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Red Hat: l'open source come motore per superare le difficoltà

di pubblicata il , alle 17:51 nel canale Innovazione Red Hat: l'open source come motore per superare le difficoltà

L'open source può essere uno strumento che aiuta le aziende non solo a innovare, ma anche a diventare maggiormente resistenti alle avversità, fattore fondamentale in un momento turbolento come questo

 

I vantaggi dell'open source sono ormai noti, tanto che ormai una parte molto consistente del software contiene in qualche forma delle componenti open source. In questo articolo Hans Roth, SVP e General Manager in EMEA per Red Hat, fa il punto su come l'open source possa aiutare le aziende a superare le difficoltà.

Superare gli shock, inseguire le opportunità: perché la tecnologia open source oggi ha più senso che mai

Se gli ultimi 15 anni ci hanno insegnato qualcosa, è che bisogna aspettarsi l’imprevedibile. Se in pochi avevano previsto l’avvento della crisi finanziaria del 2009, nessuno si sarebbe aspettato l’emergenza imposta dal COVID. Ciascun evento ci dice che ciò che ha senso oggi, potrebbe non averlo domani. In altre parole, nessun piano sopravvive al passare del tempo.

Si tratta comunque di eventi che hanno conseguenze di vasta portata, sulla vita degli individui, sulle società e sulle imprese. Cerchiamo di capire come le imprese possono proteggersi in caso di shock o, più specificamente, come la scelta della tecnologia possa aumentare la loro resilienza.

La flessibilità è la migliore difesa

Gli shock sono, per definizione, ignoti. Quindi, se non è possibile vedere cosa sta per accadere, come mitigarne le conseguenze? La risposta sta spesso nella velocità: essere in grado di allontanarsi dal rischio prima che questo ci travolga. E la possibilità di scelta è il modo per creare questa velocità.

Qualsiasi azienda ben gestita adotterà questo approccio con le proprie finanze. Queste sono spesso detenute in un mix di beni e valute per ridurre l'impatto di un’improvvisa perdita di valore di uno di essi, e viene tenuta liquidità sufficiente per poter diversificare verso investimenti più sicuri. Lo stesso vale per i Paesi e le loro forniture energetiche.

Facciamo un paragone con la tecnologia. Quando un’azienda si affida in toto a un fornitore, è soggetta alle sue fortune. Se qualcosa dovesse andare storto, o se il rapporto si inasprisse, l’azienda non avrebbe nessun altro posto dove andare. Non immediatamente, comunque. La storia ci dice che può succedere: 2e2, Nirvanix e Fusion erano un tempo aziende di cloud computing e storage rinomate che purtroppo sono fallite.

Un forte aumento dei prezzi, una violazione della sicurezza o l’arrivo di un nuovo operatore innovativo sul mercato creano l’urgenza di muoversi. Ma più ci si affida a un singolo fornitore, più questo passaggio diventa difficile.

Quando applicazioni e carichi di lavoro possono spostarsi liberamente da un ambiente all’altro invece, è possibile aumentarne o ridurne l’utilizzo a seconda delle necessità. Ecco perché un approccio ibrido all’infrastruttura, che mescola on-premise e cloud, cloud privato e pubblico e cloud pubblici diversi, è diventato la strategia più sensata.

E l’infrastruttura ibrida vede il proprio complemento nel software open source. Non si tratta semplicemente del fatto che, possedendo i dati sottostanti, si è in grado di spostare l’applicazione su un’infrastruttura diversa o di spostare i dati su un’applicazione completamente nuova. L’open source assicura agilità perché è diretto dalla comunità e i singoli collaboratori spesso reagiscono più rapidamente a una crisi rispetto alle grandi aziende con gerarchie rigide e strutture decisionali complesse.

L’innovazione in primo piano

Fortunatamente, gli shock sono relativamente rari. Le aziende dedicano più tempo a pensare alle proprie strategie di crescita e a pianificare di conseguenza. La stessa combinazione di software open source e infrastruttura ibrida è perfetta per portare l’innovazione in primo piano.

Anche in questo caso, è la comunità open source ad apportare valore. La logica è semplice: in una stanza di 100 persone, conviene che sia una sola persona ad avere sempre l’idea migliore, o la forza collettiva delle altre 99? L’innovazione non avviene mai in un solo luogo. L’open source dà accesso a ogni luogo e ogni persona: più menti per creare, più occhi per controllare, più persone che offrono supporto.

"Innovazione" non significa "acquistare le ultime novità". Come ha spiegato di recente il nostro CEO, questo non è né pratico né sostenibile. L’innovazione consiste nella modernizzazione, nel prendere ciò che si ha e migliorarlo. Se un’organizzazione si vincola alla propensione e alla capacità di innovazione del fornitore, sarà sempre in ritardo. L’open source offre il controllo e l’interoperabilità che consentono di continuare a “costruire meglio” e, di conseguenza, un approccio ancor più proattivo alla ricerca di nuove opportunità commerciali.

I grandi player tecnologici lo sanno bene. Google ha Kubernetes e Flutter; Microsoft ha Azure Docs e VS Code; AWS usa Linux. Non c’è esempio migliore del potere innovativo dell’open source di Bitcoin, che ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di circa 800 miliardi di dollari grazie all’ingegno e all’impegno della comunità che lo ha costruito e lo mantiene.

Controllare la complessità

Maggiore è la quantità di qualcosa, maggiore può diventare la sua complessità. Un ambiente on-premise, che esegue solo una manciata di programmi software, è ordinato e facile da gestire. Un’infrastruttura ibrida che adotta software open source su larga scala diventa qualcosa di complesso. Senza la giusta orchestrazione, le cose possono diventare confuse e costose.

Lo sappiamo intuitivamente. Le biblioteche orchestrano le informazioni; le automobili orchestrano i sistemi meccanici, di navigazione e di intrattenimento; i telefoni orchestrano la vita delle persone. L’orchestrazione elimina i limiti, rendendo possibili scelta e scalabilità.

Lo stesso vale per la tecnologia enterprise. Una piattaforma di orchestrazione, come Red Hat OpenShift, elimina la complessità garantendo che il software (e i suoi singoli componenti) possano interagire indipendentemente dal luogo di esecuzione. Questo è fondamentale per una modernizzazione efficace delle applicazioni, che consenta alle aziende il refactoring o il rebuild completo del software con container e microservizi. Un livello di automazione in cima al resto assicura che il tutto funzioni senza problemi.

Cultura – l’ultimo pezzo del puzzle

L’orchestrazione non è semplicemente una questione di organizzazione e automazione di prodotti e politiche. La tecnologia, in definitiva, non ha valore senza il sostegno delle persone. Sono le persone ad adottare la tecnologia e sono sempre le persone a renderla produttiva.

Quindi, come si fa a orchestrare le persone? E cosa si intende con questo termine? La risposta a entrambe le domande è la cultura. O, più precisamente, una cultura aperta.

Non ha senso consentire la scelta della tecnologia se non si consente anche alle persone di poter scegliere. Questo è ciò che intendiamo per "cultura aperta", in cui la fiducia nei colleghi è la norma e le idee vengono giudicate in base ai loro meriti, non in base all’anzianità di chi le ha proposte. Dove i talenti silenziosi e le loro idee vengono amplificati. Dove la diversità di conoscenze ed esperienze è il risultato logico.

Se l’obiettivo sono le capacità di controllo e l’agilità di un’infrastruttura ibrida e del software open source, è necessario abbracciare una cultura aperta.

Una storia che continua

Questa è la strategia che la maggior parte delle aziende sta adottando. Una nuova indagine condotta da Red Hat su quasi 1.300 responsabili IT di tutto il mondo illustra come queste argomentazioni si stiano concretizzando nella vita reale: il 95% ha dichiarato che l’open source di livello enterprise è importante per l’infrastruttura complessiva della propria organizzazione, con una maggiore flessibilità (79%), l’accesso all’innovazione (77%) e il supporto a una strategia di cloud ibrido (77%) tra i motivi principali.

Quest’analisi rende evidente l’importanza dell’open source. Un’azienda ben attrezzata per superare gli shock e cogliere le opportunità avrà più successo di una rigida. Non adottare l’open source e l’infrastruttura ibrida significa credere di essere alla fine della storia, di aver visto tutti i colpi di scena che il mondo e i mercati possono partorire. È sufficiente guardarsi attorno per capire che la realtà è molto diversa.

2 Commenti
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smanet29 Marzo 2023, 21:14 #1
Bhè, certo, finchè è gratis, sicuramente è buon motore...
Max Power29 Marzo 2023, 22:53 #2
ALMA o ROCKY

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