Un processore quantistico a più moduli: Rigetti accelera verso computer quantistici utili
di Riccardo Robecchi pubblicata il 13 Luglio 2021, alle 09:01 nel canale InnovazioneRigetti, startup attiva nel mondo dei computer quantistici, ha annunciato il raggiungimento di un importante traguardo: è riuscita a combinare più moduli in un unico processore quantistico, aprendo così la via a sviluppi futuri
Così come nei primi anni 2000 si arrivò alla progettazione di processori multicore affiancando più moduli, così anche nel mondo dei computer quantistici si sta arrivando alla costruzione di processori quantistici modulari. Un cambio di passo in cui è la startup Rigetti a fare da avanguardia, con un progetto che la porterà a produrre chip quantistici da 80 qubit affiancando più moduli di capacità inferiore, ottenendo così un singolo processore più potente. Un'evoluzione che potrebbe essere di beneficio a tutto il settore e non solo per Rigetti.
Chip quantistici: un affare spinoso
I computer quantistici prodotti da Google, IBM e Rigetti fanno uso dei cosiddetti transmon, ovvero qubit superconduttivi a carica - in poche parole, circuiti superconduttori le cui proprietà permettono loro di mantenere delle cariche per un tempo sufficiente da consentire di manipolarne lo stato. Una proprietà importante dei transmon è quella di poter interagire con quelli vicini, cosa che consente di sfruttarne proprietà quantistiche come l'entanglement.
Il limite fondamentale di questi dispositivi è che sono soggetti a un elevato tasso di errori: finché i processori sono piccoli è possibile contenere tale tasso di errori, ma con la crescita del numero di qubit ciò diventa sempre più difficile. Con migliaia di qubit fisici è possibile ottenere la correzione degli errori "automatica" e un numero di qubit logici sufficiente per effettuare operazioni di interesse scientifico o industriale, ma siamo ancora ben lontani da tale traguardo.
Il processore modulare di Rigetti
L'obiettivo di Rigetti è dunque quello di velocizzare il percorso verso questa meta affiancando diversi moduli: in questo modo è possibile ottenere un singolo processore che mantiene il tasso di errore limitato ma dispone di una maggiore capacità di calcolo.
Il problema ulteriore di questo approccio è quello della comunicazione: per ottenere un chip modulare è necessario far comunicare tra di loro i vari moduli, cosa ben più complessa rispetto agli equivalenti tradizionali in cui ci si può affidare a metodi ben conosciuti e sperimentati (e non dissimili da quelli adottati per le comunicazioni tra le varie componenti di un computer).
Rigetti presenta un chip modulare a 80 qubit
Il risultato della ricerca di Rigetti è un processore che combina più moduli arrivando così a un totale di 80 qubit: si tratta di un significativo passo in avanti rispetto al processore attualmente più potente della startup, che arriva a 31 qubit. Il nuovo chip dovrebbe arrivare nel corso dei prossimi mesi.
Nonostante siano presenti differenze estremamente importanti tra i processori classici e quelli quantistici, dalla ricerca di Rigetti emerge un aspetto per certi versi simile. L'uso di più moduli consente infatti all'azienda di selezionare i moduli con un minore tasso di errore per combinarli in un "super chip", in maniera non troppo dissimile dai processori tradizionali detti, in gergo, "binnati", ovvero selezionati per via delle loro caratteristiche superiori. Grazie a questo processo di selezione sarà possibile creare un processore quantistico in grado di offrire prestazioni superiori, cosa che altrimenti sarebbe molto più difficile da realizzare con un progetto monolitico.
L'altro lato della medaglia è che con questo approccio è possibile ovviare ai problemi dettati dalla resa ridotta dei chip. È estremamente difficile, infatti, ottenere chip senza errori: ciò significa che la maggior parte dei chip avranno dei difetti tali da compromettere le prestazioni di uno o più qubit al loro interno. Poter combinare più d'un modulo significa che sarà possibile ottenere processori comunque efficaci senza dover necessariamente eliminare i chip con qualche difetto.
Il fatto che Rigetti paia aver dimostrato la fattibilità di questo approccio apre la strada anche alle altre aziende nel settore e mostra che il cammino verso processori quantistici a migliaia di qubit è forse meno complesso, e soprattutto meno lungo, del previsto.
Rimane in tutto questo, però, un dubbio, ovvero come Rigetti abbia interconnesso i vari moduli: si tratta di un dettaglio importante perché, nel caso si tratti di una connessione "classica", si arriverebbe a un computer quantistico di tipo II, ovvero non un computer quantistico "completo" in grado di offrire le stesse caratteristiche di uno monolitico. Questo aspetto non è stato specificato nell'ultimo annuncio dell'azienda, ma un articolo pubblicato su arXiv a febbraio lascia intendere che si tratti di una connessione quantistica a tutti gli effetti, in grado dunque di garantire che un processore a più moduli si comporti come fosse un processore monolitico dal punto di vista delle interazioni tra i qubit.
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