Huawei Enterprise Day: la Cina crede nelle aziende italiane

Huawei Enterprise Day: la Cina crede nelle aziende italiane

L'Italia è uno dei Paesi chiave per l'azienda di Shenzhen e questo è un messaggio che il CEO di Huawei Italia Thomas Miao ha voluto sottolineare in modo netto dal palco del Huawei Enterprise Day di Cernobbio, dove l'azienda cinese ha radunato clienti, partner, operatori e system integrator. Spazio sul palco anche alla smart city di Cagliari e al punto sull'industria italiana del Politecnico di Milano

di pubblicata il , alle 18:41 nel canale TLC e Mobile
Huawei
 

Con la sempre più fiera opposizione che si trova a fronteggiare, assieme alle altre aziende come ZTE, negli Stati Uniti, la strategia di Huawei è quella di puntare in modo forte sugli altri mercati. L'Italia è uno dei Paesi chiave per l'azienda di Shenzhen e questo è un messaggio che il CEO di Huawei Italia Thomas Miao ha voluto sottolineare in modo netto dal palco del Huawei Enterprise Day di Cernobbio, dove l'azienda cinese ha radunato clienti, partner, operatori e system integrator per una mezza giornata di conferenze, workshop e incontri.

'Touch the Future', questo il tema della giornata, che ha visto protagonista la terza, e meno conosciuta ai più, divisione del colosso cinese, Huawei EGB - Enterprise Business Group -, che si affianca alle divisioni Consumer, quella che si dedica alla produzione dei terminali come Huawei P30 Pro, e Carrier, che invece ha come clienti principali gli operatori e costruisce apparati di rete per le telecomunicazioni. È la divisione che tra tutte è in maggiore crescita al momento, sfruttando il momento di transizione e di digitalizzazione di imprese, servizi e pubblica amministrazione.

Sono sei i pilastri della strategia dell'azienda in questo settore: 5G, Blockchain, Cloud Computing, Big Data, IoT, Intelligenza Artificiale. In questo mercato Huawei si pone come abilitatore di servizi, mettendo a disposizione reti, servizi cloud e piattaforme di gestione, affidandosi ai partner per gli apparecchi connessi (ad esempio i contatori, i lampioni, i sensori) e per la applicazioni specifiche. I primi interlocutori di Huawei EBG sono quindi i system integrator.

Durante il convegno sono stati presentati alcuni casi reali, come quello della digitalizzazione della città di Cagliari, che vede Huawei tra i partner principali di CSR4, il Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna, fondato nel 1990 dal Premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia. La città è parte di un progetto pilota che vede l'integrazione di diverse tecnologie per creare una console unificata di monitoraggio che permetta di semplificare la gestione ordinaria, ma anche gli interventi di emergenza. Telecamere e sensori monitorano lo stato del traffico, veicolare e pedonale, unendo i dati a quelli provenienti da fonti terze, come TomTom e Google; a questi dati si aggiungono quelli sul tasso di occupazione dei parcheggi, ma anche eventuali allerte meteo e i dati del traffico marittimo, per gestire in anticipo e temporalmente preciso, ad esempio, il flusso di persone che sbarcano da navi da crociera e traghetti. In questo caso Huawei ha collaborato mettendo a disposizione la piattaforma di controllo e integrazione dei dati, simile a quella che viene utilizzata in un progetto simile a Shenzhen, ma anche con infrastrutture di data storage, servizi cloud e di gestione delle connessioni wireless.

Thomas Miao ha voluto dare nel suo intervento un'iniezione di fiducia a tutti partner dicendo chiaramente che l'Italia può tornare a essere un paese leader in ambito tecnologico e che Huawei scommette e investe molto nel nostro Paese. L'azienda collabora con 14 università italiane con investimenti pari a 4,5 milioni di euro, ha attivi diversi progetti di ricerca congiunta, è in prima linea nelle sperimentazioni 5G a Milano, Matera e Bari ed è partner di alcune grandi aziende per la digitalizzazione dei servizi.

Ma su quale terreno vanno a innestarsi questi sforzi. Durante il pomeriggio del convegno ha fatto il punto Lucio Lamberti, Professore Associato del Politecnico di Milano. Il dato di partenza non è incoraggiante: negli ultimi vent'anni la produttività del lavoro in Italia è stata stagnante, ben al di sotto della media OCSE e di quella di paesi come Francia e Germania. Discorso simile per l'indice di digitalizzazione, decisamente al di sotto di quello dei principali paesi europei. Nonostante queste due basi altri indicatori sono più rosei: Lamberti ne trae la sintesi 'L'Italia è piena di aziende che fanno ottime cose in un ecosistema poco digitale'. Un dato che può essere tranquillizzante nell'immediato, ma che non deve nascondere il vero problema: grazie alla digitalizzazione i concorrenti stanno accelerando molto, restare indietro su questo tema porterebbe a una perdita di competitività insostenibile sul medio-lungo periodo.

In particolare, ha fatto notare il professore, le aziende italiane non sono indietro rispetto agli altri paesi europei sul fronte della connettività a banda larga e sulla dotazione di applicativi (come l'ERP), ma a mancare è la cultura digitale quotidiana, con un più basso utilizzo di dispositivi connessi nell'attività lavorativa e soprattutto uno scarso investimento sulla formazione delle capacità e abilità digitali: la percentuale di lavoratori coinvolti in corsi di miglioramento delle skill digitale è infatti molto più bassa di quella degli altri paesi. Incoraggiante è l'interesse verso tecnologie avanzate da parte delle aziende, con molte che hanno messo nel mirino l'intelligenza artificiale per i propri progetti futuri e una minima percentuale che invece non prevede nessuna iniziativa in tale direzione.

Positiva è la maturità relativi agli acquisti online che ha visto una netta crescita nell'ultimo anno dei web shopper abituali. Interessante il dato relativo alla crescita dell'utilizzo degli strumenti digitali nella vita quotidiana delle persone con, in controtendenza con quanto si potrebbe pensare, i baby boomer (generazione 1945-64) in grande spolvero. Particolare il commento del Prof. Lamberti: "Laddove non sono riuscite molte strategie in passato nell'impresa di far adottare a quella generazione gli strumenti digitali - come lo smartphone connesso -, è riuscita Whatsapp tramite le foto dei nipotini".

5 Commenti
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giovanni6919 Maggio 2019, 19:34 #1
Il Sig. Miao, dovrebbe dissipare anche per il nostro paese la possibilità che Huawei possa avvantaggiarsi dell'Italia e degli Italiani: " 5G, Blockchain, Cloud Computing, Big Data, IoT, Intelligenza Artificiale" sono anche mezzi per giocare battaglie a danno di un paese e non solo per abilitare servizi.
GTKM19 Maggio 2019, 20:21 #2
Originariamente inviato da: giovanni69
Il Sig. Miao, dovrebbe dissipare anche per il nostro paese la possibilità che Huawei possa avvantaggiarsi dell'Italia e degli Italiani: " 5G, Blockchain, Cloud Computing, Big Data, IoT, Intelligenza Artificiale" sono anche mezzi per giocare battaglie a danno di un paese e non solo per abilitare servizi.


Di Maio non è nemmeno in grado di legarsi le scarpe da solo, figuriamoci se capisce le implicazioni di certe scelte.
giovanni6920 Maggio 2019, 11:49 #3

Trasferimenti forzati di tecnologia....

Ricordiamoci che in Cina funziona così:

"Due to investment restrictions on some industries in China, many European firms' only choice is to operate through joint ventures with domestic partners where the European partner can't hold a controlling stake. Some respondents reported they were forced to hand over sensitive technology to partners that later became competitors."

"The chamber noted that technology transfer requirements were particularly apparent in joint ventures with state-owned enterprises as partners, and that the problem affects companies making everything from chemicals to medical devices. Government metrics reward local companies for attracting new international technology, while rules sometimes require a foreign company to produce its product in China to sell it, making such transfers "a requirement of doing business in China," respondents told the chamber."

Fonte: 'Forced Tech Transfers Are on the Rise in China, European Firms Say'" - WSJ

Quindi noi europei veniamo depredati del nostro know-how per diventare partner e poi pure la presa per il ...di vedersi i Cinesi combattere sullo stesso piano.

Traduzione del concetto da parte dell'Ansa - "Le imprese europee attive in Cina lamentano l'obbligo sempre più diffuso del trasferimento forzato di tecnologia a fronte dell'accesso ai mercati, a dispetto delle rassicurazioni date da Pechino sul contenimento del fenomeno. Il Business Confidence Survey 2019 della Camera di Commercio Ue in Cina vede nel 20% (doppio di 2 anni fa) la quota di iscritti costretti a cedere tecnologie: per il 25% di questi il
procedimento è in corso e per il 63% è stato completato in meno di due anni. Questa pratica è uno dei punti chiave della guerra commerciale Usa-Cina."
giovanni6920 Maggio 2019, 11:50 #4
Quanto a Salvini, ospite di Coffee Break su La7, quando gli e' stato chiesto di commentare il Memorandum Cina-Italia, anche alla luce della scelta di Google di interrompere i rapporti con Huawei seguendo la linea di Trump. Per Salvini "i dati sensibili devono essere" gestiti da gruppi italiani, "l'ho detto a Conte e Di Maio. Se si tratta di commercio, aiutiamo le imprese" ma "sulla sicurezza nazionale, non voglio un Paese che non e' una democrazia e che ha un notevole spirito di imperialismo e di controllo. Quindi se vuoi investire sui porti, per carita' ma il controllo deve essere italiano".
giovanni6920 Maggio 2019, 12:04 #5
Originariamente inviato da: GTKM
Di Maio non è nemmeno in grado di legarsi le scarpe da solo, figuriamoci se capisce le implicazioni di certe scelte.


...mentre il suo anagramma, il CEO di Huawei Italia Thomas Miao, le capisce bene, molto bene...

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