Il passaggio al digitale e le riforme assenti: a IBM Think Italia si parla di opportunità
di Riccardo Robecchi pubblicato il 27 Ottobre 2021 nel canale InnovazioneIBM e Ambrosetti - The European House hanno presentato all'edizione italiana di IBM Think 2021 uno studio in cui fanno il punto della situazione sullo stato della digitalizzazione e della produttività nel nostro Paese. La fotografia dello stato attuale delle cose è disarmante, in particolare per quanto riguarda le riforme che non sono state fatte, ma c'è motivo di speranza grazie al PNRR
IBM Italia ha fatto il punto della situazione all'edizione nostrana di Think 2021, tenutasi negli scorsi giorni. L'azienda ha voluto dare particolare rilevanza all'idea che il momento che stiamo vivendo sia un'occasione unica e irripetibile per imprimere un forte cambiamento alla direzione del nostro Paese, con riforme e investimenti che stimolino la società e creino nuove opportunità.
IBM Think Italia 2021: la situazione del Paese tra incertezze e arretratezza
Il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, metterà sul piatto circa 235 miliardi di euro da destinare alle riforme, di cui 191,5 miliardi provenienti dal piano NGEU dell'Unione Europea. Il Governo ha indicato sei ambiti principali in cui tali fondi verranno impiegati: rivoluzione verde e transizione ecologica; digitalizzazione, innovazione e competitività; istruzione e ricerca; infrastrutture per la mobilità sostenibile, inclusione e coesione; salute. Proprio la digitalizzazione, l'innovazione e la competitività sono elementi chiave per dare all'Italia quel cambiamento che le è così necessario.
Lo studio commissionato da IBM e condotto da The European House - Ambrosetti, presentato in occasione di Think 2021, mette infatti in chiaro come proprio la mancata digitalizzazione, il basso livello di innovazione e la scarsa competitività abbiano condotto l'Italia a crescere di appena il 3,9% rispetto al livello raggiunto nel 2000, mentre altri Paesi hanno ottenuto risultati ben più significativi: il Giappone è cresciuto del 15,2%, la Francia del 27,9%, la Germania del 27%, il Regno Unito del 37,6%, gli Stati Uniti del 44,9%. Tra le grandi economie, insomma, l'Italia è quella che è rimasta più indietro.
Il problema è individuato da Ambrosetti in quelle che vengono definite le "energie di sistema": a farne parte sono le pratiche manageriali, la formazione, la digitalizzazione, l'attenzione alla sostenibilità, l'allocazione ottimale del capitale umano, il supporto della Pubblica Amministrazione all'attività imprenditoriale e così via. Se altri parametri come capitale e lavoro hanno contribuito a una crescita netta del Paese, le "energie di sistema" hanno dato invece un contributo negativo.
Ambrosetti afferma nello studio che sia difficile attribuire a una singola componente più di altre la responsabilità di questo impatto negativo (per quanto l'apparato burocratico e la cultura manageriale italiani siano certamente fattori negativi), ma la trasformazione digitale viene vista come una leva netta di sviluppo per via del suo impatto sugli aspetti organizzativi e di efficienza nell'uso delle risorse.
L'Italia è rimasta indietro di oltre 20 punti percentuali nella produttività rispetto a tutti i principali Paesi concorrenti e ciò non ha solo un effetto sul PIL, ma anche sul numero di occupati: se in Europa il numero di posti di lavoro è cresciuto di 748mila unità nel corso degli ultimi vent'anni, in Italia è invece diminuito di 59mila. Questa mancata crescita nella produttività, intesa come capacità di creare ricchezza da parte dell'intero sistema economico più che come produttività personale di ciascun lavoratore, è particolarmente preoccupante proprio per gli effetti di mancata crescita economica che porta con sé.
La crisi determinata dalla pandemia ha comunque impresso un'accelerazione notevole ad alcuni cambiamenti che erano già in atto: i privati hanno infatti aumentato notevolmente le proprie interazioni digitali con le imprese, mentre tra il 2019 e il 2020 l'uso di servizi parzialmente o totalmente digitali è incrementato a livelli che erano previsti solo dopo sette anni.
L'analisi effettuata da Ambrosetti mette in chiaro che saranno le PMI a dover fare i maggiori sforzi per digitalizzarsi, dato che sono quelle con i risultati meno soddisfacenti, in particolare quando rapportate alle imprese di grandi dimensioni (definite come quelle con più di 250 occupati). Considerando che l'economia italiana è composta per lo più da PMI, il quadro risulta dunque poco entusiasmante, per quanto comunque ci siano nette possibilità di crescita che si traducono anche, quindi, in possibilità di business per quelle aziende che sapranno posizionarsi correttamente sul mercato.
Un problema culturale a cui porre rimedio con le riforme?
In generale, questa situazione non sorprende. L'Italia è infatti arretrata culturalmente dal punto di vista del digitale, fatto esemplificato dalla quota di cittadini dotati di competenze digitali superiori a quelle di base: appena il 22%, contro il 33% della media europea. Appena l'1% dei laureati ha un titolo in una materia legata al mondo ICT, contro il 3,6% europeo. Questi dati segnalano che l'Italia, intesa come sistema nel suo complesso, è resistente ai cambiamenti imposti dal digitale - fatto di cui abbiamo parlato più e più volte in queste pagine, ad esempio in merito all'uso dei "click day".
Non possiamo non ricordare, ancora una volta, le pesanti responsabilità della classe politica, che più e più volte non ha saputo snellire la burocrazia, investire nel rinnovamento della filiera produttiva e facilitare il passaggio al digitale. Più in generale, non si può non evidenziare un fallimento della classe dirigente italiana in senso più ampio, anche all'esterno della politica, nel saper guidare un processo di cambiamento che era evidente dovesse avvenire per mantenere la competitività ma che, per ragioni di opportunismo di vario genere, non è stato portato avanti.
Le riforme previste, però, dovrebbero dare un significativo impulso al cambiamento: forse non dal punto di vista culturale, cosa che richiederà diverso tempo, ma almeno dal punto di vista della messa a disposizione delle tecnologie, elemento però necessario perché si vedano effetti anche sul piano culturale. Il PNRR include infatti piani per la maggiore diffusione della banda larga, del cloud, dei servizi digitali ai cittadini. In particolare, è degno di nota il fatto che si parli finalmente in maniera aperta dell'introduzione del concetto di "once only", ovvero l'idea che il cittadino debba fornire i dati una e una sola volta alla Pubblica Amministrazione e che sia questa a doversi fare carico della condivisione di tali dati al proprio interno. Un bel cambiamento rispetto all'attuale situazione fin quasi vessatoria, in cui il cittadino è costretto a scontrarsi con un labirinto burocratico infinito in cui è necessario fornire i propri dati molteplici volte per qualunque operazione.
L'aspetto importante in tutto ciò non è solo che i cittadini dovranno fare i conti con una burocrazia meno opprimente, ma anche che l'accesso a strumenti digitali più semplici da usare renderà più facile la loro diffusione anche in nuove fasce della popolazione che sono oggi tagliate fuori.
Per questo Ambrosetti e IBM hanno parlato non solo di "industria 4.0", come si è fatto finora, ma hanno allargato il campo con il termine "transizione 4.0" che porta molte delle stesse caratteristiche di digitalizzazione verso un insieme di settori più vasto, tale da permettere di parlare più ampiamente di digitalizzazione dell'economia. Il fatto che il governo abbia deciso di includere nel piano gli investimenti realizzati nel biennio 2021-2022, anziché solo gli investimenti annuali come è avvenuto finora, è un ulteriore segnale positivo di un cambiamento nel modo in cui si consente alle imprese di programmare la propria transizione. Un esempio di come questo passaggio sia all'orizzonte è dato dalla partnership che IBM e Colt hanno stretto all'inizio dell'anno e che vuole portare l'edge computing, finora usato principalmente in ambito industriale, in qualunque azienda.
Il percorso è irto di ostacoli, ma anche molto ricco di opportunità di cambiamento e di miglioramento per tutti, dai cittadini fino alle imprese, con possibili ricadute positive su ogni aspetto della vita quotidiana. Il punto, ora, è quello di cogliere queste opportunità e realizzare i piani pensati dal governo in maniera efficace.
Come cogliere le opportunità date dal PNRR?
Abbiamo finora parlato della trasformazione digitale in senso più astratto, ma l'amministratore delegato di IBM Italia, Stefano Rebattoni, ha parlato della sua visione sulla realizzazione di questo passaggio. L'azienda crede fermamente nel cloud ibrido e per questo ha menzionato specificamente Red Hat e OpenShift, acquisite lo scorso anno, come pilastri attorno a cui ruota la sua strategia. Durante l'evento IBM ha parlato anche della necessità di implementare misure di sicurezza nuove e maggiormente attente ai rischi che il mondo odierno pone davanti alle organizzazioni; il paradigma zero trust viene visto come quello maggiormente in grado, assieme ad altre misure e alla formazione, di rispondere efficacemente al costante assalto da parte dei cybercriminali.
L'esempio che IBM ha portato come successo di un processo di trasformazione digitale è quello di OPeNet, progetto in cui Novartis e IBM hanno sviluppato un percorso di formazione dei medici per l'implementazione della telemedicina. Tale progetto ha avuto un forte successo sia tra i pazienti che tra i medici, pur avendo dovuto affrontare iniziali ritrosie al cambiamento e alle tecnologie digitali, ed è un simbolo di come il cambiamento sia possibile quando viene sollecitato e sostenuto adeguatamente.
Per quanto piccolo, questo è un esempio di come sia possibile apportare cambiamenti positivi tramite la digitalizzazione e di quali opportunità questa riservi: semplificazione e velocizzazione dei processi, maggiore capacità di prendere decisioni informate e in tempi rapidi, miglioramento del rapporto con la Pubblica Amministrazione e minori spese dovute a una migliore efficienza. Siamo fortemente convinti che la digitalizzazione sia tutto questo e altro ancora, e che un processo di trasformazione digitale del Paese non possa che portare a grandi benefici. IBM, come indubbiamente molte altre realtà, sembra pensarla come noi.
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