Il CERN passa all'open source: un monito anche per le aziende
di Riccardo Robecchi pubblicata il 08 Luglio 2019, alle 18:21 nel canale Innovazione
Affidarsi alle tecnologie proprietarie è talvolta inevitabile, ma le aziende devono tenere conto dell'esistenza di alternative aperte. Una riflessione stimolata dall'annuncio del CERN di passare all'open source
Il CERN è da tempo un utilizzatore e un creatore di software libero e open source. Tuttavia, molti sistemi fanno utilizzo dei software Microsoft. L'ente di ricerca ha ora deciso di passare integralmente al software open source per via di un cambiamento nelle politiche dei prezzi di Microsoft, che non riconosce più il CERN come un'organizzazione accademica e non applica dunque più gli sconti previsti in questi casi. Ma questa storia riguarda anche le aziende.
Il CERN passa all'open source: quali le implicazioni per le aziende?
Microsoft ha deciso di ritirare il riconoscimento dello status di ente accademico al CERN, come spiegato in un articolo pubblicato dall'istituto, e questo ha fatto sì che l'azienda di Redmond applicasse i prezzi "per utente" che vengono normalmente utilizzati per le aziende. Ciò ha portato a un incremento dei costi di dieci volte, di fatto portando il costo delle soluzioni di Microsoft a un livello insostenibile. Per questa ragione il CERN ha deciso di avviare il progetto MAlt (Microsoft Alternatives) così da utilizzare software open source alternativo o, qualora non esista, svilupparlo.
Uno degli enti di ricerca più grandi e finanziati del mondo ha deciso di passare al software open source per via delle politiche di prezzo applicate da Microsoft. Ma le ragioni del CERN vanno oltre, dal momento che in generale si parla di riprendere il controllo dell'infrastruttura e non dipendere eccessivamente da aziende esterne per portare avanti la propria attività.
Ma è altrettanto vero per le aziende? Alcuni dei punti citati dal CERN sono validi anche in altri contesti: utilizzando software open source si evita il cosiddetto vendor lock-in, ovvero il processo per cui un fornitore lega i propri clienti ai suoi prodotti facendo sì che questi non possano più farne a meno, e si mantiene il controllo sui dati. Se quest'ultimo aspetto è legato a considerazioni di vario tipo, che esulano dalla discussione di questo articolo, il vendor lock-in è un aspetto da considerare per le aziende.
Nell'attuale panorama, fatto di cloud in varie declinazioni, utilizzare tecnologie aperte e ampiamente disponibili come base su cui costruire la propria attività può aiutare le aziende a non divenire dipendenti da un singolo fornitore e a rimanere quindi maggiormente competitive sul mercato. Anche l'utilizzo di soluzioni in grado di permette l'uso del software su diverse declinazioni del cloud, come Google Anthos, può aiutare in questa direzione.
Ne abbiamo parlato anche con Riccardo Romani di Oracle, che fa notare come Oracle abbia aperto un nuovo capitolo in questo senso utilizzando uno stack open source per permettere alle aziende di utilizzare liberamente il fornitore preferito. L'azienda si è spinta fino a permettere di spostare le proprie istanze verso Microsoft Azure, storico concorrente. Questo approccio aperto è da considerarsi positivo perché permette alle aziende di mantenere il controllo e di scegliere il fornitore migliore per le proprie esigenze con la libertà di cambiarlo (relativamente) facilmente.
Se è vero che le esigenze del CERN sono certamente differenti rispetto a quelle solite delle aziende, dall'altro lato alcuni dei punti sono validi per organizzazioni di qualunque tipo e dimensione. Affidarsi a soluzioni proprietarie può portare le aziende a divenirne dipendenti: un rischio che è talvolta inevitabile ma che va valutato attentamente.
Le aziende si trovano infatti a fare i conti con soluzioni differenti tanto nella filosofia alla base quanto nell'offerta di funzionalità e la scelta non è sempre immediata. Non sono rari i casi in cui le soluzioni proprietarie offrono funzionalità più avanzate o che non esistono nel panorama open source, motivo per cui la scelta di soluzioni proprietarie è pressoché obbligata.
Nel mondo open source, poi, ci sono due ulteriori aspetti di cui tenere conto. Da un lato c'è il fatto che il software open source può richiedere maggiori investimenti in termini di formazione e di acquisizione di competenze (ad esempio assumendo personale specializzato), una situazione che non tutte le aziende possono sostenere. Dall'altro c'è il fatto che non tutte le aziende hanno la possibilità di intervenire sviluppando le parti necessarie ma non presenti nel software, dovendosi dunque affidare a partner esterni che vadano ad apportare modifiche. Questa situazione può portare a una condizione di partner lock-in, in cui l'azienda rimane legata al partner per via della sua capacità di intervenire sul software e per la conoscenza dello storico e della situazione.
Ogni soluzione ha i suoi pro e i suoi contro. Quando è possibile affidarsi ad esso, il software open source garantisce maggiore libertà rispetto al software proprietario, ma non sempre esso risponde alle esigenze delle aziende né è presente in queste il know how necessario per utilizzarlo. In questo difficile gioco di equilibri non è sempre possibile trovare una risposta semplice e unica, e proprio per questo le aziende devono prestare particolare attenzione alle loro scelte tecnologiche per ottenere la massima resa e far crescere la propria attività.
37 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoSe questo non fosse successo avrebbero continuato con MS senza problemi...
infatti MS secondo me ha sbagliato
sta mossa avrebbe dovuto farla 10 anni fa, oramai i sw che emulano i servizi MS (exchange, controller AD, server IIS) si trovano nell'OSS..
adesso se il CERN supera l'empasse (che ci sarà
https://www.soft-land.org/commenti/263
https://soft-land.org/commenti/264
Che, riassumento, opensource non significa gratis, e probabilmente sviluppare quello che manca e/o riadattare il software costa di piu' che pagare le licenze e tenersi le cose che funzionano...
Anche per un discorso di dialogo ed interoperabilità io, erroneamente, davo per scontato che si usasse linux e l'opensource...e invece.
Beh, cmq buon primo passo; gli altri xò in tutto il mondo devono dar seguito, anche e soprattutto a costo di spenderci più soldi rispetto alle licenze, ma sarà tutto fieno in cascina per il futuro.
https://www.soft-land.org/commenti/263
https://soft-land.org/commenti/264
Che, riassumento, opensource non significa gratis, e probabilmente sviluppare quello che manca e/o riadattare il software costa di piu' che pagare le licenze e tenersi le cose che funzionano...
Dipende dalle realtà. Il Cern, ma non solo lui, possono assumere direttamente degli sviluppatore e cucirsi addosso il vestito ( invece che accontentarsi del vestito preconfezionato).
Certo piccole realtà non farebbere che incrementare i costi, ma pa ed enti statali spalmerebbero il costo su migliaia di subalterne.
Per esempio ogni comune si avvale di un fornitore per l'anagrafe, protocollo, gestione biblioteca, backup e sicurezza ( spesso sono più di uno) ma fare un sistema unico sviluppato direttamente in università statali con l'interfaccia web ( avviabile da qualsiasi browser) e mirroring dei dati in remoto farebbe risparmiare migliaia di € al giorno, compensando ampiamente le spese di formazione del personale. Come pure ancora non riesco a capire perchè i comuni continuino ad acquistare office pro per scrivere 2 relazioni all'anno invece di LIBRE/Open Office.
Certo se ad una carpenteria gli chiedi di passare ad opensource per i due computer che hanno in ufficio è un non sense ( per ora), ma sviluppare un os open ( sia nix che proprio ex novo) per una confederazioni di stati con la possibilità di controllo su tutti i processi al netto dei costi/rischi nel fornirsi ad un software estero ( del quale non conosciamo praticamente nulla di quello che c'è sotto) dovrebbe essere una priorità al pari della spesa militare ( se non oltre)
Per alcune cose si per altre no, dipende dalla convenienza, per un supercomputer windows non viene neanche preso in considerazione, per le normali attività se i costi sono accettabili non vedo perchè non usarlo, non è che sviluppare o anche semplicemente adattare dei software open source sia poi così conveniente in termini di costi, in molti hanno provato a rinunciare a windows, ma quasi sempre sono tornati indietro per via dei costi di sviluppo giudicati meno convenienti del pagare le licenze.
Il cern è stato "costretto", visti i costi di licenza giudicati troppo alti, ma se gli altri non hanno questi problemi non credo passeranno a linux così facilmente.
Ogni ente va per i cavoli suoi, e visto che linux è usato su meno del 3% dei computer se si cerca dialogo e interoperabilità usare windows è più semplice.
Continueranno a fare quello che fanno ora, spenderci più di quello che si spende per le licenze poi è pura utopia
Le risorse umane e altri dipartimenti utilizzano Windows o Mac.
Per gli utenti il grosso dell'impatto viene:
- dal backend mail che utilizza Microsoft exchange
- il Single Sign-On
- numero di utenti potenzialmente interessati a microsoft sproporzionato (15-20k)
In tutti gli enti, ma anche nelle aziende, i budget annuali per le spese informatiche sono quelli, stanziare più soldi sull'informatica implica togliere fondi ad altre cose; il grosso aumento per le spese delle licenze evidentemente ha fatto "sballare" i conti del cern, di conseguenza non potendo togliere soldi da altre parti hanno dovuto "ripiegare" su linux dove possibile.
Supponiamo anche che MS abbia valutato che le licenze fossero troppo economiche rispetto al supporto che veniva offerto: non avrebbe potuto proporre un contratto personalizzato che raddoppiasse (senza peró decuplicare) le entrate?
Possibile che abbiano visto nel CERN una mucca da mungere: se possono permettersi l'LHC da 10 miliardi possiamo chiedere loro quello che vogliamo?
Dai, non ci credo...
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