi keynote dell’AWS re:Invent. Vogels è un vero e proprio personaggio da palcoscenico, con posizioni anche molto estreme. Sicuramente è una delle massime autorità mondiali sull’argomento e questo testimonia l’enorme valore di VivaTech. Non è necessario volare dall’altra parte dell’oceano e partecipare all’evento di una specifica azienda per sentir parlare un personaggio come Vogels, nell’arco dei giorni della fiera si ha la possibilità di ascoltare i massimi esperti mondiali. Qui dobbiamo sottolineare il vero unico problema dell’evento, legato proprio al suo successo. La fiera sta crescendo e il numero di visitatori è diventato così elevato che la struttura fieristica che ospita VivaTech si è dimostrata non all’altezza. Tralasciando gli importanti lavori di espansione che erano ben visibili, ma non intralciavano più di tanto, il padiglione scelto per l’evento e, soprattutto, la dimensione delle sale che accoglievano i quattro track non era sufficiente per la mole di persone che ha partecipato. Si creavano quindi delle lunghe code per accedere a tutte e quattro le sale. Questo è un problema che andrà risolto nelle prossime edizioni perché è impensabile dover passare praticamente il tempo di una sessione in fila per poter assistere alla successiva.
Un altro intervento significativo per comprendere la natura di VivaTech è stata quella del CEO di Honor, che ha presentato la visione dell’azienda su come l’intelligenza artificiale verrà sempre più integrata all’interno degli smartphone. La presentazione era incentrata nel mostrare quattro livelli di integrazione: AI-cross device, AI a livello di piattaforma, AI a livello di App e Interface to Cloud-AI services. Queste innovazioni porteranno a un’evoluzione di come si interagisce con lo smartphone, che personalizzerà l’esperienza in base all’utente, arrivando ad anticipare le intenzioni degli utenti. Molto di quello che fa e farà Honor con l’IA è legato a una stretta partnership con Google, a testimoniare l’interdipendenza, soprattutto adesso con l’evoluzione dell’IA, fra vari player del mercato. Quello che è significativo in funzione del posizionamento di VivaTech è che Honor, per quanto abbia annunciato il lancio del nuovo Honor 200 il 12/6, non ha parlato di prodotti ma di scenari. Chi investe il suo tempo per partecipare a VivaTech può essere certo di tornare a casa con una visione molto chiara sugli scenari presenti e futuri della tecnologia.
Lato startup, resta valido l’approccio basato sulla selezione qualitativa. Per quanto numerose, non si arriva agli eccessi del CES e c’è la possibilità di scoprire nuove realtà e, per le startup, di entrare in contatto con interlocutori funzionali alla loro crescita.
Possiamo quindi confermare la risposta alla domanda inziale sul senso di un evento come VivaTech: vale la pena partecipare, perché è un osservatorio privilegiato sugli scenari evolutivi della tecnologia e, contestualmente, una piattaforma di interazione fra gli operatori del mercato. Il posizionamento è chiaro, la formula è vincente, serve solo aggiustare qualche dettaglio logistico.
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